Siamo giunti alla fine di un anno scolastico pieno di aspettative, nel quale registriamo: qualche risultato, tensioni, malumori e preoccupazioni. Si potrebbe dire un “anno ordinario” poiché da molto tempo i consuntivi sono pressoché della stessa portata, con gli stessi contenuti e con le conseguenti preoccupazioni.



La novità positiva sta nel fatto che dopo diversi anni di immobilismo, va riconosciuto a questo Governo un’attenzione al settore paritario come mai vista prima e concretizzata con l’ultima legge di bilancio (art. 78) che, oltre ad estendere anche alla scuola paritaria i contributi per l’alternanza scuola-lavoro e ad introdurre il nuovo School Bonus, incrementa l’entità dei contributi finanziari, settore dell’infanzia in particolare, per il quale, oltre all’incremento generale portato a complessivi 495 milioni, sono stati stanziati 50 milioni in più. 



Non possiamo comunque nascondere un’analisi oggettiva che ci porta ad una realtà nella quale ogni anno che passa il “malato” peggiora e qualche piatto in più non riesce a soddisfare la necessità di alimentazione di cui il settore avrebbe bisogno per tornare sano e attivo. La concretezza fa dire che 50 milioni in più equivalgono a circa 8/9mila euro in più annui per scuola e non è necessario scomodare un premio Nobel dell’Economia per capire che, ai fini gestionali, non possono cambiare molto. Così come l’incremento delle detrazioni, che porta un incremento netto del vantaggio fiscale da 76 a 121 euro annui per la frequenza di un figlio alla scuola paritaria, è un’ottima scelta di principio ma non può essere considerato un concreto incentivo economico, quando le ricerche dicono che il break even point per incidere sulle decisioni di scelta supera i 2mila euro.



Il risultato è sotto gli occhi di tutti e i numeri dicono più che le parole: gli studenti frequentanti le scuole paritarie sono scesi sotto il milione e la moria delle scuole, lentamente, continua.

Una seconda nota positiva consiste, finalmente, nello stanziamento di 23,4 milioni per il sostegno degli studenti a disagio, certificati secondo la legge 104, ma anche in questo caso l’intervento è poco incisivo, meglio poco che nulla fa dire l’ottimismo, ma i circa 2mila euro per studente sono ben lontani dal costo effettivo di un sostegno di studente così certificato. Basti pensare che una sentenza di pochi anni fa aveva quantificato in 24mila (!) euro il costo di tale sostegno.

Abbiamo avuto l’approvazione del decreto che avvia la costruzione del sistema integrato per il settore dell’infanzia da 0 a 6 anni ed io per primo ho salutato questa approvazione come una grande e positiva novità, poiché prevede una possibile pari dignità tra settore statale e paritario e l’applicazione del principio di sussidiarietà, ma sarà solo l’applicazione e la distribuzione di risorse che ci farà capire se siamo di fronte ad un reale cambiamento o ad una esposizione di principi: meglio una legge di sistema che una legge statalista, ma stipendi ed affitti si onorano con risorse economiche e non con enunciazione di principi.

Corollario a questi aspetti comunque positivi è il solito clima spesso intriso ancora di ideologismo con attacchi, anche politici, di chi vorrebbe l’eliminazione della scuola paritaria a pro di un pieno monopolio statale (anche a fronte di qualche marcia indietro — vedi Movimento 5 Stelle — dovendo riconoscere che si possono dare contributi alle scuole paritarie dell’infanzia perché suppliscono ad un servizio non offerto dallo Stato), come la reazione incomprensibile dei sindacati all’annuncio, riportato anche su queste pagine, della distribuzione dei contributi varati con la legge di bilancio quasi sette mesi fa ai quali ha ben risposto il sottosegretario Toccafondi: “chi si ostina a negare l’utilità della parità scolastica é fuori dalla realtà e dalla storia”.

La comunicazione del sottosegretario annuncia che i fondi sono a disposizione degli Uffici Regionali, con un netto miglioramento nei tempi di erogazione rispetto agli scorsi anni, ma va ricordato che le scuole riceveranno quelli dell’anno scolastico 2016/17 ormai concluso, con le inevitabili difficoltà per la gestione, specie per le piccole scuole che su questi contributi fanno conto per la sopravvivenza e la quadratura dei loro bilanci.

