Sfogliando il rapporto nazionale pubblicato lo scorso luglio da Invalsi si può notare come anche quest’anno nella prova nazionale di matematica svolta dagli alunni nell’esame conclusivo del primo ciclo quesiti relativi al linguaggio algebrico si sono rivelati problematici, con percentuali di risposte corrette poco lusinghiere e percentuali rilevanti di mancate risposte. I quesiti di quest’anno si accodano ad alcuni ormai famosi, come il “quesito delle mollette” dell’anno scorso, risalendo nel tempo fino al seguente quesito:
che nel 2009 mise in crisi moltissimi quattordicenni del tempo e molti dei loro insegnanti.
Non sembra che il trascorrere del tempo abbia mutato sostanzialmente le cose, perché una parte consistente dell’ultimo anno del triennio in molte scuole medie è ancora dedicato al calcolo letterale: monomi e polinomi, operazioni con essi fino ad alcuni dei prodotti notevoli. E naturalmente a infinite batterie di espressioni.
Conviene ricordare che sono passati più di dieci anni dall’introduzione delle Indicazioni nazionali, gli insegnanti non sono più vincolati ai programmi ministeriali, le scuole possono (e devono) elaborare un curricolo che assicuri il miglior percorso formativo agli alunni. Eppure, nella prassi didattica la tradizione ha ancora la meglio, molti insegnanti propongono ancora percorsi legati ai programmi di un tempo.
Tornando all’algebra, nella versione del 2004 delle Indicazioni il calcolo letterale è citato solo in una riga, “Elementi fondamentali di calcolo algebrico”, mentre in quelle in vigore oggi non è neanche citato esplicitamente, viene solo evocato in due obiettivi di apprendimento: “Interpretare, costruire e trasformare formule che contengono lettere per esprimere in forma generale relazioni e proprietà” e “Esplorare e risolvere problemi utilizzando equazioni di primo grado”.
È dunque il caso di iniziare a porsi la domanda su quale sia il valore dell’introduzione del linguaggio algebrico al limitare del primo ciclo scolastico e su cosa sia veramente significativo per preparare i ragazzi ai percorsi della scuola secondaria di secondo grado. E non pare certo significativo anticipare contenuti e argomenti per facilitare il passaggio agli studi superiori, quando questa scelta precluda passi fondamentali per la comprensione di uno strumento qual è il calcolo letterale, che pare semplice ed è invece insieme delicato e potente.
Per la professoressa Anna Sfard dell’università di Tel Aviv, una delle più autorevoli voci in materia, “l’algebra elementare, l’argomento imparato nelle scuole di tutto il mondo, può essere definita come una sotto-categoria del discorso matematico che le persone impiegano riflettendo su relazioni e processi aritmetici”, più semplicemente è una modalità di formalizzare e comunicare alcune proprietà dei numeri. L’algebra nasce dal riconoscimento di regolarità numeriche che possono essere presentate sotto forma di uguaglianze, come ad esempio a + b = b + a. Questa proposizione in forma simbolica è l’abbreviazione, la traduzione in simboli, dell’affermazione “la somma di due numeri non dipende dal loro ordine”, indubbiamente più diretta ed efficace.
Questo brano di discorso che esprime una proprietà dei numeri può essere chiamato generalizzazione. Le leggi che esprimono come varia una grandezza o una misura in funzione di un’altra sono un altro esempio di proprietà generali: la lunghezza di una molla dipende linearmente dall’intensità della trazione e si traduce in un’equazione y = kx dove y è l’allungamento della molla, x è l’intensità della trazione e k è un numero che esprime la proporzionalità.
Un’altra attività che genera l’algebra riguarda la ricerca di quantità non conosciute coinvolte in calcoli i cui risultati sono assegnati. Questo tipo di attività è descritto come risolvere equazioni. Infatti, le equazioni, ad esempio 3x + 2 = 20, sono domande su processi numerici; nel caso in esame la domanda è “qual è il numero il cui triplo aumentato di 2 dà 20?”.
Familiarizzare con queste attività è importante più che impadronirsi del calcolo ed è altresì importante farlo prima del calcolo. Ne va della comprensione dello strumento del linguaggio algebrico. Applicare una corretta procedura di calcolo non sviluppa la comprensione del significato delle relazioni che si stanno manipolando. Le procedure di calcolo servono a questo: assicurare conclusioni affidabili applicando regole certe, senza entrare nel merito del senso, sospendendo la ricerca di senso, per ottenere in modo automatico proposizioni diverse da quella iniziale, che mantengano comunque lo stesso significato.
In fase di primo apprendimento è importante invece comprendere a fondo le potenzialità del linguaggio algebrico: scrivere 2n + 1 è il modo più veloce ed efficace per identificare tutti i numeri dispari, la formula a = bh, dove a indica l’area, b la misura della base e h la misura dell’altezza di un rettangolo, raccoglie in quattro caratteri gli elementi fondamentali e le relazioni che legano gli elementi di un rettangolo alla misura della sua superficie in tutti i casi.
Occorre investire tempo in classe perché i ragazzi sviluppino un’adeguata padronanza della costruzione e della lettura delle formule, chiedendo di scrivere formule che esprimono regolarità numeriche e di esplicitare tutti i significati di una formula e il contesto in cui essa è valida. Solo con queste attenzioni il linguaggio algebrico può diventare uno strumento effettivamente a disposizione degli studenti, uno strumento indispensabile per affrontare qualunque disciplina scientifica e il momento giusto per questo lavoro è proprio la fase conclusiva della scuola media.