Il Miur ha comunicato il 28 dicembre quali sono le “100 classi” che, su tutto il territorio nazionale, hanno vinto il bando per l’attivazione di un corso di diploma quadriennale, per l’istruzione tecnica o liceale. Tre quarti delle classi sono di tipo liceale, e di questo si sono occupati, con maggiore o minor attenzione, parecchi organi di stampa. Tra le pochissime classi di istituto tecnico tecnologico (ex “industriale”) l’unica del settore chimico è stata assegnata all’Isis Paolo Carcano di Como, “il Setificio”. A pochi giorni dall’assegnazione e dal rientro dopo le vacanze natalizie, stiamo compiendo intensi sforzi innanzitutto per pubblicizzare questa iniziativa presso ragazzi/e di terza media e relative famiglie, poiché il tempo per le iscrizioni, aperto il 16 gennaio, scadrà il 6 febbraio.



Ilsussidiario.net si è già occupato di alcune proposte formulate nel corso degli anni per la possibile riduzione quadriennale dei corsi tecnici e liceali, ma l’originale situazione che si è venuta a creare con questo bando merita forse qualche approfondimento e, descrivendo la nostra situazione, vorremmo proporla come caso di studio.



Il contesto — L’Istituto Paolo Carcano, già Regio Istituto Nazionale di Setificio, è tra le più antiche realtà scolastiche d’Italia nel settore tecnologico. Per molti decenni la sua offerta formativa ha riguardato tre corsi legati alla produzione tessile, in particolare alla produzione serica tipica del comasco: chimica tintoria, tessitura e disegno di tessuti stampati (quest’ultima specialità era un “unicum” nazionale). Alla fine degli anni 90 ha vissuto un periodo di forte crisi, in parte legato alla pesante ristrutturazione del settore industriale di riferimento, in parte alla difficoltà di mantenere le proprie specificità di fronte alle numerose proposte di riforma, ordinamentali e sperimentali. Oggi, dopo la trasformazione in Isis (Istituto statale di istruzione superiore) e il nuovo ordinamento scolastico, offre corsi di chimica e materiali, sistema moda-tessile (inclusa un’originale sperimentazione in disegno di tessuti), biotecnologie ambientali, grafica e comunicazione, liceo delle scienze applicate e (da quest’anno) liceo artistico.



L’inserimento nel territorio comasco fa sì che l’istituto possa appoggiarsi non solo sul contributo culturale dell’Associazione ex-allievi, ma anche su quello materiale della Fondazione Setificio, cui concorrono molte rilevanti aziende.

L’idea di cercare nuovi modi per riproporre la chimica applicata alle fibre, alla nobilitazione tessile e al colore non nasce quindi dal nulla: viste le condizioni al contorno del bando Miur, una commissione di alcuni insegnanti, affiancati da esponenti imprenditoriali, è riuscita a proporre in breve tempo uno schema “credibile”.

Per chi? — Dalle riflessioni elaborate negli ultimi mesi e soprattutto in questi giorni, si ritiene che le 100 scuole abbiano pensato a idee, “utenze” e scopi abbastanza diversificati. In base alle nostre tradizioni ed esigenze, abbiamo puntato senza dubbi su un corso di livello sicuramente non inferiore al quinquennale.

In questa nuova sfida ci pare essenziale mantenere quel criterio, al tempo stesso, di inclusività e di valorizzazione del merito che, in modi diversi, la nostra scuola ha proposto in questo secolo e mezzo e che ha contribuito non solo all’evoluzione economica, ma anche a quella sociale di un territorio: spesso il figlio dell’operaio e quello del padrone erano compagni di banco, e ciò ha contribuito anche a creare un tessuto imprenditoriale in cui è sempre stata presente, magari con pudore, anche attraverso i contrasti, una forte solidarietà.

Oggi i punti di partenza dei ragazzi, più che dal censo delle famiglie, sono divisi dalle diverse opportunità culturali che ricevono; l’accelerazione dei tempi, data dalla sperimentazione quadriennale, può essere uno stimolo anche per portare tutti, e al più presto, a livelli di qualità condivisa.

