Ecco allora finalmente, in una versione ampia e “onnicomprensiva” la versione ufficiale delle proposte del M5s per la scuola italiana: sono partite sul blog di Grillo le consultazioni online sulla “riforma” proposta dal movimento per il nostro sistema scolastico.

L’occasione è stata il Convegno che M5s, sotto la guida di Di Maio, ha tenuto sulla valutazione nella scuola il 12 maggio a Roma, dove, durante i lavori, all’esperto dei testi dell’Invalsi Roberto Ricci sono stati dati 10 minuti per spiegare il sistema nazionale di valutazione, mentre ampio spazio hanno avuto i rappresentanti dei sindacati scuola degli autonomi.



Avere un’idea sulle… idee pentastellate in materia di scuola non è questione da poco conto, visto che il movimento si candida (con qualche chance) a governare il paese dal prossimo anno.

Di che si tratta? Le intenzioni professate sono alte: ottenere “una scuola che non umilia ma incoraggia, che non annoia ma incuriosisce”, una scuola “che mette al centro le potenzialità e le inclinazioni di ognuno”, “che si apra sempre più al mondo reale”, dove “gli studenti siano i veri protagonisti e costruiscano essi stessi le conoscenze”, diventando “cittadini consapevoli, curiosi e dotati di spirito critico, innamorati della conoscenza e protagonisti attivi del processo di apprendimento”. 



Per giungere a queste nobili mete si dovranno valorizzare i docenti, eliminare il precariato e aumentare gli stipendi. Ma nel frattempo, stando ai quesiti proposti, sarà inevitabile smantellare la riforma della Buona Scuola (“la peggiore di tutti i tempi”), oltre che eliminare i test Invalsi cui vengono sottoposti gli alunni dei vari ordini di scuola.

Se questi sono gli ingredienti principali della ricetta sottoposta a referendum digitale, a completare ed insaporire il “piatto” si aggiungono altre spezie, la principale delle quali sarà l’esclusione delle scuole paritarie dai fondi statali e la sottrazione di quelli già erogati alle stesse per destinarli alle statali. Ovviamente in questo contesto non si chiarisce a quali scuole verranno inviati gli alunni delle scuole non statali, dopo la loro inevitabile chiusura per eliminazione fondi. 



Eppure non molto tempo fa il quotidiano Avvenire aveva sostenuto che con Grillo si poteva dialogare positivamente; lo stesso Grillo aveva poi sostenuto di recente che parte dei cattolici lo sosterrà sicuramente. 

Insomma: “la scuola dovrà essere pubblica e statale, gratuita, democratica, aperta, inclusiva e innovativa”, con “edifici sicuri e spazi adeguati, insegnanti motivati e valorizzati”. 

Così le promesse del candidato premier in pectore Luigi Di Maio per la piattaforma voluta da Casaleggio, dove cinque esperti (un dirigente scolastico, due insegnanti di scuola superiore, un professore universitario e un costituzionalista) tratteranno i temi centrali.

I quesiti posti sono semplici e chiari; anche se la loro formulazione contiene già risposte a senso unico preconfezionate. Ad esempio: “È giusto tutelare la gratuità della scuola dell’obbligo e ridestinare alle scuole statali le risorse attualmente stanziate per le scuole paritarie?” (difficile capite il nesso tra le due proposte…). Poi: “è giusto rimettere in discussione la legge del 2000 che ha istituito la parità scolastica?”, in nome della “sofferenza economica in cui versa oggi la scuola statale?”.

Certo, “il M5s riconosce il servizio che molte di queste scuole svolgono sul territorio nazionale”, ma oggi, “alle famiglie dei ragazzi che frequentano le scuole statali viene richiesto di versare un contributo ‘volontario’ all’atto dell’iscrizione”. Anche qui è arduo comprendere il nesso logico ed economico tra i due fenomeni.

Si prosegue chiedendo poi se sia giusto ridurre il numero degli alunni per classe, eliminare le aule con più di trenta alunni per classe e ripristinare il tempo pieno (prosegue l’impegno nel comprendere il collegamento tra i fattori proposti!).

Il movimento poi (già mobilitato in questa direzione) è chiamato a confermare la “smobilitazione” dei test Invalsi perché considerano gli alunni come “prodotti del supermercato” e “accrescono la competizione tra gli alunni”, “penalizzano le scuole che si trovano in territori svantaggiati”.

Infine la consultazione è chiamata contro tutta la Buona Scuola renziana, proponendo di eliminare: la card da 500 euro ai docenti; i poteri ai presidi (difficile cercare nel sito quali sarebbero); la chiamata diretta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici (chissà se i pentastellati sanno che praticamente è già stata quasi eliminata); la valutazione degli insegnanti ed il bonus di merito ai docenti; gli organi collegiali; l’alternanza scuola-lavoro obbligatoria perché sfrutta i minori.

Oltre a tutto quello che si deve togliere, si leggono anche alcune proposte come l’inserimento di nuovi programmi di insegnamento: Costituzione ed educazione civica, educazione ambientale, educazione alimentare, educazione all’affettività e alla parità di genere. 

Quello che preoccupa nella lettura dei quesiti referendari non è tanto la foga di smantellare (dove si trovano un po’ tutte le richieste degli ultimi mesi dei sindacati confederali e autonomi della scuola), quanto l’assoluta vaghezza, banalità e, in certi casi, contraddittorietà delle proposte. 

Difficile capire dove dovranno essere reperiti i fondi per dimezzare gli alunni per classe (cioè: raddoppiare gli organici del personale), per praticare sostanziosi aumenti contrattuali ai docenti (non ai presidi!), per aumentare il numero delle discipline.

Sono davvero convinti che la sottrazione di tutti i fondi attualmente erogati alle scuole paritarie non statali basterà a coprire queste spese? Chissà se, ricordando sul sito di Grillo che le scuole non statali ricevono a tutt’oggi 500 milioni di euro, gli “esperti” 5 Stelle sono poi realmente a conoscenza del fatto che un raddoppio dell’organico del personale necessita pronta-cassa di 30 miliardi di euro (cfr. il bilancio dello stato 2016).

Quindi, dopo aver fatto chiudere le scuole non statali (perché “il servizio che molte di queste scuole svolgono sul territorio nazionale” sarà un po’ difficile proseguirlo a fondi diminuiti) e dopo aver eliminato i contributi volontari che attualmente le famiglie versano alle scuole statali, gli altri 29 miliardi di euro si dovrà pur trovarli da qualche parte per: dare una scuola agli alunni delle scuole paritarie, dare un aumento significativo ai docenti, aumentare le materie, aumentare le classi e così via.

Difficile anche capire come si possa conciliare il sacrosanto desiderio di una scuola che non annoia con la proposta di inserire cinque nuove materie di insegnamento e quindi tenere gli studenti a scuola oltre le 40 ore di lavoro!

Prescindendo da serie considerazioni di carattere culturale ed economico, fa paura immaginare di avere nel 2018 al Governo questi “esperti”: è vero che nella scuola italiana ne abbiamo visti di tutti i colori, ma è anche vero che l’arcobaleno ne ha un numero limitato. Ma si sa: alla fantasia non c’è limite.