Emanuela Andreoni Fontecedro, docente ordinario di letteratura latina nell’Università di Roma Tre, ha scritto saggi sui testi di filosofia e di poesia latina e di eredità classica nelle letterature moderne. Da sempre impegnata nella ricerca sulla didattica del latino nei licei, per i quali ha elaborato un metodo applicativo per traduzione della versione latina a partire dai modelli linguistici di Tesnière-Sabatini, si è occupata recentemente anche dell’insegnamento delle cultura classica e della lingua latina nella scuola media. Per la scuola, è coautrice di “Guida alla traduzione del testo latino” (Studium 2017).



Citando un celebre saggio di Traina, nella società del terzo millennio, il latino per chi? il latino perché?

Sono intervenuta molte volte su questo argomento a partire dagli anni 80, quando promossi un appello per il latino che rimbalzò agli onori dei giornali e della televisione e delle tesi di laurea in pedagogia. Ma è stato tutto vano e il fallimento della prospettiva educativa di questo paese, e degli altri stati europei, che hanno rinunciato alla loro identità culturale — fondata nel latino e nella cultura umanistica — è sotto gli occhi di tutti. Non si tratta solo di aver tradito la propria identità, ma insieme così di averci reso deboli di fronte alle invasioni barbariche (con cui intendo più particolarmente la giostra delle idiozie, dei gossip e delle vane ciance, degli idoli primitivi), di averci offuscato così la capacità anche di comprendere il diverso.



Lei si è fatta promotrice di una “battaglia” culturale per l’insegnamento della lingua latina nella scuola secondaria di primo grado. Ci può precisare il suo punto di vista?

La cultura profonda di secoli e millenni dovrebbe essere partecipata da tutta la popolazione. Solo così una società cresce. Di qui la necessità di iniziare la cultura umanistica con lo studio del latino a partire dalla secondaria di primo grado.

I ragazzini sono veramente affascinati dal mondo antico e dalla mitologia greca: amano i film storici, usano videogiochi ispirati agli eroi, leggono saghe di romanzi. Perché secondo lei?



E’ il fascino del mistero, del segreto: è un primo appagamento a una sana curiosità. 

Per quanto mi risulta, solo lei, appartenente al mondo accademico, ha una sensibilità per quel pezzo di scuola che è stata definita l’anello debole del sistema di istruzione italiano. Da dove viene questo suo interesse? Che senso ha occuparsene per l’insegnamento della lingua latina che peraltro è stato abolito nel 1977?

Ho insegnato letteratura latina, grammatica storica latina, didattica del latino, e ho avuto in affidamento cultura greca e filosofia antica. Mi occupo di eredità classica nelle letterature europee. Mi è nota la ricchezza delle discipline umanistiche e l’àncora del pensiero che offrono con il loro panorama millenario che ingloba la storia, la filosofia e le arti. Capisco  che questa potenza della mente deve essere data a tutti, il prima possibile.

C’è qualche consiglio o indicazione che vorrebbe dare ai docenti di lettere che organizzano i corsi di latino opzionali in terza media per chi andrà al liceo?

Gli attuali corsi opzionali di latino devono prevedere una prospettiva linguistica: lingua analitica, cioè l’italiano, messa a confronto con una lingua sintetica, il latino; approfondimenti etimologici non solo tra italiano e latino ma anche con l’inglese, il francese e ove possibile con il tedesco. La prospettiva linguistica ha un fascino enorme e anche qui l’arricchimento proviene dal riscontro dell’uguale e del diverso. Dal punto di vista letterario mi limito qui ad indicare: favole, miti, leggende che il patrimonio della scrittura europea tramanda.

Lei scrive: “E’ già ridicolo chiamare un ordine di scuola ‘liceo’ dove non si hanno nemmeno le basi minime per capire cosa si stia dicendo. Ma non intendo aprire qui una polemica…”. Potrebbe dirci — un po’ polemicamente — il perché?  

Sì, è ridicolo, demagogico e ipocrita chiamare “liceo” un corso vuoto di approfondimento umanistico, dove il collegamento con Aristotele, con il tempio ad Apollo Liceo non significa nulla, e non dà nemmeno luogo a facce con punto interrogativo, perché nessuno è neanche in grado di chiederselo.

Lei scrive: “E’ un errore senza scuse quello di rendere vuota e superficiale una società, sradicandola dalla propria tradizione, dalle conoscenze che formano la mente e l’anima di un popolo e dànno perciò forza alle nostre scelte. E’ una colpa offrirla senza radici alle insidie materiali e spirituali che ci assediano. Proprio oggi”. Perché?

L’immagine di un popolo ignorante, senza storia, senza riflessione mi fa pensare al mito della caverna narrato da Platone, proprio nella sua Repubblica, l’opera sullo Stato. Schiavi nella caverna gli uomini non hanno la conoscenza del vero e lo scambiano con le ombre.

Attualmente ci sono numerose iniziative per valorizzare la cultura classica, come le Olimpiadi, i certamina, le certificazioni, oppure iniziative più popolari come la notte bianche dei licei classici. Cosa ne pensa?

Non disprezzo mai questi atti di buona volontà.

Se pochi si iscrivono al liceo classico oppure moltissimi preferiscono il liceo scientifico, “quello senza il latino”, ciò vuol dire che i docenti non hanno rinnovato la didattica della lingua, per cui il latino è meno “attraente” nell’immaginario collettivo dei tredicenni?

La nostra società ha ripudiato la cultura umanistica e ha umiliato i docenti della scuola (non è questione di metodo, anche se ne possiamo discutere altra volta), mentre i media strombazzano e premiano l’inutile e il vuoto. Ecco, la cultura umanistica serve a capire, capire l’istante che è la nostra vita e insegna a cercare i valori veri per questo fuggevole attimo, proprio perché tale.