Si sono aperte da pochi giorni le iscrizioni all’evento inaugurale della V edizione del concorso nazionale di filosofia per scuole superiori Romanae Disputationes. Come ogni anno, migliaia di studenti e di docenti di tutta Italia si cimenteranno nella riflessione di un tema guidati da importanti professori universitari. Quest’anno il tema sarà: “La natura del bello”. È già disponibile sul canale YouTube di Romanae Disputationes la lezione del prof. Enrico Berti su “Il bello nel pensiero di Aristotele”, la prima delle 12 video-lezioni, realizzate in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano, che accompagneranno il lavoro dei ragazzi. Abbiamo chiesto proprio al professor Berti, emerito di storia della filosofia nell’Università di Padova, di raccontarci la sua esperienza come collaboratore di Romanae Disputationes e di quale sia la sua riflessione sulla bellezza a partire dal pensiero di Aristotele.



Professore lei collabora con Romanae Disputationes sin dagli inizi. Quali sono i motivi di questa sua adesione? Quale esperienza ha fatto in questi anni dove ha incontrato così tanti giovani?

Ho tenuto lezioni per Romanae Disputationes sia a Roma sia a Padova, che sono state messe on line. Ciò mi ha permesso di raggiungere un uditorio molto più vasto di quello delle mie normali lezioni, cioè mi ha messo in contatto col mondo della scuola secondaria, dove ho insegnato per alcuni anni e col quale sono stato sempre in rapporto, attraverso la mia militanza nella Sfi (Società Filosofica Italiana). Il merito principale di questa iniziativa, infatti, è di collegare il mondo dell’università col mondo della scuola, affidando in tal modo alla filosofia un compito molto più vasto della formazione di filosofi professionali, quello della formazione dei giovani in generale. Non so quale effetto le mie lezioni abbiano prodotto, spero buono (questo è forse il limite del comunicare on line, che non fa vedere subito le reazioni degli ascoltatori). Ma il fatto che la direzione delle Romanae Disputationes continui a invitarmi, vuol dire che tutto sommato non è andata male.



L’insegnamento della filosofia viene spesso minacciato dai cambiamenti che l’istituzione scolastica sta mettendo in atto per “non rimanere indietro al mondo che corre” e spesso viene catalogato come un sapere culturale del passato. Invece qual è l’unicità della filosofia al mondo d’oggi e come mai vale la pena che faccia ancora parte della formazione dei ragazzi?

La filosofia è minacciata da sempre, possiamo dire da quando Socrate è stato costretto a bere la cicuta. Ma non è mai morta. La Sfi, sopra citata, ha sempre combattuto contro i ripetuti tentativi di estromettere la filosofia dalla Scuola secondaria, sin da quando, nel lontano 1971, si era cercato di sostituirne l’insegnamento con quello delle scienze sociali (discipline nobilissime, ma pur sempre circoscritte). La prova della resistenza della filosofia, “dura a morire”, è il fatto che oggi, nell’epoca della scienza trionfante, sono gli stessi scienziati che di tanto in tanto si improvvisano filosofi, filosofeggiando a volte bene, ma a volte maluccio, per ignoranza della storia della filosofia. Penso che la presenza della filosofia sia necessaria, perché tutti i giovani hanno il diritto di fare, almeno una volta nella vita, l’esperienza di che cosa significa affrontare i problemi non da un punto vista religioso, o politico, o ideologico, ma da un punto di vista razionale, cioè pienamente umano, e seriamente umano.



Lei è particolarmente conosciuto e stimato come studioso del pensiero di Aristotele, appunto un’eredità del passato. Cosa vuol dire dedicarsi oggi al pensiero di autori così lontani? Che cosa li rende attuali e affascinanti per i ragazzi?

Aristotele non è solo lontano, cioè passato, ma è presente in tutta la storia della cultura occidentale (compresa quella musulmana), ed è attualissimo. Per dimostrare questo devo citare due miei libri, dando purtroppo l’impressione di farmi della propaganda: Aristotelismo, che ricostruisce la presenza di Aristotele nell’intera storia della cultura, non solo filosofica, ma anche scientifica e umanistica, cioè in tutte le discipline (che del resto sono state fondate quasi tutte da lui), e Aristotele nel Novecento, che mostra la sua presenza nella cultura contemporanea. Ma su questo chi è un minimo esperto non ha dubbi, e chi ne ha, è soltanto ignorante (difetto rimediabile). Quanto al fascino di Aristotele sui giovani, esso è forse dovuto al modo semplice, diretto, immediato, in cui Aristotele affronta i problemi, e alla vastità dei suoi interessi, che abbracciano tutto il campo del sapere umano.

“La natura del bello” è il titolo della V edizione di Romanae Disputationes. È ancora possibile parlare di bellezza in un mondo in cui tutto sembra relativo e la bellezza stessa rimane un concetto arbitrario?

Per quanto relativo e arbitrario possa essere il concetto di bello, esso non scompare mai dall’esperienza dell’uomo. Si pensi al Faust di Goethe, che vende l’anima pur di poter vivere un attimo del quale dire: “Fermati, sei bello!”. La dimensione estetica, cioè relativa al bello, è fondamentale nell’essere umano, come provano i graffiti scoperti nelle caverne degli uomini primitivi, e come provano oggi le folle di giovani che frequentano i concerti.

E Aristotele che cosa ci insegna circa il tema della bellezza?

L’insegnamento di Aristotele sulla bellezza è l’oggetto della mia lezione messa on line da Romanae Disputationes proprio in questi giorni. Posso riassumerla dicendo che il bello attraversa tutta la filosofia di Aristotele, dalla poetica, dove “bello” significa “fatto bene”, all’etica, dove belle sono dette le azioni nobili, cioè disinteressate, alla fisica, dove il bello è l’ordine dell’organismo vivente, le cui parti cooperano tutte allo stesso fine, alla metafisica, dove il bello è il divino, ossia ciò che è troppo alto per essere praticabile dall’uomo. Un piccolo suggerimento per i più interessati: leggere il bel libro di Lisa Bressan, Il bello in Aristotele: poiesis, praxis, theoria (edizioni del Centro per la Storia della tradizione aristotelica, 2012).

Gabriele Laffranchi