Ormai ci vuol poco a percepire il fumo ideologico che accompagna e spesso deforma o addirittura oscura i dati statistici, la cui osservazione lucida dovrebbe essere la base delle analisi vere.
Poiché questa nebbia artificiale viene calata spesso e volentieri anche sulla questione delle lodi alla maturità, mi sono messo a formulare il quadro, introvabile, del valore percentuale delle lodi sul totale maturati fatto regione per regione. Il risultato è il seguente:
Appare chiaro che complessivamente l’uso della lode è molto basso, forse perfino troppo basso, visto che il livello 1 indica una lode ogni 100 alunni cioè circa ogni 5 classi.
Con questa considerazione si capisce che Lombardia, Piemonte e Trentino, che viaggiano sullo 0,5 cioè una lode ogni 200 maturati, tendono a dare la lode all’alunno migliore della scuola.
Nelle 4 regioni molto oltre la media, Puglia e Calabria nel sud, ma anche Marche ed Umbria nel centro, dove si viaggia sul livello 2,5 cioè una lode ogni 2-3 classi, sembra plausibile pensare ad una lode assegnata al migliore di un certo indirizzo. Non sarebbe assurdo a mio parere pensare ad una lode per classe!
La media generale andrebbe esaminata nei dettagli con lo stesso criterio ma senza alcuna angoscia. Se fossi ministro farei fare questo lavoro agli uffici scolastici regionali, ma non con l’ansia dell’uniformità, bensì con lo spirito del controllo contro abusi illegali di quella che è e deve restare una libera facoltà dei docenti e delle scuole.
Invece sarei più interessato a capire, dietro la grandiosa uniformità nazionale delle ammissioni e delle promozioni, quale sia la vera situazione della preparazione degli alunni visto che il voto negativo nella pagella dell’ammesso e del promosso non può comparire. Infatti se c’è viene sanato dal consiglio di classe e così scompare dalle statistiche pur “giacendo” nelle prove Invalsi.
E scrollerei il capo di fronte alla schizofrenia cronica insita nel mondo scolastico il quale richiede a fasi alterne uniformità e creatività, libertà, autonomia senza mai riuscire a combinare un mix ragionevole e gestibile sul piano organizzativo delle diverse (tutte legittime) richieste.
Il ministero dovrebbe operare molto meglio sulla definizione e il controllo dell’applicazione del curricolo essenziale nazionale, già oggi stabilito in base all’ormai dimenticato decreto 275/1999 all’80 per cento del totale del tempo scuola.
Lasciando inoltre le promozioni col voto vero, anche insufficiente, in pagella si capirebbe davvero il tutto rispetto ai criteri reali di valutazione nelle varie competenze.
Infine lasciando alle scuole un 25 per cento di docenza libera per attività opzionali degli alunni nella fascia di tempo scuola liberabile del 20 per cento, purtroppo fino ad oggi non liberata nemmeno dai più accaniti “liberal”, si potrebbero combinare uniformità, creatività e libertà, tutte cose necessarie purché in una dinamica gestita bene, mentre oggi sono gli elementi costanti della schizofrenia caotica dominante nella scuola italiana.
I vettori sia teorici che organizzativi ci sono già, basta farli funzionare con qualche periodico aggiustamento quantitativo. Ma apparentemente è proprio la soluzione dei problemi che spaventa di più.