Ha fatto molto scalpore la lettera che Daniele Costantino, docente di filosofia e pedagogia al Liceo Alfieri di Torino, ha inviato al ministro dell’Istruzione per denunciare il fatto che pur essendo assunto a tempo indeterminato, come docente incaricato del potenziamento, passa il proprio tempo in aula docenti, in attesa che gli venga dato qualche incarico. 



La notizia ripresa da Repubblica.it, alcuni giorni fa, mette il dito su un’altra piaga dell’organizzazione del personale della scuola italiana. “Il mio impegno è quasi zero. Vado a scuola per 18 ore a settimana, timbro il cartellino, passo dai bidelli per vedere se mi hanno assegnato qualche sostituzione. Se non è così, mi siedo in sala professori e aspetto”. 



Com’è possibile che accada una cosa del genere? In realtà non c’è da stupirsi, perché ci sono numerose categorie di docenti che, usciti dai ranghi dell’assegnazione alle classi, per vari motivi, vengono parcheggiati nei vari istituti a fare lavoretti di vario genere. Sono docenti assunti a tempo indeterminato, che per loro fortuna non possono essere licenziati. Accade spesso quando sparisce una funzione. Grazie all’approvazione delle nuove classi di concorso (gestione Giannini), molti insegnanti tecnico-pratici che operavano nei laboratori di informatica gestionale hanno perso il posto, oppure la liquidazione dei linguistici sperimentali (gestione Gelmini) ha portato un buon numero di lettori madre lingua a dover sopportare il supplizio del tappabuchi. Personale con molta esperienza e competenza, spesso con cittadinanza inglese, francese, americana, spagnola, hanno visto snaturare il loro lavoro e il bivacco in aula docenti è diventata la norma. I casi sono tanti e chi non si ricorda i docenti di dattilografia e stenografia, che sopportarono le pene dell’inferno per essere collocati in pensione (allora le maglie erano larghe) o per cambiare insegnamento? 



Il professore di Torino fa parte dell’ultima generazione, quella dei potenziatori. Assunti per migliorare l’offerta formativa, in base all’altisonante Rav (Rapporto di autovalutazione) e inseriti nei progetti del cacofonico Ptof (Piano triennale dell’offerta formativa), molti sono riusciti a ritornare a casa, in genere al Sud, mentre quei pochi che non hanno potuto svignarsela, sono rimasti incagliati nelle secche di qualche scuola, a far da supporto a ipotetici insegnamenti di supporto che spesso durano il tempo di un anno scolastico. Dipende poi dalla capacità-creatività dei dirigenti scolastici, che si inventano ogni sorta di incarico pur di non vedere gente, spesso già stagionata, ciondolare nei corridoi. 

Molti di questi docenti sono comunque impegnati nei famosi corsi di recupero (gestione Fioroni), che oggi hanno perso ogni significato in quanto, se pur obbligatori, non hanno finanziamenti adeguati e le scuole possono offrire agli studenti per il recupero di un debito al massimo 10-15 ore. Altri poi vengono utilizzati a supporto dell’Asl (alternanza scuola-lavoro), che com’è noto coinvolge circa 250mila studenti all’anno, istituita senza però prevedere risorse umane e finanziarie precise.

Il vero problema è dunque un altro, ben più radicale e preoccupante. L’istruzione italiana, con un milione e più di addetti, non ha mai avuto un serio e qualificato ufficio del personale e quelle poche strutture organizzative (provveditorati), oggi sono state smantellate a favore delle segreterie degli istituti per attuare il verbo della religione dell’autonomia. E così è accaduto che nessuno riesce a quantificare e programmare i numeri necessari, senza sprechi (gestione Giannini), ma neppure senza la riduzione all’osso degli insegnanti (gestione Gelmini). Il balletto tra organico di diritto e organico di fatto sembra un meccanismo superato, per cui non essendoci uffici addetti alla programmazione possono capitare esuberi e nello stesso tempo estrema mancanza di docenti (in una disciplina o nell’altra). Inoltre se sono le periferie a gestire, a nominare i professori, la casualità, l’improvvisazione e la non competenza sono all’ordine del giorno. Insomma il caso del professor Costantino sembra essere l’ennesimo di un disservizio che viene da lontano.