Il 1° ottobre del 1973 ho iniziato a frequentare il primo anno del liceo: se non ricordo male, ebbi la fortuna di conoscere la mia professoressa di lettere — che, all’epoca, insegnava 5 materie per un totale di 18 ore — solo verso la fine del mese, appena in tempo per salutarla per il lungo ponte dei Santi che, sempre all’epoca, comprendeva anche il 4 novembre (Festa dell’unità nazionale e delle forze armate) e durava ben quattro giorni.
Nel settembre del 2016 ho iniziato il mio decimo anno da preside: l’anno scolastico ha preso avvio intorno a metà mese con date diverse a seconda delle Regioni, e, in qualche caso, gli alunni hanno conosciuto i loro professori nella seconda decade di novembre.
Il confronto mette in luce che la sfida tra il ministero che assegna i docenti e l’imminenza dell’inizio dell’anno scolastico è da sempre aperta e ha sempre visto un solo vincitore. In realtà la situazione dello scorso anno è risultata assai peggiore e ha messo in evidenza una gravissima difficoltà da parte dell’amministrazione a far fronte a tutte le diverse innovazioni messe in campo dalla legge della Buona Scuola in questo settore. Il caos dello scorso settembre con la lunga coda di ricorsi è certamente stato un serio campanello d’allarme e il cambio della guardia al vertice di Viale Trastevere è anche nel segno di un ritorno all’ordine. E non si può tornare all’ordine senza una lunga trafila di accordi sindacali.
Perché la situazione è questa: o si cerca di dare un ordine attraverso accordi con i sindacati, o si presta il fianco ad infiniti contenziosi. Purtroppo gli accordi sempre più complicati e farraginosi, le ordinanze e le circolari sempre più tortuose e involute, che spesso devono tener conto anche di sentenze e giudizi, le eccezioni e le eccezioni delle eccezioni rendono il quadro così complesso da risultare difficilmente governabile. E danno origine a nuovi contenziosi in un circolo vizioso a cui nessuno riesce a dare soluzione.
Insomma la sfida è aperta: riuscirà il Miur a far iniziare la scuola con tutti i docenti in cattedra?
Certo: fare peggio dello scorso anno è assai difficile. I tempi sembrano in anticipo di circa un mese: la chiamata diretta dei docenti dall’ambito alle scuole lo scorso anno terminava il 31 agosto, quest’anno il 31 luglio. Inoltre i tempi appaiono compressi: sedici giorni lo scorso anno, dodici giorni quest’anno. Ovviamente ciò va a scapito dello scopo della chiamata per competenze, che è quella di esaminare i curricoli e scegliere i docenti che dimostrino reali esperienze utili per il Piano dell’offerta formativa. La ristrettezza dei tempi che rendono impossibile una reale valutazione e il malfunzionamento delle piattaforme on line che dovrebbero consentire la scelta faranno desistere molti dirigenti ad operare le chiamate.
Ma, in caso di inerzia del dirigente, sarà l’amministrazione a inviare i docenti alle scuole sulla base dei punteggi in graduatoria. Fallirà così una delle più rilevanti novità della legge 107, ma tutti saranno rassicurati dal criterio oggettivo della graduatoria!
Anche le nuove assunzioni sono in anticipo di circa un mese: la ministra Valeria Fedeli ha annunciato per il 14 agosto l’assunzione di 52mila nuovi professori. Tra il 15 e il 31 agosto, ma probabilmente nell’arco di una sola settimana all’interno di questo periodo dovrebbero esserci le nuove chiamate dirette dalla scuola all’ambito, anche questa volta probabilmente rinviate per la maggior parte all’amministrazione. Grazie all’intesa siglata con le organizzazioni sindacali il 21 giugno scorso — ha evidenziato in una nota il ministero — il lavoro di anticipo interesserà anche le assegnazioni provvisorie che “si concluderanno entro il 31 agosto”. Stesso discorso poi per l’attribuzione delle supplenze annuali che verranno effettuate entro la metà di settembre.
Insomma ci sono alcune premesse per arrivare ad avere i professori in classe con qualche settimana di anticipo rispetto allo scorso anno, ovvero con un ritardo non troppo pesante rispetto alla partenza del nuovo anno scolastico.
Restano tuttavia incognite sul percorso che sollevano legittimi dubbi sulla riuscita di tutta l’operazione. In particolare lo scorso anno si era registrata una sostanziale tenuta dei dirigenti e delle scuole di fronte alle nuove incombenze e alla Caporetto dell’apparato ministeriale centrale e periferico. L’impostazione di quest’anno sembra indurre ancora di più a far desistere le scuole dal loro compito per affidarlo all’amministrazione. Un ritorno al centralismo dopo la breve illusione di una nuova stagione di autonomia promessa dalla Legge 107. Ma l’inadeguatezza dello scorso anno da parte del Miur saprà trasformarsi in nuova e sorprendente efficienza?