Sono da poco uscite le commissioni per l’esame di Stato: se gli studenti della quinta superiore si sono affidati a internet per capire chi siano i loro futuri giudici al pari di Minosse dantesco, molti tra i docenti non nominati hanno tratto un sospiro di sollievo, perché scampano alla burocrazia della maturità. Infatti, più volte si è discusso, anche sulle pagine del sussidiario, del valore e del senso dell’esame di Stato, in cui quasi il 100 per cento viene promosso e fioccano, come manna dal cielo, molti 100 e lode.



Qualcuno, dunque, avrà un pezzo di estate salva, per così dire.

Chi tra i docenti viene nominato “coordinatore” di classe, per un anno scolastico, ha alcune deleghe specifiche dal dirigente scolastico e, di conseguenza, anche incombenze burocratiche che sono la croce e delizia della scuola italiana.

La figura del coordinatore è abbastanza famigliare ai genitori italiani. Egli “si occupa della stesura del piano didattico della classe; si tiene regolarmente informato sul profitto e il comportamento della classe tramite frequenti contatti con gli altri docenti del consiglio; è il punto di riferimento circa tutti i problemi specifici del consiglio di classe; ha un collegamento diretto con la presidenza e informa il dirigente sugli avvenimenti più significativi della classe facendo presente eventuali problemi emersi; mantiene, in collaborazione con gli altri docenti della classe, il contatto con la rappresentanza dei genitori; in particolare, mantiene la corrispondenza con i genitori di alunni in difficoltà; controlla regolarmente le assenze degli studenti ponendo particolare attenzione ai casi di irregolare frequenza ed inadeguato rendimento; presiede le sedute del consiglio di classe (Cdc), quando ad esse non intervenga il dirigente” (da orizzontescuola.it).



Insomma fare il coordinatore di classe, specie di un quinta superiore, è ormai divenuta una prassi indispensabile per il corretto funzionamento della vita scolastica e, perciò, è una grande responsabilità che rischia di diventare per qualcuno anche una grande seccatura. Ma la cosa stupefacente, che è il riflesso del modus operandi del Belpaese, è che la figura e la mansione del coordinatore di classe, a differenza del segretario del consiglio di classe, non è prevista da nessuna norma o legge: essa è frutto di una prassi ormai consolidata, conseguenza della possibilità di delegare (e derogare) del dirigente scolastico.



Chi può evita di farlo (nemmeno la retribuzione, fissata a livello di contrattazione sindacale nei singoli istituti, è adeguata al tempo e all’impegno richiesto!), chi lo fa accetta di buon grado, qualcuno si rifiuta nella misura in cui non è una mansione prevista espressamente nella normativa e nel contratto (a differenza del segretario del consiglio di classe).

Chi fa il coordinatore di una classe terminale cioè di un quinta superiore teme la molestia del cosiddetto “documento del 15 maggio”: quest’ultimo è un atto stilato dal consiglio delle classi quinte della scuola secondaria di secondo grado (cioè di fatto confezionato dal coordinatore come un novello rapsodo cantore della burocrazia italiana!), in base alle indicazioni del D.P.R. 323/98 e prodotto entro il 15 maggio per la successiva affissione all’albo dell’Istituzione scolastica, come si legge nell’articolo 5 comma 2: “A tal fine, i consigli di classe, entro il 15 maggio elaborano per la commissione di esame un apposito documento che esplicitai contenuti, i metodi, i mezzi, gli spazi ed i tempi del percorso formativo, nonché i criteri, gli strumenti di valutazione adottati e gli obiettivi raggiunti. Esso è immediatamente affisso all’albo dell’istituto ed è consegnato in copia a ciascun candidato. Chiunque abbia interesse può estrarne copia”.

Chi abbia voglia e tempo può andare sui siti delle scuole superiori e scaricarsi pesantissimi pdf, che rappresentano la carta d’identità della classe e dei suoi alunni candidati all’esame di Stato.

Le commissioni degli esami di Stato devono, per legge, considerare il documento del 15 maggio come uno strumento di orientamento vincolante per la predisposizione della terza prova scritta e per la gestione del colloquio orale.

Qui vale la pena leggere ancora la facondia del legislatore: “la commissione entro il giorno successivo a quello di svolgimento della seconda prova definisce collegialmente la struttura della terza prova scritta in coerenza con quanto attestato nel documento di cui al comma 2. La mattina del giorno stabilito per lo svolgimento di detta prova, la commissione, in coerenza con quanto attestato nel predetto documento, predispone collegialmente il testo della terza prova scritta tenendo conto delle proposte avanzare da ciascuna componente”.

Verrebbe da chiedersi: questi pesanti pdf, di cui esistono anche versioni cartacee della mole quasi di una tesi di laurea quadriennale, saranno così allettanti da essere letti dai commissari esterni?

Nella formulazione del nuovo esame di Stato non è previsto lo snellimento dell’elefantiasi burocratica, retaggio dello stato borbonico, anzi la “Buona Scuola” ha notevolmente aggravato le molestie burocratiche per la scuola, aumentando la quantità di scartoffie e moduli da compilare.

Basterebbe pensare al registro elettronico introdotto con la legge per la dematerializzazione degli atti amministrativi: in molte scuole si usa anche il registro cartaceo, perché spesso la connessione internet non è adeguatamente funzionante oppure il docente si costruisce un proprio quaderno come registro.

L’elenco delle prodezze burocratiche che attanagliano la vita scolastica dei docenti potrebbe continuare: qui sarà bastato aver fatto luce su un esempio, vicino a quegli studenti e alle loro famiglie in un momento importante come l’esame di Stato. Forse solo per i ragazzi vale la pena compilare queste scartoffie con la massima cura e precisione. Ma, ci chiediamo, perché e fino a quando?