Dall’alto del suo consenso, stimato in questi giorni attorno al 30 per cento, il Movimento 5 Stelle sbandiera la volontà di scrivere il programma per governare l’Italia. Sulla scuola capiremo nei dettagli le intenzioni di Grillo & Casaleggio quando ne verranno forniti ulteriori particolari. Per ora c’è poco e nulla e le uniche indicazioni organiche e non estemporanee risalgono al 2015, quando gli esponenti grillini, in polemica con il varo della Buona Scuola, convocarono una conferenza stampa a Montecitorio. In quell’occasione il mantra pentastellato era organizzato in sette punti. Eccoli in sintesi.
Il piano edilizio per scuole sicure prevedeva uno stanziamento triennale di 591 milioni l’anno, di cui 50 per l’antisismica e il rischio idrogeologico. Di seguito un piano quinquennale per l’assunzione di 300mila precari per eliminare il precariato favorendo anche il part-time per i docenti con oltre 25 anni di servizio. Un ulteriore stanziamento prevedeva la riduzione del contributo volontario delle famiglie con aumento dei fondi delle quote annuali, ma l’aumento di spesa era previsto anche per la soglia di 22 alunni per classe per superare il taglio di 90mila cattedre operato dalla Gelmini nel 2008. L’elenco dei desiderata continuava con l’introduzione dell’inglese sino alla scuola dell’infanzia e l’integrazione dei libri stampati con materiale didattico multimediale, sino al reintegro di discipline che secondo gli estensori sono state ridimensionate. Per farla breve la lista della spesa dei Cinquestelle chiedeva pure l’assunzione di 18mila docenti per far svolgere anche alla primaria le lezioni di motoria a insegnati specializzati.
In queste proposte la filosofia di fondo pare essere quella di un semplice elenco dei desideri, estraneo alla realtà e in particolare ai vincoli del bilancio statale. Le proposte sono sostenibili solo aumentando la spesa pubblica per garantire assunzioni e prebende, come al tempo della Dc e del Pci degli anni Ottanta. Ma vincere le elezioni non è governare. Nessuno dei politici pentastellati ha mai precisato quanto potrebbe costare l’assunzione di 300mila precari, in che modo impiegare e dove trovare il miliardo e mezzo per gli interventi strutturali, quanto sarebbe l’aggravio per la riduzione a 22 alunni per classe.
Nelle proposte 2015, ribadite anche negli ultimi mesi, c’è poi un altro punto politico rilevante, presente sin dal tempo dei “vaffa days”, che riguarda la completa abolizione del contributo statale alle scuole paritarie. Uno statalismo di origine laicista che M5s non si è mai tolto di dosso. A questo principio si è recentemente ispirata la sindaca di Torino Chiara Appendino, che nella città di don Bosco, nel bilancio preventivo 2018, ha ridotto drasticamente i finanziamenti alle scuole paritarie private di matrice religiosa. Ne faranno le spese 56 scuole dell’infanzia cattoliche e una ebraica con un taglio di circa il 25 per cento dei contributi annuali, con il rischio di chiusura per tante realtà e un grave problema occupazionale. Il taglio dei finanziamenti va a colpire le famiglie i cui bimbi frequentano le scuole iscritte alla Fism e crea disparità, perché discrimina tra chi è iscritto alle scuole comunali e chi no. Sulla vicenda è intervenuto anche l’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, che ha sostenuto che le scuole cattoliche “in molti quartieri della città sono veri e propri ammortizzatori sociali, molto apprezzati dalle famiglie”, rilevando, indirettamente, la contraddizione di fondo dei 5Stelle, che con una mano chiedono equità sociale e con l’altra la censurano.
La scarsa capacità di elaborazione di un programma che di fatto aiuti l’istruzione italiana a rilanciarsi sembra dunque il leitmotiv del movimento politico che fa dell’onestà il proprio punto di forza. In fondo sorge il sospetto che Grillo e i suoi più stretti collaboratori non abbiano alcuna idea di cosa sia la scuola, delle regole che la governano e dei principi finanziari coni quali gestirla. Sul blog del líder máximo sono ripetuti slogan ormai sgualciti, del tipo “i tagli alla scuola pubblica finiscono col consegnarla nelle mani dei privati” oppure “basta con i finanziamenti alle private”, in cui la contrapposizione tra pubblico e privato nasconde una povertà di pensiero e di proposte veramente preoccupante.