LIPSIA — Nel mio corso di filosofia della undicesima classe (17 anni) ho posto la seguente domanda: che cosa vi sta a cuore? Ho precisato brevemente che con la parola “cuore” non intendevo solo “emozione”, ma anche “ragione”. Ho raccolto le risposte in una mind map: la prima risposta è stata la cerchia di amici e la loro unità. Le altre risposte le riporto così come si trovano nei raggi della mind map, un po’ casualmente, dall’alto in senso orario: benessere per la propria persona (nel senso di aver tempo per sé); benessere della società; possibilità di distrarsi con giochi, film e musica; l’essere apprezzato dagli altri; animali domestici; un luogo in cui non si debba simulare se stessi; fare e sentire musica e così dimenticare tutto il resto; salute; libertà; famiglia.
Non vi è traccia della scuola in queste risposte! Sebbene in essa i giovani passino tantissimo tempo: dalla mattina presto (noi cominciamo alle 7.30) fino al pomeriggio inoltrato, l’ultima campanella suona alle 15.40. Visto che il raggio di frequentazione di studenti della nostra scuola è di circa 30 chilometri, bisogna aggiungere a questo tempo scolastico ancora un’ora di bus all’andata e una al ritorno. Nel bus però è possibile già fare alcune delle cose che stanno a cuore agli studenti, ossia ascoltare musica e chattare; anche se propria questo aspetto, che riempie molto del loro tempo, non è stato nominato. Poi non sono stati nominate cose che forse a scuola non si possono dire: bere la birra con gli amici, sigarette, forse anche droghe leggere.
Il secondo passo è stato chiedere che cosa ci fosse di sbagliato nella scuola, per non annoverarla minimamente nelle cose che stanno a cuore agli studenti (comunque, preciso che nel mio corso di filosofia in dodicesima vi sarebbero anche state persone che vedono la scuola come un luogo positivo; lo dico per non assolutizzare la mia piccola ricerca con i ragazzi dell’undicesima).
Ecco le loro risposte: la scuola è un luogo in cui si sperimenta spesso un senso di tristezza, dato che gli insegnanti o gli studenti stessi ti fanno pesare ciò di cui non sei capace; è un luogo in cui si sommano grandi problemi — paure, genitori che si arrabbiano per la non riuscita, voti brutti, l’essere messi sotto pressione, la mancanza di vita; è un luogo di costrizione, forse anche opportuna, ma che non rende felici; si è continuamente sottoposti ad aspettative a cui non si è capaci di corrispondere; non si capisce cosa la scuola abbia a che fare con la realtà, né con i propri interessi; un luogo in cui si è sempre paragonati con gli altri e con la loro superiorità; un luogo in cui la salute non viene curata: troppe ora in cui si deve stare seduti, con la conseguenza di aver mal di schiena, eccetera.
Terzo ed ultimo passo della mia piccola ricerca, la domanda: cosa vi aspettereste dalla scuola? Ecco le risposte: il riconoscimento delle proprie capacità e l’accettazione serena delle proprie incapacità; una ragazza ha detto che lo sa che è un “sogno”, ma si augurerebbe un adeguamento dei voti alle persone che li ricevono; l’abolizione di un sistema che fa nascere solo invidia (per esempio quando i migliori vengono premiati); una preparazione più efficace alla vita; la promozione di predilezioni individuali; più creatività; una specializzazione già dai primi anni o almeno che alcune materie come matematica non diventino degli ostacoli insormontabili della propria carriera; infine una proposta che un ragazzo dice di avere visto in una high school americana: la possibilità che la famiglia tenga a casa il proprio figlio o la propria figlia non per motivi medici, ma per motivi di libertà personale e famigliare.
Un ragazzo che aveva ascoltato attentamente, ma non aveva detto ancora una parola, ho sentito che alla fine diceva al suo vicino: “ciò che mi fa arrabbiare è che tutti sanno che il sistema scuola non va bene e nessuno fa qualcosa”. Ho promesso di pensare e scrivere su tutto ciò che avevo sentito nei sessanta minuti. Un articolo non cambia il mondo della scuola, ma forse può dare degli spunti: tanto più che è nato da un ascolto attento di ciò che i ragazzi volevano comunicarmi.
In una mia breve posizione finale in classe mi premeva sottolineare due punti. Il primo è che ho un interesse vero per loro. Per esempio nei cinque minuti di passeggiata rituale all’inizio dei novanta minuti di lezione, intorno al palazzo della scuola, cerco sempre il dialogo con persone singole, per segnalare la mia stima per loro. In queste passeggiata mi sono state confidate tante cose, anche molto forti, come scenate in famiglia o divorzi. O anche semplicemente il proprio mal di schiena. Il secondo punto è quello che chiamerei la persona nel sistema. Anche se è legittimo lavorare per cambiare o rendere migliore il sistema scuola, è da subito possibile lavorare sulla propria percezione del sistema stesso. Forse con un certo lavoro su se stessi è possibile scoprire anche nelle “costrizioni” della scuola un modo utile per imparare ad esprimere se stessi e il bisogno di felicità, che tutte le risposte raccolte nella mind map esprimevano.