Invalsi ha recentemente pubblicato ed inviato ai dirigenti scolastici ampia documentazione relativa alla prove per il 2018, le cui principali novità consisteranno, per la scuola secondaria di primo grado, nella somministrazione computer based (Cbt) di tutte le prove e nell’aggiunta della prova di inglese, basata per questa prima somministrazione solo sulle abilità recettive, reading e listening, di livello A1-A2, che è il livello atteso per lo studente in uscita da questo ordine di scuola.
La somministrazione Cbt ha implicazioni pratiche facilmente intuibili: la prova si può svolgere in orari diversi e con gruppi variabili, perché lo studente si trova davanti una prova reading e una listening i cui tasks e items (cosa gli viene chiesto di leggere e ascoltare e le domande a cui deve rispondere) vengono estratte da una banca dati che garantisce che ognuno abbia la sua prova, “diversa” (nel contenuto) ma “uguale” per livello.
Inoltre le risposte prodotte dalle studente, qualunque sia la prova che sta sostenendo, italiano, matematica o inglese, vengono istantaneamente trasmesse ad Invalsi per la rilevazione, senza l’inserimento manuale sul sito finora necessario da parte dei docenti delle discipline coinvolte. Fatta salva la capacità dello studente di utilizzare lo strumento informatico messogli a disposizione, è evidente che la somministrazione può andare a buon fine, al dà delle competenze degli studenti, solo se la connessione internet presso l’istituto non solo è presente, ma, come sottolineato da Invalsi nel documento guida, “è buona”.
Invalsi mette a disposizione uno strumento diagnostico che permetterà alle scuole di verificare quanti studenti possono accedere al test online in simultanea, e ciò, con gli elenchi formalizzati forniti da Sidi e validati dalle segreteria entro fine marzo, dovrebbe portare al buon esito della prima rilevazione Cbt. Il numero dei computers non è un problema insormontabile, perché decade l’obbligo della somministrazione simultanea, e quindi anche una dotazione modesta può servire allo scopo; necessaria, non solo per buon senso, la presenza di una “figura con competenze informatiche” (Invalsi evita il termine “tecnico informatico”, che potrebbe mettere in crisi gli istituti) a cui spetterà, secondo le indicazioni operative che perverranno, di gestire la somministrazione del test ed eventuali problemi tecnici, senza poter però estendere il tempo della somministrazione.
Accanto a lui è previsto un altro docente, preferibilmente, ma non obbligatoriamente, “non della disciplina” testata: quindi per inglese meglio non il professore di inglese, ma volendo anche lui/lei. Il calcolo delle risorse umane da mettere a disposizione per le prove è strettamente correlato alla dotazione tecnica: avere 30 pc operativi e connessi non sarà come averne ad esempio solo 10, perché un più basso numero di pc porterà a più sessioni e quindi a dover rendere disponibili docente 1 e docente 2 con competenze informatiche per più ore e più giorni, oltre che a dover spostare gli studenti dalla loro classe al laboratorio informatico (non si fa menzione di tablets nel documento Invalsi).
Calcolando che il tempo di somministrazione del test di italiano e matematica è di 75 minuti e per inglese di 90, occorrerà calcolare due ore a sessione per tutte le prove, un tempo non breve (una delle caratteristiche fondamentali dei tests è l’economicità dei tempi di somministrazione). Il numero delle postazioni sarà un aspetto cruciale. Un ulteriore correttivo, visto che è (saggiamente) raccomandata la somministrazione delle tre prove in tre giorni diversi, sarà la richiesta del dirigente scolastico di modificare la finestra di somministrazione assegnatagli da Invalsi, sempre all’interno del periodo indicato per la somministrazione delle prove.
In sostanza si contano gli studenti, si verificano e si contano i pc disponibili e connessi, si aggiusta il tiro sulle tre o più giornate fra quanto proposto da Invalsi e quanto l’istituto abbisogna in base a dotazione tecnica e risorse umane necessarie, e si parte.
Solo a somministrazione effettuata, cioè dopo aprile 2018, si capirà tuttavia se l’aspetto “pratico”, vale a dire la modalità Cbt, avrà avuto successo, cioè se tutti gli istituti avranno adempiuto a quello che è “attività ordinaria di istituto” e che costituisce condizione di accesso per lo studente all’esame di terza media. Sarà inoltre interessante paragonare le rilevazioni di italiano e matematica per il 2018 con gli anni passati di prova cartacea, alla ricerca di possibili consistenti differenze (risultati mediamente migliori, peggiori, similari, differenze regionali, di istituto).
