Caro direttore,
in merito all’emergenza baby gang occorre sottolineare che è da tempo, ormai da tanto tempo, che è emergenza. Non solo ora che, soprattutto nel territorio di Napoli e dintorni, sono scoppiati diversi episodi di violenza. Certo, vi sono luoghi, quartieri, periferie che sono particolarmente colpite, ma il fenomeno riguarda tutti gli strati sociali della popolazione e tutte le latitudini del Bel Paese. La condizione esistenziale del mondo giovanile vive un abbandono educativo così vasto che solamente dei ciechi riescono a non vederlo. Si può affermare, senz’ombra di smentita, che ormai il campo profughi più desolato, drammatico e vergognoso del nostro Paese è la sua gioventù.



Noi diciamo così “esperti” di questi fenomeni, da molti anni sappiamo che nelle scuole, sui bus per andare o tornare da scuola, nei luoghi di ritrovo dei giovani — sempre il sabato sera, ma poi anche il venerdì sera, e poi anche la domenica… — tanti gruppi, sempre più numerosi, di ragazzi si radunavano, si organizzavano, per partire verso mete predefinite dove avrebbero individuato, dapprima, un anziano solo, isolato, per maltrattarlo, per offenderlo, sputarlo, picchiarlo…; successivamente il bersaglio più gradito è diventata la donna, la donna adulta — e  quasi simbolicamente come per prendersela con la figura materna; poi ancora, con l’handicappato, il disabile; infine con il giovane, il proprio pari — quasi simbolicamente come per prendersela con sé stessi.



Di un male se ne son fatti due, perché questo fenomeno della violenza giovanile non si è voluto guardarlo, accorgersene, studiarlo, affrontarlo. Si è perpetrato non solo un gravissimo errore di trascuratezza, di dimenticanza, di ignavia, di paura degli adulti verso questa emergenza, ma anche un altrettanto sempre più evidente errore: quello riguardante il silenzio assordante circa l’uso e l’abuso delle sostanze stupefacenti.

Come ho già sostenuto in numerose altre occasioni, non si può tacere il fatto che sempre, prima, durante e, spessissimo, anche dopo ogni fatto di violenza, di abuso, di sopraffazione i protagonisti di questi episodi ricorrono all’uso di sostanze stupefacenti, assumendole sia individualmente che in gruppo, come seguendo un rituale, quasi una liturgia che non può più mancare — ripeto ancora —, prima, durante e dopo. Se non ci fosse questo uso delle varie droghe, tali fatti non ci sarebbero, perlomeno non sarebbero così numerosi, così efferati, così insistiti, così immotivati, inspiegabili.



Ormai anche i bambini sanno che la droga, ogni sostanza stupefacente e psicotropa, comporta l’abbassamento dei freni inibitori, dei limiti morali, fa risultare fuori controllo le azioni, ti fa sentire onnipotente, non ti fa pensare alle conseguenze dei gesti che compi. I bambini tutto questo lo sanno; non lo sanno, o non lo vogliono sapere, gli adulti, gli educatori, gli insegnanti, le forze politiche, le istituzioni.

La guerra più importante da vincere è senz’altro quella riguardante il mondo giovanile, ma possiamo farlo se non chiudiamo gli occhi verso le forze più pericolose, nocive e perniciose che si frappongono tra noi e i giovani stessi. Ci siamo arresi ancor prima di iniziare la guerra, anzi non ci abbiamo neanche provato. Invece è possibile tentare, farlo, riuscirci. Il cuore dei giovani lo vuole e lo dice, come quello di tantissimi adulti.