Proponendo un corso sicuramente impegnativo, abbiamo pensato a un’utenza formata non da improbabili supermen, quanto da “capaci e meritevoli”, usando quel grandioso sintagma della nostra Costituzione, cui offrire un terreno su cui crescere e maturare. Studenti che si troveranno di fronte a un impegno maggiore, ma al quale cercheremo di corrispondere con altrettanti impegno e attenzione. Se i nostri vecchi diplomati in chimica tintoria hanno sempre potuto agevolmente scegliere tra la prosecuzione degli studi e un rapido inserimento nel mondo produttivo, ci piace pensare che questi loro eredi possano farlo addirittura con un anno d’anticipo. Non da ultimo, stemperando una certa impazienza con cui molti diciottenni di oggi sembrano scalpitare alla fine del cammino quinquennale.

Non è troppo specialistico? — Proponendo questo schema, abbiamo sentito un’obiezione che ne ricorda analoghe del passato. Non è troppo riduttivo orientare la formazione verso un settore così specifico?

Al di là del fatto che si tratta di un settore tra i più innovativi e trainanti dell’economia nazionale, la risposta è decisamente “no”, per almeno due ordini di motivi.

In primo luogo, per comprendere la chimica tessile, della nobilitazione e del colore è necessario saper organizzare conoscenze nei settori più disparati: dalla chimica fisica a quella organica, da quella delle interfasi a quella dei tecnopolimeri, senza dimenticare il fondamentale tema delle risorse più o meno rinnovabili e dell’economia circolare. È stato mostrato quanto sia raro trovare un altro settore della chimica che richieda una simile apertura di orizzonti.

Il secondo aspetto è che, se un corso orienta direttamente verso realtà innovative che poi lo studente incontra nell’alternanza scuola-lavoro, rispetto a uno più “generalista” offre maggiori stimoli per trasformare le conoscenze in reali competenze.

Queste due ragioni dovrebbero riproporre, in modi nuovi, quelle condizioni che già un tempo consentivano ai nostri diplomati di sapersi inserire in modo consapevole sia nelle aziende, sia in percorsi universitari anche di indirizzi assai differenti.

Come? — Il primo anno sarà per noi il momento più impegnativo, così come per altre scuole che hanno scelto una formazione “1+2+1”. Fin dal primo giorno dobbiamo trovare il modo di consentire agli studenti, che arrivano dalla scuola media con livelli di preparazione spesso abbastanza diversi, di raggiungere un livello comune, per progredire senza la necessità di troppi aggiustamenti in itinere. Intorno al gruppo di lavoro che ha costituito la proposta verrà presto individuato anche il futuro consiglio di classe, così che non solo si raggiunga un livello condiviso nella programmazione, ma si possano anche organizzare e gestire altri aspetti come, per esempio, la scelta dei materiali di studio, in cui ai libri di testo si affianchino anche molti supporti cartacei e multimediali, che non potranno che essere autoprodotti. E anche in questo ambito il Setificio vanta un’esperienza consolidata.

Tra gli spunti più interessanti che offre il nuovo monte-ore c’è quello di guadagnare in qualità ciò che si perde in quantità, specialmente in quella materia che nel primo biennio ordinamentale si chiama “scienze integrate”. Se gli insegnanti specialisti delle tre aree, condensando tutto il loro impegno nel primo anno, lavoreranno realmente in modo “integrato” tra loro e con l’ulteriore area di “scienze e tecnologie applicate”, sarà possibile, per esempio, sviluppare verifiche interdisciplinari e valutazioni combinate: da una minor quantità ci auguriamo discenda una maggiore qualità.

Negli anni successivi abbiamo mantenuto quasi esattamente l’impianto del corso curricolare, sviluppando però in modo più concreto e approfondito le interazioni con il settore tessile. Per esempio, non solo si sono aggiunte alcune ore di laboratorio per raggiungere una “massa critica” che consenta sperimentazioni reali e non solo dimostrative, ma i metodi della didattica verranno modificati per favorire una più completa integrazione tra le varie aree. Abbiamo, tra l’altro, aggiunto un corso di diritto e produzione industriale, che introduca ai tanti aspetti, da quelli autorizzativi a quelli ambientali e della qualità, che lo studente incontrerà nel mondo industriale, da subito o dopo un’ulteriore formazione universitaria o di Its.

Il metodo Clil non sarà riservato solo all’anno conclusivo, ma verrà introdotto fin dall’inizio. Una buona padronanza della lingua inglese, una solida formazione culturale, conoscenze e competenze tecniche qualificate sono l’esito a cui miriamo attraverso un corso in cui si intrecciano tradizione e innovazione.

Ma il cammino non è ancora esplorato, e quindi sarà complesso: sarebbe vantaggioso costituire una rete informale con cui scambiare le esperienze che ogni scuola saprà costruire giorno per giorno.