Secondo tradizione, con un rush finale che ha evitato la loro scadenza prevista per il 17 aprile, otto deleghe attuative della legge 107 “Buona Scuola” sono state approvate dal Consiglio dei ministri il 7 aprile scorso.

Tra queste la delega sul Sistema integrato di educazione e di istruzione 0-6 anni che ho sempre curato con attenzione nel suo iter poiché, come ho scritto su queste pagine, l’ho considerata, per la scuola paritaria, la “madre di tutte le deleghe”, un dettato normativo che avrebbe influenzato il futuro della presenza della scuola paritaria nel nostro paese.



Devo dire che, viste le premesse ed il testo presentato alle Camere, fortunatamente questa delega è stata una delle eccezioni rispetto a quanto scritto da qualche commentatore secondo cui “ancora una volta il passaggio parlamentare e l’ampia consultazione dei soggetti in causa non ha portato a cambiamenti sostanziali rispetto ai testi licenziati lo scorso gennaio dallo stesso Consiglio dei Ministri”.



Dal mio punto di vista l’aver ottenuto che tra le norme di riferimento venisse inserito l’art. 118 della Costituzione ha una rilevanza fondamentale, poiché potrà diventare il parametro di lettura di tutto il dispositivo legislativo che, nella sua applicazione, dovrà tener conto di quanto afferma il quarto comma: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Di conseguenza la sinergica attività pubblica svolta da tantissime scuole dell’infanzia paritarie (ben il 28 per cento del servizio nazionale, secondo la relazione introduttiva della delega, è offerto da scuole paritarie gestite da privati) dovrà essere sostenuta e valorizzata anche perché il “buon senso economico” degli amministratori locali saprà valutare che tale scelta permetterà loro di offrire ai cittadini un servizio sociale ed educativo di qualità a costi inferiori.



Un altro punto rilevante consiste nella modifica apportata all’art. 3 comma 3 che permette la costituzione dell’importante modello organizzativo dei Poli dell’infanzia (sono previsti anche finanziamenti) anche presso le scuole paritarie. “I Poli per l’infanzia possono essere costituiti anche presso direzioni didattiche o istituti comprensivi del sistema nazionale di istruzione e formazione”, recita la norma, facendo riferimento diretto alla legge 62/2000.

Usando un termine giuridico, il “combinato disposto” dell’art. 118 della Costituzione, della possibilità di costituzione dei Poli nelle scuole paritarie e dell’affermazione all’art. 2 comma 2: “Il Sistema integrato di educazione e di istruzione accoglie le bambine e i bambini in base all’età ed è costituito dai servizi educativi per l’infanzia e dalle scuole dell’infanzia statali e paritarie”, prescrive una interpretazione che offre una cornice normativa rassicurante, lontana dal paventato rischio di statalizzazione che ha aleggiato sul lungo periodo di gestazione della norma.

All’interno di questa cornice normativa le scuole dell’infanzia paritarie potranno partecipare a pieno titolo alla realizzazione del primo obiettivo della norma, ossia la generalizzazione dei servizi educativi per l’infanzia e delle scuole dell’infanzia su tutto il territorio nazionale per eliminare gli squilibri territoriali, secondo gli obiettivi strategici indicati nell’art. 4: “generalizzazione qualitativa e quantitativa della scuola dell’infanzia per tutte le bambine e i bambini dai tre ai sei anni, almeno il 33 per cento di copertura della popolazione sotto i tre anni di età e la graduale diffusione territoriale dei servizi educativi per l’infanzia con l’obiettivo tendenziale di raggiungere il 75 per cento di copertura dei Comuni”.

In questo quadro interpretativo anche alcuni aspetti critici che meritano chiarimenti e precisazioni potranno trovare una soluzione. 

Mi riferisco sia alla Commissione per il Sistema integrato di educazione e di istruzione prevista dall’art. 10 dove sarà necessario ottenere che al suo interno vi sia anche un esperto che rappresenti l’area del settore paritario, sia alla formazione del personale educativo e docente previsto dagli art. 5 comma 1c e dall’art. 12 comma 2c dove si dovrà puntare a che, a differenza di quanto avvenuto fino ad oggi, sia aperta anche al personale delle scuole paritarie. Per ciò che concerne la formazione, il riferimento al comma 124 dell’art. 1 della legge 107 — prettamente statale — ha posto qualche perplessità, ma devo riconoscere una forte disponibilità verso questa apertura, e ritengo che il quadro normativo sopra illustrato potrà essere di forte aiuto visto che, ad esempio, oltre ad aver messo un “anche” davanti al riferimento alla legge 107 — tanto da non renderlo esclusivo —, l’art. 5, ancora una volta, afferma che debbono essere promosse “azioni mirate alla formazione del personale del Sistema integrato di educazione e di istruzione”, senza alcuna distinzione, quindi per tutti.

L’ultimo nodo da sciogliere si riferisce alle risorse previsto dal comma 4 dell’art. 12. La volontà espressa dagli estensori, durante i confronti, è che la norma dia disponibilità ai Comuni di destinare le risorse trasferite anche al finanziamento per la valorizzazione delle scuole paritarie ed in tal senso il testo presentato al Consiglio dei ministri indicava che la priorità di risorse doveva andare, oltre che ai Comuni “privi o carenti di scuole dell’infanzia statali”, anche a quelli “impegnati finanziariamente nel sostegno della scuola dell’infanzia o dei servizi educativi attivati”, frase tolta dal testo definitivo, fatto che merita un approfondimento, sempre alla luce della cornice normativa sopra illustrata.

Alcuni commenti a caldo sul testo approvato evidenziano perplessità da parte di settori della scuola dell’infanzia paritaria, preoccupati che il potenziamento riguarderà la sola fetta — minoritaria — statale; credo invece che una lettura attenta e approfondita possa far emergere che questa norma può far nascere una nuova stagione per la scuola paritaria. Essa dovrà cogliere l’occasione per rimanere protagonista di un settore che l’ha sempre vista in prima linea per dare risposte di qualità alle esigenze delle famiglie, con una sottolineatura, quando ho fondato il Comitato Politico Scolastico non statale, una ventina di anni fa, il motto cui, da allora abbiamo sempre fatto riferimento è che “i diritti non vengono mai graziosamente concessi, ma debbono essere conquistati”, da qui la mia sollecitazione: “rimbocchiamoci le maniche, aguzziamo l’ingegno e, uniti tra noi, diamoci da fare”. Solo così arriveranno gli attesi risultati. Un ringraziamento doveroso ai parlamentari estensori ed al sottosegretario Toccafondi per l’attenzione, la comprensione e la collaborazione che ha permesso il varo di questo testo.