Cani antidroga in classe? Secondo il governo la scuola è diventata una piazza di spaccio, ma la lotta agli stupefacenti divide presidi e genitori. L’emergenza sembrava vietata, ma gli insegnanti devono fare i conti quotidianamente con la lotta alle “canne”, arrivando in alcuni casi a chiamare in causa le forze dell’ordine e i cani antidroga, in grado cioè di fiutare la “roba” o chi ha avuto addosso del “fumo”. Il problema c’è e non può essere ignorato per il sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi: «L’educazione non basta: serve anche la divisa». Richiedere un controllo in classe, però, è tutt’altro che semplice, ma può diventare anche un deterrente. L’esperienza più desolante è avvenuta ad Ostia, al Faraday: «Mentre i cani antidroga erano dentro, dalle finestre volavano pezzi di roba, zainetti, pacchetti, aggeggi strani», ha raccontato Isabella Pinto, preside dell’istituto Magarotto per sordi di Roma, al Corriere della Sera. Alcuni dirigenti scolastici hanno stretto un accordo di collaborazione con le forze dell’ordine, perché vogliono che passi il messaggio che il controllo esiste: «I miei 1.400 studenti sanno che mi basta alzare il telefono per far intervenire qualcuno», ha rivelato Carlo Braga, preside dell’istituto Salvemini di Casalecchio sul Reno. C’è anche chi è di parere totalmente opposto: è questo il caso di Ludovico Arte, presidente del Marco Polo di Firenze, che non ritiene efficaci i controlli della polizia «perché non colpiscono uso e spaccio delle sostanze». Polo, convinto che la chiamata alle forze dell’ordine sia un modo per derogare le proprie responsabilità, preferisce farsi aiutare da psicologi e tutor: «E non sopporto l’idea che un cane punti un ragazzo, mi ricorda un regime repressivo». Il nodo della questione è rappresentato però dai confini: il cane antidroga deve operare solo fuori o anche dentro la scuola? Il controllo deve avvenire solo come extrema ratio? Sono queste le domande su cui si stanno confrontando presidi e genitori.



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