A Roma, nell’Aula Magna dell’Angelicum, il 17 e 18 marzo si sono ritrovati da tutta Italia oltre 800 studenti accompagnati dai loro professori per confrontarsi, scontrarsi e imparare sul tema “Logos e techne. Filosofia e tecnologia”. L’occasione è stata la convention finale di Romanae Disputationes, concorso nazionale di filosofia giunto alla IV edizione, che rappresenta in Italia uno dei più significativi luoghi di incontro tra mondo della scuola e dell’università. I ragazzi sono chiamati a riflettere sul tema proposto a partire da lectio magistralis di professori universitari e poi a preparare un elaborato divisi in team guidati dai loro docenti.
Il professor Adelino Cattani è un grande amico di Romanae Disputationes e da tre anni guida l’attività degli Age contra, scontri dialettici tra diversi team di ragazzi. Cattani, docente nell’Università di Padova, è l’unico professore in Italia di teoria dell’argomentazione. Abbiamo deciso di intervistarlo per chiedergli quale bisogno oggi c’è di educare al dibattito e quali sono gli strumenti per farlo.
Romanae Disputationes sono arrivate alla quarta edizione. Quest’anno il tema era “Logos e techne. Filosofia e tecnologia”. Quali sono le caratteristiche di RD, quale la loro unicità e quali i valori a cui si vogliono educare i giovani?
Per rispondere mi soffermerei sul sostantivo disputationes che rimanda evidentemente alla disputa, al dibattito, cioè a un’attività che è essenziale in qualsiasi ambito, dall’intellettuale al quotidiano, ma che non è abbastanza valorizzata né promossa. Il dibattito è centrale nella nostra vita, pratica e teorica, ma stranamente non nei nostri pensieri, nel senso che non se ne conoscono e non se ne apprendono doveri e diritti. Nessuno ce ne ha mai insegnato le regole e le mosse. Invece nell’assemblea condominiale e nella società politica, per le scelte di vita e per la comunità scientifica, lo strumento decisionale è proprio la discussione. Senza un’educazione al dibattito prevalgono coloro che hanno una naturale capacità dialettica di imporre le proprie posizioni. Dovremmo recuperare libertà e insieme capacità di parola per tutti, fornendo al maggior numero possibile di persone gli strumenti per potersi confrontare alla pari. Questo è ciò che ci impegniamo a fare con i ragazzi di Romanae Disputationes.
L’arte di argomentare è strettamente collegata alla filosofia sin dal suo inizio. Anzi si potrebbe dire che la filosofia è nata proprio dall’argomentazione. La stessa parola logos significa al contempo parola e pensiero. Quale rapporto esiste o dovrebbe esistere tra parola e pensiero?
Filosofia si dice in molti modi. Ci possono essere anche stili filosofici diversi, per esempio quello evocativo-aforistico alla Nietzsche o quello intuitivo-contemplativo. Ma fare filosofia è essenzialmente e tipicamente argomentare, vale a dire fondare inferenzialmente le proprie asserzioni, tesi e convinzioni.
La filosofia è argomentare, ma è anche vero che la filosofia contribuisce a capire cosa vuol dire argomentare. L’argomentazione è una tecnica da impiegare. Cosa vuol dire che l’argomentazione è uno strumento? Come imparare ad usarlo?
L’argomentazione è uno strumento nel senso che è una procedura che ci permette di collegare una conclusione, teorica o pratica che sia, a delle premesse. Le premesse possono essere usate come fondamento, come contenitore o come principio-sorgente delle nostre conclusioni. L’argomentazione è una “techne”, una pratica che include la consapevolezza dei principi e dei fondamenti di questa stessa pratica. È significativo che l’opera aristotelica dedicata all’argomentazione sia intitolata “Techne Retoriké”. La teoria dell’argomentazione, quindi, non è solo teoria ma anche pratica e mira a formare buoni ragionatori che sappiano fondare su principi, su fatti o su delle buone comparazioni, le proprie conclusioni.
Romanae Disputationes vuole insegnare ai ragazzi non solo a esibirsi, ma soprattutto a lavorare insieme. Il mondo d’oggi è incontro con l’altro e con il diverso. Negli Age contra ci si trova a difendere la propria tesi che è contrapposta alle argomentazioni di un altro team. Cosa vuol dire dialogare senza rinunciare alla propria verità ma nel rispetto dell’altro? Si può dialogare se esiste una verità?
L’argomentazione ha a che fare con la retorica e quello che lei pone è il grosso problema tra retorica e verità. L’argomentazione non è una dimostrazione. Purtroppo le dimostrazioni rigorose, valide sempre e per tutti, sono possibili sono in un ambito limitatissimo di casi (in matematica, nella logica formale); in tutti gli altri ambiti, compreso quello scientifico, non si fa altro che argomentare, cercando di arrivare a conclusioni ragionevoli, plausibili, giustificate, ma mai dimostrative nel senso cogente del termine, cioè incontrovertibili, definitive e immutabili. Il valore e il merito di un’educazione alla retorica è quello di contribuire allo smascheramento degli argomenti che sembrano accettabili mentre in realtà non lo sono; e soprattutto dovrebbe rendere consapevoli che in un dibattito raramente la verità vince per merito proprio, ma vince per merito di coloro che la sanno sostenere. Molto spesso non è la verità che ha la meglio, ma il discorso che è meglio argomentato, non il discorso giusto ma quello giustamente impostato. Per questo è urgente insegnare ad argomentare, soprattutto a controargomentare e formare al dibattito, come avveniva nella buona tradizione della disputatio scolastica medioevale.