L’accesso ai Pon, principio riconosciuto finalmente dalla legge di bilancio, di fatto è bloccato per un’artificiosa disquisizione giuridica legata a veti europei che (anche se non sembra vero) ne vieterebbe l’erogazione alle scuole paritarie.

Non si è ancora superato il retaggio ideologico pubblico/privato e nella querelle profit/no profit è difficile trovare pieno accordo sul principio, semplice, di stampo europeo che fa riferimento ai termini economico/non economico, stabilendo parametri finanziari di riferimento per la loro definizione, indipendentemente dalla natura giuridica dell’Ente erogatore del servizio. Su questo tema si è solo avviata una prima indicazione di parametri da parte del Mef, in accordo con il Miur, senza farla diventare di obbligatoria applicazione generale e senza provvedere, come dovrebbe, ad un loro aggiornamento annuale.

Potrei proseguire nell’elenco, ma mi fermo qui citando un aneddoto recente. In un incontro durante una tavola rotonda in Regione Lombardia, organizzato dall’assessore Aprea sul tema “L’istruzione nella strategia europea dell’innovazione” è stata posta al commissario europeo presente, l’ungherese Tibor Navracsics, la questione della parità nel nostro Paese e la risposta è stata semplice: “è un problema solo italiano”. Sconsolante!

Nel riconoscere al sottosegretario un’encomiabile attenzione verso la parità scolastica, senza la quale oggi probabilmente non avrei potuto evidenziare gli aspetti positivi sopra esposti, ritengo indispensabile che il mondo politico, come sotto dirò, si renda conto della necessità di un cambio di mentalità e di modalità nell’affrontare la soluzione del problema poiché altri interventi, pur economicamente consistenti, fatti con questa modalità rischiano di cambiare poco o niente nella realtà sostanziale; e se non cambia niente, siamo destinati all’estinzione facendo contenti i detrattori e gli ideologi. Non dobbiamo rassegnarci a questo e non dobbiamo accontentarci di sopravvivere, ma urge un sussulto di orgoglio perché siamo una ricchezza per il Paese e difensori di principi democratici sanciti dalla nostra Costituzione. 

Cogliamo l’occasione del fatto che la “rivoluzione” che serve al settore paritario è la stessa che serve a tutto il sistema senza la quale tutta la nostra scuola è destinata al declino, in contrasto con la crescita e la modernizzazione dei sistemi scolastici occidentali e non solo.

Occorre avere il coraggio politico istituzionale di avviare una ristrutturazione profonda del sistema avendo come parametri di riferimento la piena autonomia di tutte le istituzioni scolastiche e la parità, come ha indicato anche il recente documento pubblicato dal Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica, un sistema che punti ad offrire alle famiglie una libera scelta educativa tra scuola statale e scuola statale e tra scuola statale e paritaria, che punti ad un profondo aggiornamento professionale dei suoi docenti affinché sappiano affrontare le sfide, non più rinviabili, dell’innovazione didattica e digitale per far sì che le buone pratiche oggi esistenti possano contaminare tutto il sistema. Un sistema che abbia una struttura organizzativa moderna, efficiente, semplice negli adempimenti burocratici, con ruoli definiti, che affidi e verifichi responsabilità di risultato, ma lasci liberi gli attori nelle scelte dei processi per ottenerli. Un sistema che rivoluzioni anche le modalità di finanziamento puntando a parametri di efficienza ed equità basati su quota capitaria o costo standard, da anni citati ma mai applicati, con conseguente accountability, da avviare con una sperimentazione libera, graduale che si propaghi “per contaminazione positiva” per non traumatizzare il sistema, ma condurlo finalmente verso la sospirata modernizzazione.

Il tempo sta per scadere e come ha ricordato anche Toccafondi nella sua ultima intervista, “Su temi come libertà educativa, autonomia, valutazione, merito non si può più evitare di decidere o stare in disparte”. Occorre, pertanto, che chi ha la responsabilità delle scelte faccia una riflessione, si faccia portatore determinato di una proposta “rivoluzionaria”, dirompente da proporre con coraggio al consenso dei cittadini e, dopo averlo ottenuto, la attui.

Chi, come me, ha ancora ottimismo spera nel “miracolo politico” per il bene del nostro paese, dei suoi giovani e del loro futuro.