Caro direttore,
Mi chiamo Martina e sono una studentessa di Bologna. Mancano pochi giorni all’esame di maturità, eppure oggi ho deciso di prendere un treno per andare a Roma alle Romanae Disputationes per il terzo anno consecutivo. Nonostante tutti gli impegni e la frenesia di questo periodo, penso che questa sia una di quelle occasioni che vale la pena cogliere. Scegliere di andare alle Romanae Disputationes e, di conseguenza, mettersi alla prova, insieme ai miei compagni, nel pensare a come affrontare il tema scelto significa dare voce all’Ulisse che ho dentro: spremere la linfa della vita, e avvicinarci un po’ di più alla risposta alle domande che ci fanno ardere l’anima.
Andare a questo appuntamento per me significa lasciare spazio ad un dialogo a tu per tu con la filosofia, con il mio amore per il sapere e con la mia sete di conoscenza che non verrà mai acquietata, ma piuttosto amplificata. Concretamente, ciò si traduce in un dialogo tra docenti e studenti volto a guardare in modo critico il vero valore delle questioni fondamentali che costituiscono il minimo comune denominatore tra tutti gli uomini: la ragione, la libertà, la giustizia, e (più attuale che mai) la tecnologia.
La mia aspettativa non è quella di incamerare nozioni come un vaso da riempire, nè tanto meno riflettere sul nulla, sul vago o sull’ideale. Se la filosofia mi può aiutare, lo fa conducendomi a capire chi sono io e per cosa sono fatta. In quanto “animale metafisico”, come direbbe Schopenhauer, non riesco ad allontanare le mie domande sulla vita, basta uno sguardo alle stelle a rievocarle. Il confronto con il tema “Logos e techne”, ad un primo impatto arido e distante, mi ha portato a chiedermi fino a che punto la tecnica permetta all’uomo di conoscersi e funga quindi da bastone che “prolunga” le sue possibilità di raggiungere una risposta alle domande ultime che lo costituiscono. Ho scoperto inoltre che vi è un limite oltrepassato il quale la tecnica porta l’uomo ad alienarsi da se stesso, facendo prevalere in lui la volontà di potenza e di possesso sul reale. Spero dunque che anche quest’anno le Romanae Disputationes siano l’occasione di esplorare e conoscere in profondità il tema proposto per tornare a casa arricchita, non solo di un nuovo modo di guardare alla tecnica, ma anche di uno sguardo più vero su me stessa e sul mistero che sono.
Desidero tornare ancora più affamata di risposte, perché la conoscenza è un abisso e la filosofia un trampolino. Un grande maestro mi ha insegnato in questi anni che non ci stancheremo mai di esplorare e che torneremo sempre allo stesso punto, cioè chi noi siamo: “Non ci stancheremo mai di esplorare. E alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta” (T.S. Eliot). Mi auguro che questo desiderio accompagni per tutta la vita me e tutti i miei compagni in questa avventura delle Romanae Disputationes.
Martina Domenicali