Con ordinanza cautelare del 31 agosto il Tar del Lazio ha sospeso la decisione della Statale di Milano di imporre il numero programmato in tutti i corsi di laurea di Studi Umanistici. La delibera, approvata lo scorso maggio dal Senato accademico dell’università con un solo voto di scarto e con modalità di voto che avevano dato adito a sospetti di illegittimità, era stata adottata nonostante la stragrande maggioranza dei docenti e degli studenti dei corsi di laurea interessati si fosse espressa contro il “numero chiuso”.
In attesa della decisione nel merito (l’udienza è fissata a maggio 2018), l’ordinanza è chiara nel motivare le ragioni della sospensione: in sostanza, la decisione della Statale intende programmare l’accesso a corsi che non rientrano tra quelli per i quali la legge prevede la possibilità di un “numero chiuso”. Infatti, a parte i corsi di studio (ad es. medicina) per i quali esiste una normativa nazionale di regolamentazione degli accessi, le università possono stabilire di ammettere un numero limitato di studenti solo per necessità legate all’utilizzazione di laboratori, di sistemi informatici o di posti-studio personalizzati.
A seguito della decisione del Tar, in questi giorni il clima che si respira in Statale è di grande incertezza. La totale mancanza di informazioni in cui versano migliaia di studenti e di famiglie alimenta il disorientamento, ulteriormente aggravato dopo che il rettore Vago — che sembra farne una questione di prestigio personale — ha annunciato di voler impugnare al Consiglio di Stato l’ordinanza del Tar (c’è chi dubita che lo farà, poiché sono troppo alte le probabilità di vederselo seccamente respinto).
I test ci saranno o no? Si potranno immatricolare solo coloro che si erano già iscritti ai test in tempo utile o anche gli altri che si sono aggiunti dopo quella data e ancora si aggiungeranno? Mi verrà restituita la quota che ho pagato per iscrivermi al test? Quando potrò cercare casa a Milano, o partecipare a un bando per gli alloggi convenzionati, con un minimo di certezza sul futuro? Sono queste alcune delle domande che vengono rivolte agli sportelli della segreteria studenti, domande che sembrano destinate a rimanere senza risposta finché il rettore non deciderà che fare rispetto al fantomatico ricorso al Consiglio di Stato. Per ora le immatricolazioni sono bloccate per ordine espresso del rettore. Questa misura draconiana sta paralizzando l’amministrazione della Statale. Il rettore, di fatto, sta agendo in palese contraddizione con quanto disposto dall’ordinanza del Tar, giocando sulla pelle di migliaia di giovani e delle loro famiglie. Ci auguriamo fortemente che prenda al più presto la decisione di sbloccare la situazione.
La decisione del Tar, peraltro, solleva un’altra e più generale questione, di cui varrebbe la pena discutere con la dovuta calma.
Uno dei motivi della contestata scelta della Statale di imporre il numero chiuso è quello di ottemperare ai parametri stabiliti dall’Anvur, l’agenzia di valutazione del sistema universitario, ai fini dell’accreditamento dei corsi. Tra i parametri vi è anche un certo rapporto numerico docenti/studenti. Il mancato accreditamento di un corso di studio, a sua volta, ha come conseguenza delle “penalizzazioni”, ad esempio non consente all’università di aprire nuovi corsi di laurea, se non a seguito di disattivazione e soppressione di un pari numero di corsi.
Ora, al di là dei tecnicismi, le vicende della Statale documentano l’assoluta mancanza di una visione d’insieme sul ruolo e la funzione dell’università nel nostro Paese. Non si tratta di una novità. Fatte salve alcune limitate eccezioni, i ministri dell’università non si sono distinti né per una visione sistemica né per una tensione ideale volta al futuro del paese e delle giovani generazioni. Negli ultimi anni, tuttavia, qualcosa è cambiato (in peggio): il ruolo di governo del sistema universitario è stato, di fatto, svolto dall’Anvur, un’agenzia che avrebbe dovuto supportare il ministro nell’assumere le scelte di fondo e che, invece, ha finito per sostituirsi ad esso, occupando il vuoto lasciato dalla politica. E’ animata da un’ansia burocratica che sta mettendo in ginocchio anche le università meglio organizzate. E ciò, mentre tutti i dati continuano a descrivere un Paese che investe poco nell’istruzione universitaria, in cui il numero di laureati è gravemente al di sotto della media Ue (da ultimo ne ha scritto ieri Ilvo Diamanti su Repubblica).
La contingente situazione della Statale porta a galla, insomma, una vicenda che andrebbe affrontata con ben altro respiro. È quello che ci auguriamo verrà fatto da docenti interessati a costruire questo luogo così prezioso che è l’università, partendo da quello che c’è di buono, anzi di ottimo, nelle nostre università “italiane”. Come studenti, cerchiamo un dialogo con tutti, in particolare con chi non ha gettato la spugna.
Per parte nostra, ora come ora, continueremo a tenere informate tutte le future matricole sugli eventuali sviluppi, cercando di condividere il più possibile con loro questo momento così decisivo.