Alcune considerazioni sono tuttavia possibili anche ora. Innanzitutto, la famosa “banca dati” che promette di generare items “diversi ma uguali”, in base ai migliori principi di fairness che stanno alla base delle certificazioni internazionali a cui i sample tests resi disponibili dal ministero fanno evidente riferimento, che garanzie di fairness avrà? Costruire items equivalenti è un obbiettivo per nulla semplice da raggiungere, soprattutto se si tratta di reading e listening; scegliendo il testo da sottoporre si suppone una fruibilità da parte dello studente che in realtà può e varia molto a seconda di fattori personali e socioculturali, la cosidetta acculturation, nonché dell’affective filter. Se il filtro affettivo è elevato (cioè se la resistenza al contenuto del testo è elevato) la comprensibilità è inferiore. Inoltre il task assegnato deve ricadere in quella che è identificata dal redattore del task nell’esperienza comune al campione testato, vale a dire lo studente deve capire cosa deve fare, e non solo linguisticamente, ma cognitivamente. Infine il fomat degli items dovrebbe essere familiare allo studente, non tanto per ragioni meramente esercitative, ma perché in teoria un determinato format, così come il resto, presuppone una determinata “teoria dell’ apprendimento” da cui sono discesi anche gli items che lo studente si troverà davanti.
Si tratta di un’operazione delicata che, nel caso delle certificazioni internazionali, si affida a una lunga tradizione e a un elevato numero di risorse umane competenti; lungi da voler dubitare delle “competenze” dell’istituto di rilevazione nazionale, mi pare legittimo chiedere come si sia arrivati, o si intenda ad arrivare, alla creazione della banca dati suddetta.
Al momento è disponibile la descrizione delle prove, che si articolano come segue:
Reading: durata 40 minuti, con 3-4 compiti di livello A1 e 3-4 di livello A2.
Il compito di livello A1 sarà formato da un testo di lunghezza 110 parole con domande di comprensione, da 3 a 8. Il compito di livello A2 sarà formato da un testo di lunghezza massima 220 parole con 3/8 domande.
Tipologia di lettura richiesta: lettura veloce selettiva, lettura attenta.
Le domande saranno a: risposta multipla, aperta breve, vero/falso, collegamento.
Listening: durata 40 minuti, con 3-4 compiti di livello A1 e 3-4 compiti di livello A2.
I brani avranno durata di 2 minuti con domande di comprensione da 3 ad 8.
Tipologia di ascolto: selettivo e attento. Le domande saranno a risposta multipla, aperta breve e collegamento.
Gli esempi proposti sul sito corrispondono a quanto qui descritto, con la sola differenza che il vero e falso è in realtà un true/false/not given (cioè nel testo non si dice nulla a proposito di quanto proposto nella domanda, che rimane non verificabile: un’opzione molto interessante, ma che, per esperienza, non risulta sempre di immediata comprensione). Si tratta in sostanza di testi di lunghezza standard, il più possibili presentati come realia — biglietto invito, biglietti del museo, casa di Shakespeare con famigliola, etc, vista l’età dei discenti e i livelli linguistici A1-A2, e in cui si testa la comprensione del brano attraverso scanning e skimming; gli items sono multiple choice cloze, open answers (poche parole da riportare dal testo, ad es. un nome, una data, un luogo, un prezzo…) e matching.
Se lo studente ha familiarità con le certificazioni Cambridge Movers e Flyers (modalità assessment), o se ha svolto le attività di reading e listening che il suo libro di testo presenta in modo continuativo (modalità learning) e attuando le strategie sopra descritte di skimming e scanning (senza essere obbligato a tradurre e retro-tradurre il testo), o se ha risorse sue (di solito coincidenti o con films, canzoni o chats, o per i più fortunati soggiorni all’estero in estate cioè modalità acquisition), non si troverà in difficoltà di fronte al test Invalsi. Se nessuna delle tre modalità fa parte del suo percorso scolastico, la prova risulterà estranea e “difficile”. A meno che, come accade nel caso di disposizioni ministeriali, non sia la prova a determinare il percorso, indirizzando più docenti verso lo sviluppo almeno delle abilità ricettive di comprensione, siano esse legate alla lettura o all’ascolto.
Questo potrebbe essere un effetto delle rilevazioni Invalsi che precederà, ironicamente, la causa. Le rilevazioni nazionali dovrebbero infatti condurre ad un processo di miglioramento del sistema scolastico una volta effettuate, ma in vista del rilascio delle certificazioni delle competenze, che verranno scaricate dal sito Invalsi, qualche docente potrebbe decidere di indirizzare maggiormente verso la prova Invalsi la propria attività didattica. La cosa, in sé, non è certezza di miglioramento, perché esercitare una classe ad un test non garantisce di per sé l’apprendimento della lingua, soprattutto se le skills in gioco sono solo due e del tutto recettive, e l’effetto distorsivo di “dover fare i tests per preparasi al test” può annullare quel poco di beneficio che ci si potrebbe aspettare dall’esposizione a testi autentici e verificati in formati che abbiano attraversato un lungo processo di validazione, pur con il rischio continuo di cristallizzazione di quanto nato dalla ricerca in mera procedura.
Che il gioco si faccia non duro, ma leale e utile, ad ogni modo, è affar non dell’Invalsi, ma dei docenti.