Se si volesse prendere per vera la metafora della scuola come un far west, sarebbe come se a Pat Garrett fosse stato ordinato di andare allo scontro decisivo con Billy the Kid con cartucce a salve.
Si sentono, più o meno, così molti Ds nei confronti della prossima scadenza della chiamata diretta (e di tanti altri “duelli” che la vita da preside costringe a fare).
Ma siccome duelli e sparatorie sono l’ultima cosa, anche se solo in metafora, di cui abbiamo bisogno di questi tempi, mettiamo da parte le colt e proviamo a vedere in concreto cosa potrà succedere, tra la fine di quest’anno scolastico e quello successivo, in relazione alla “chiamata per competenze” alla luce dell’ipotesi di accordo sottoscritto tra Miur e sindacati a metà dell’aprile scorso.
La prima questione è quella dei vincoli che deriverebbero all’azione del dirigente dal coinvolgimento del collegio dei docenti: i criteri che dovranno orientare il Ds nella scelta dei docenti, infatti, dovranno essere discussi e deliberati in seno al collegio.
Parlare di “limitazione” del Ds da parte del collegio è cosa, tuttavia, che, oltre ad essere concettualmente fuorviante (un’idea di scuola in cui dirigente e docenti siano… duellanti è frutto di una strumentale forzatura ideologica), non trova grande giustificazione nella realtà dei fatti, e per diverse ragioni.
In primis, i famosi “criteri” da condividere col collegio non saranno frutto dell’autonoma iniziativa del dirigente ma dovranno essere reperiti all’interno dei 18 indicatori già fissati dal Miur e riportati nell’allegato A dell’ipotesi di Ccni.
Ancora più vincolante rischia poi di essere il fattore tempo: premesso che, al momento, è stata siglata solo un’ipotesi di contratto che verrà firmata in via definitiva non prima della metà di giugno, va sottolineato che il Ds potrà convocare il collegio solo una volta che sia stato definito l’organico dell’autonomia della propria scuola e appurati i posti vacanti (ovvero non coperti né da docenti titolari di scuola né da docenti incaricati triennali), dati che presumibilmente non saranno noti prima della metà di luglio. Questo significa che i collegi dovranno essere convocati in piena estate e che quindi i docenti, per poter esercitare le loro prerogative in merito ai criteri per le chiamate, dovranno programmare un attento piano di… vacanze intelligenti.
Miur e sindacati avevano, evidentemente, ben chiara questa eventualità al momento della discussione, visto quanto prevede l’ipotesi di Ccni all’art. 3: “Qualora il collegio dei docenti correttamente convocato non si esprima entro 7 giorni dalla data prevista, il dirigente scolastico procede comunque all’individuazione dei requisiti e alla pubblicazione dell’avviso, nel rispetto dei termini previsti a livello nazionale”. E tuttavia, all’ardua strada del bene reale della scuola è stata preferita quella ampia, ma senza sbocco, di proclamare a gran voce un valore — la collegialità — politicamente corretto e praticamente irrealizzabile.
Se poi si mettono in conto le precedenze di legge i cui beneficiari sono quindi esclusi dalla chiamata diretta (ed assegnati alle scuole da parte dell’Usr competente per territorio), il prevedibile tourbillon di richieste di assegnazioni provvisorie per i docenti trasferiti in sedi lontanissime e l’ulteriore deroga per altri 12 mesi al vincolo di permanenza triennale nella sede di titolarità, è facile dedurre che la chiamata diretta, presentata come il fiore all’occhiello della legge 107, strumento che avrebbe dovuto permettere ai presidi di portare nella “squadra” della loro scuola i professori più adatti al progetto didattico dell’istituto, resta un sogno più che un’ipotesi.