“La situazione è ormai insostenibile. Occorre risolvere al più presto l’assurda situazione che prevede per il settembre 2018 la metà delle scuole statali italiane senza un dirigente titolare”. Ezio Delfino, presidente di Disal, lancia l’allarme sulla situazione dei presidi nella scuola statale. Era atteso un bando, ma all’orizzonte non si vede. Il Mef ha bloccato tutto, spiega Delfino. Eppure, una soluzione ci sarebbe.



Parliamo di dirigenti scolastici. Perché chiedete un concorso?

Perché la situazione è ormai insostenibile. Occorre risolvere al più presto l’assurda situazione che prevede per il settembre 2018 la metà delle scuole statali italiane senza un dirigente titolare. Inoltre occorre eliminare l’improprio istituto della reggenza.



Qual è la ragione di tale ritardo?

Si direbbe che ci sia un disinteresse delle istituzioni al problema, e, ancor di più l’incoscienza della ricaduta sulla gestione e sulla direzione unitaria delle scuole, necessaria alla realizzazione di una proposta formativa per tanti ragazzi.

E per quanto riguarda il concorso vero e proprio?

Il ritardo nell’emanazione del bando concorsuale si può a questo punto solo addebitare ad una resistenza da parte del ministero dell’Economia nell’autorizzare un numero di posti a concorso congruo alle esigenze reali, attuali e future. Questo impedimento è, comunque, molto grave. La volontà di investire nella scuola e nei suoi protagonisti come risorse di un Paese ne denota il livello culturale.



Si possono fare previsioni circa una possibile data di emanazione del bando?

Ho notizia che tecnicamente il bando ad oggi non è ancora pronto: questo lascia prevedere che il concorso potrebbe non essere emesso entro l’estate e, pur ipotizzando un bando a settembre, si corre oggettivamente il rischio che la procedura concorsuale non si concluda in tempo per avere l’insediamento di presidi al 1° settembre 2018.

Si va verso un futuro prossimo di scuole statali acefale?

Lo scenario non è irreale. Ed è grave per un paese civile questa situazione. A questo punto, per sopperire alla situazione che ho detto, il Miur potrebbe reintrodurre, per il periodo necessario, la figura del “preside incaricato”, un docente, cioè, prestato annualmente al ruolo di preside sulla base di esperienze professionali quali attività di collaborazione a gruppi di staff, attività di progettazione formativa, coordinamento di progetti di istituto: un incarico che potrebbe poi essere utilizzato come uno dei titoli per l’accesso al concorso dirigenziale.

Disal ha tenuto una settimana fa il suo convegno annuale. Il tema era “Riconciliare la scuola con la vita. Dirigere l’innovazione”. Che significa?

Riconciliare la scuola con la vita è ciò di cui c’è più bisogno oggi nelle scuole. In molte di esse sta già accadendo. Occorre, però, una sensibilità capace di sostenere spazi e tempi di questo rinnovamento in atto e individuarne i segni nei diversi attori: studenti, docenti, genitori. E’ questo il contributo ed il compito decisivo del preside oggi: un professionista che deve saper cogliere il nuovo che viene, valorizzarlo, garantirgli strumenti operativi, renderlo condivisibile nella comunità e nel territorio.

Tante omissioni, molte incombenze, riconoscimenti — forse — pochi. Vale la pena, oggi, fare il preside?

E’ un ruolo che ha un compito decisivo. È da questa professionalità che può svilupparsi una nuova ripresa della scuola italiana insieme all’iniziativa di docenti appassionati, con idealità condivise libere, forti, con percorsi didattici creativi lasciati ad una nuova autonomia e libertà delle scuole.

Tradotto, cosa significa?

Il preside può contribuire a introdurre esperienze, progettazioni e strumenti per  uscire “dal blocco della paura” e affrontare “la scelta del rischio”, per realizzare ambienti che vivono la sfida educativa come una risorsa.

Oltre al concorso ds, un’altra richiesta che ritenete irrinunciabile?

Quella di separare per il corrente anno scolastico il percorso di valutazione dei dirigenti scolastici che sta per partire, indispensabile ad un moderno sistema di istruzione, dalla retribuzione economica di risultato — come attualmente previsto — al fine di consentire ai presidi, ma anche ai componenti dei nuclei di valutazione, un periodo di sperimentazione per conoscere il portfolio di valutazione, le procedure per la sua compilazione, per il riallineamento dei processi di miglioramento avviati nelle scuole, con l’impegno da parte del Miur di rivedere per il prossimo anno gli strumenti valutativi adottati, renderli più adeguati al contesto istituzionale, oggi privo di autonomia e di coerenti strumenti di direzione, ed avviare, contestualmente, un percorso valutativo anche delle altre professioni della scuola.

Cosa serve oggi alla scuola a livello normativo e di governo?

Occorre rivedere il quadro normativo invertendo gli annuali processi di “riforme dall’alto” per dare piena attuazione all’autonomia scolastica. E sostenere, in un adeguato quadro istituzionale, la libera aggregazione delle scuole in “reti di scopo”, per sperimentare proposte di innovazione organizzativa e didattica, condivise con enti locali, associazioni e imprese.