A Romanae Disputationes i ragazzi sono protagonisti nei dibattiti degli Age contra. Lei è chiamato a moderare questi dibattiti. Cosa vuol dire educare a tutto ciò e cosa vuol dire che Romanae Disputationes è luogo di educazione a un reale incontro e confronto e non solo di prevaricazione e retorica? Che esperienza ha fatto in questi anni?
Il mio interesse per il dibattito nasce molti decenni fa, sorprendentemente, partendo dalla storia e dalla filosofia della scienza. Infatti se oggi si è tornati a parlare di argomentazione e di retorica non è su sollecitazione dei professionisti della retorica, ma è merito degli epistemologi che, studiando i quadri conoscitivi della scienza, hanno evidenziato che la prova scientifica (logica o sperimentale) è valida nella situazione in cui è proposta, è rivedibile, è giudicata in base a criteri di forza/debolezza, ha natura mutevole. Quindi perfino gli scienziati argomentano, sono degli eccellenti argomentatori e il semplice fatto che esista una “storia” della scienza da sola lo attesta. Se Tolomeo è stato superato da Galilei, Galilei da Newton e Newton da Einstein significa che le loro tesi erano non ultimative, modificabili, perfettibili. L’esperienza con i ragazzi è corollario di un’attività che ho cominciato nell’Università di Padova nel 2001 con l’introduzione in Italia del primo insegnamento di teoria dell’argomentazione. È stata poi avviata una formazione al dibattito denominata “Palestra di Botta e Risposta”. Dal 2006 vi si sono affiancati veri Tornei di disputa a cui partecipano le squadre di studenti formati secondo lo specifico protocollo italiano denominato “Patavina libertas”, motto dell’Università di Padova: Universa Universis Patavina libertas, Libertà totale di parola e di pensiero, per tutti. L’intento è quello di recuperare la nostra tradizione della disputa regolamentata, l’attitudine del “disputatòr cortese”; recuperare, oltre al diritto e al dovere di discutere, anche il piacere di discutere; valorizzare l’aspetto ludico-sportivo della disputatio che nei tempi andati attirava come oggi attira un derby calcistico. La Palestra è rivolta a studenti delle scuole superiori, ma, in modalità adeguata all’età, anche di scuole medie e primarie. All’interno di questa attività rientra l’iniziativa Age Contra delle Romanae Disputationes, che fin dalla scelta della loro denominazione latina ripropongono questi antichi ideali della nostra cultura, diversi e distinti dalla prassi del “debater” d’oltre oceano, di derivazione anglosassone, finalizzati più alla gara che alla preparazione e alla formazione.
Quali spazi vede soprattutto per l’educazione dei giovani nel mondo d’oggi che sono assediati dai media e vivono immersi in dibattiti social? Quali sono le realtà più significative che ha incontrato? E quali sono le realtà che dovrebbero educare a questa virtù del dibattito?
Tutto sommato ci sono anche aspetti positivi nell’utilizzo dei social. Uno di questi è la necessità della sintesi, che è un obbiettivo a cui deve tendere un buon dibattente: esprimere col minimo di parole il massimo di contenuto. Per esempio i 140 caratteri di Twitter obbligano a sfrondare e a selezionare l’essenziale. Alla formazione al dibattito potrebbero utilmente dedicarsi tutte le istituzioni pubbliche e private, dalle scuole primarie, con le debite cautele che richiedono soggetti in età evolutiva, fino alle scuole forensi. Non solo le istituzioni che hanno a che fare con la comunicazione, ma tutte quelle che richiedono competenze generali e trasversali, come, appunto, capacità di analizzare e sintetizzare informazioni, capacità di risolvere i problemi, capacità di giudicare, capacità di lavorare in gruppo. La formazione al dibattito, nello specifico formato italiano ideato per la Palestra di Botta e Risposta è uno strumento prezioso e unico per la promozione di tali competenze. Un buon dibattito, infatti, le ricomprende tutte, nel senso che le genera, le stimola tutte, senza necessariamente presupporle.
Un’ultima domanda: Romanae Disputationes, a differenza di iniziative simili, propone di lavorare in gruppo, mentre la retorica è spesso vista come una qualità del singolo. Invece gli Age contra sono frutto di un lavoro di squadra. Cosa vuol dire lavorare assieme per argomentare?
Lavorare assieme, come dicevo, è una delle competenze che questa attività promuove. A ogni componente della squadra di disputanti viene assegnato un ruolo: chi cerca i dati e gli argomenti, chi ha la funzione di aprire con il prologo, chi di argomentare, chi di condurre lo scambio dialettico, che abbiamo chiamato “dialogo socratico” per incalzare l’interlocutore, chi deve replicare, chi deve difendere, chi deve concludere con una chiusura d’impatto logico e insieme oratorio. Il tutto va naturalmente coordinato in un lavoro di squadra. Ma il valore del lavoro di squadra lo intendo soprattutto in prospettiva civile e sociale. Nel prepararsi al confronto, ci si deve calare nei panni della controparte: se ne colgono le ragioni e i limiti che si possono poi segnalare nel corso del dibattito. Il lavoro di gruppo dovrebbe promuovere questo sforzo e provocare una maggiore apertura alle ragioni dell’altro. E soprattutto determina una condizione stabile di competizione in un quadro di cooperazione, com’è in una normale società civile. Il concetto di disputatio è un concetto-chiave nella proposta di Romanae Disputationes ed è per questo che si è pensato di inserire l’attività degli Age contra, dove i ragazzi possono confrontarsi in un vero scambio pro e contro, condotto con argomenti logicamente fondati, dialetticamente sostenuti e anche retoricamente persuasivi.
(Gabriele Laffranchi)