L’Italia è il paese dei paradossi. L’ultimo in ordine di tempo riguarda i medici appena laureati in attesa di frequentare un corso di specializzazione. Martedì mattina a Firenze, Milano, Bologna, Torino,  Roma e in altre città li vedremo in piazza a manifestare per ottenere il bando di concorso, che permetta loro di sostenere il concorso e poi di frequentare le scuole che li preparano a diventare cardiologi, chirurghi, anestesisti. Il Miur non ha ancora pubblicato il bando che in genere esce a fine primavera, in modo che i concorsi si tengano in estate e la specializzazione possa iniziare a novembre. 



Ma a settembre 2017 sembra tutto fermo e così i circa 13mila dottori in medicina, dopo un esame di ammissione, un corso di laurea di 6 anni tra i più lunghi al mondo, un esame di stato, l’iscrizione all’Ordine dei medici, devono elemosinare il bando di concorso per non perdere altro tempo, visto che li aspettano altri esami, corsi per 3-5 anni e tanta gavetta nelle corsie. 



Il ritardo e tutti i disagi sembrano dovuti al cambio delle regole di accreditamento delle scuola di specializzazione voluto dal ministro della Salute e dal Miur. Nei mesi scorsi infatti le 1433 sedi (sembrano uno sproposito) sono state sottoposte a verifica e il dossier a metà agosto era ancora nelle mani del ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli e di quello della Salute, Beatrice Lorenzin. Secondo le rivelazioni del Corriere della Sera, ben 135 scuole non hanno gli standard minimi, con il rischio chiusura. Infatti per l’Osservatorio Nazionale della formazione medica, circa il 10% delle scuole non garantirebbe livelli assistenziali di alto livello, spazi e laboratori adeguati e non sarebbe garantita neppure una performance adeguata dell’attività scientifica dei docenti. Nell’elenco compaiono scuole di atenei del Sud, come Bari, Catanzaro, Messina e Napoli, ma tra i bocciati sono presenti anche Milano Bicocca e Humanitas, Roma, Pavia, Pisa e altri. Ancora secondo il Corriere solo il 47% sarebbero in regola e il 43% da autorizzare con riserva. Una situazione delicata che sinora ha bloccato il concorso e che rischia di far slittare ulteriormente il percorso di formazione di 13mila medici italiani. 



Nell’incertezza generale un dato sicuro c’è. Il ministero della Salute ha autorizzato per quest’anno 6105 borse per gli specializzandi, 620 in meno rispetto al 2016, ma secondo la Federazione Nazionale Ordini dei Medici e degli Odontoiatri, per garantire un’adeguata copertura dei posti del Servizio Sanitario Nazionale, ne sarebbero necessarie altre mille. Il sistema italiano sembra anche superato nelle modalità organizzative. Infatti i posti a disposizione sono meno della metà dei medici con in possesso dell’iscrizione all’Ordine professionale, per cui se si tiene conto che le Regioni complessivamente hanno bandito altri 1100 posti per la specializzazione in medicina generale (medici di base), il cui concorso si terrà in una data unica nazionale il prossimo 25 ottobre, risulta che altri 6mila/7mila medici sono destinati alle sostituzioni o a essere impiegati nel settore privato. Un numero troppo elevato, che mette in evidenza come ci sia troppa discrepanza tra domanda e offerta, tale da richiedere un riprogrammazione dei contingenti di ingresso a medicina. 

Tuttavia il Servizio Sanitario Nazionale ha anche bisogno di un numero più elevato di medici specialistici, per non trovarsi in futuro con la necessità di assumere medici dall’estero e di non essere in grado di rispondere alla richiesta di livelli di assistenza medica di qualità. Ma siamo proprio sicuri che nel Belpaese programmazione e organizzazione siano all’ordine del giorno, dopo il caos che aleggia in questi mesi nelle scuole di specializzazione?