La recente pubblicazione della circolare del Miur con le prime indicazioni operative in materia di esami di Stato conclusivi del secondo ciclo di istruzione (la n. 3050 del 4 ottobre 2018) ha riportato l’attenzione su una tematica, l’esame appunto, che aveva già un forte aggancio normativo nel decreto legislativo 13 aprile 2017 n. 62, dal quale è stato rivisto in alcune sue parti.



La circolare era per questo attesa e ha destato grande attenzione nel mondo scolastico e nei media. Ha un carattere soprattutto “ricognitivo” e si pone l’obiettivo di sistematizzare la materia e di fornire indicazioni chiare alle scuole in materia di esame di Stato.

Senza entrare nel merito dei giudizi che circolano sulla maggiore o minore validità delle novità introdotte dal decreto 62, vale la pena fare il punto sugli elementi che confermano il quadro normativo previgente e su quelli che possono essere considerati realmente innovativi.



Continuità. Rispetto alla legge previgente (la legge 1 del 2007, che già interveniva sull’impianto della riforma del 1997), alcuni elementi sono stati confermati. Il punteggio complessivo in centesimi, la soglia di superamento fissata a 60/100, la possibilità per la commissione di assegnare un punteggio integrativo e la lode, come pure la struttura e le funzioni dell’esame preliminare: sono tutte scelte che confermano il quadro precedente.

Anche la struttura della commissione, che dopo ampio dibattito è stata confermata in 3 (interni) + 3 (esterni) +1 (presidente), non muta tale quadro.



Gli esami per i candidati con disabilità o con Dsa rimangono sostanzialmente regolamentati come nella legislazione previgente. Ci sarà, dunque, una specifica e doverosa attenzione per questi studenti.

Novità
1) Rapporto tra credito scolastico e prove di esame. La scelta di fondo che può essere considerata maggiormente innovativa riguarda il riequilibrio della distribuzione del punteggio tra credito scolastico ed esito delle prove di esame. Passare dal 25 al 40% non è una scelta di poco conto. Come già avvenuto per l’esame finale del primo ciclo, il curriculum scolastico viene maggiormente valorizzato, con le conseguenti maggiori responsabilità per le istituzioni scolastiche e per i consigli di classe in particolare.

In un sistema ancorato ai voti numerici (in questo senso il Dpr 122/2009 non è stato modificato, né poteva esserlo considerata la portata della delega), il lavoro valutativo dei docenti diventa sempre più importante e delicato, come pure quello dei collegi, chiamati a definire con sempre maggior “attenzione docimologica” i criteri in base ai quali i consigli di classe andranno a operare.

2) Numero e tipologia delle prove di esame. È la questione che probabilmente ha attirato la maggiore attenzione; il primo elemento che salta agli occhi è l’abolizione della terza prova. Nata nel 1997 con grandi speranze e ambiziosi obiettivi, la terza prova di esame, predisposta dalla commissione, non è mai riuscita a “decollare” e a liberarsi della denominazione di “quizzone”, formulazione già di per sé dispregiativa e disorientante.

Non entro nel merito delle motivazioni per le quali la terza prova non ha prodotto effetti positivi; il discorso sarebbe lungo e complesso, perché attiene a fattori “molti e diversi”. Il decisore politico, in ogni caso, non l’ha più reputata adeguata, evidentemente, e l’ha abolita.

Nel nuovo esame di Stato, la prima prova scritta subisce alcune significative modifiche. Fermo restando l’obiettivo principe, che è quello di verificare la padronanza della lingua italiana, le tipologie di traccia vengono innovate, con una maggiore attenzione per la struttura delle stesse. La corrispondenza diretta tra tipologia e ambito tematico viene sostanzialmente superata. Infatti, le differenti tipologie testuali (A-B-C) potranno essere collegate ai diversi ambiti (artistico, letterario, filosofico, scientifico, storico, sociale, tecnologico). In quest’ottica, non è condivisibile la posizione di chi considera fortemente penalizzato l’ambito storico che, seppur non oggetto di un particolare tema (peraltro scelto in passato da una percentuale limitatissima di studenti), potrà (e a mio parere, dovrà) entrare come tematica dei testi proposti ai candidati.

Non mi soffermo sulla caratterizzazione delle diverse tipologie di prima prova, che sono ampiamente trattate nel documento di lavoro “Serianni”; sottolineo solo che viene confermata la scelta di tracce uniche per tutti gli indirizzi.

Per la seconda prova la novità più significativa potrebbe essere quella della scelta di una o più discipline. Intendiamoci: quella di introdurre una prova pluridisciplinare è una possibilità, non un obbligo per il ministro, è però una questione importante e molto interessante in prospettiva. Una riflessione approfondita in merito esula dalla collocazione e dallo spazio di questo intervento, ma qualche indicazione può già essere tratta dalle indicazioni metodologiche allegate alla circolare Miur n. 3050.

Piuttosto, vi è da sottolineare che, già da quest’anno, le prove scritte di ciascuna disciplina verranno supportate da un quadro di riferimento, elaborato a partire dai nuclei fondanti delle discipline caratterizzanti, e da una griglia di valutazione che potrà orientare e facilitare il compito delle commissioni: la pubblicazione dei Qdr e delle griglie, attesa a breve, potrà fornire elementi molto utili per tutto il sistema.

Altro elemento da sottolineare è il cambio di paradigma concernente il colloquio. Stretto negli anni scorsi tra la prevalenza delle “tesine” e gli aneliti ultra-disciplinaristi di molti commissari (per fortuna non tutti), il colloquio viene sostanzialmente ripensato; la nuova strutturazione richiederà alle commissioni un maggiore sforzo di predisposizione di una “traccia”, con la richiesta di preparare spunti da cui partire (per esempio, testi, documenti, esperienze, progetti, problemi). Allo studente verrà, quindi, chiesto un approccio non strettamente disciplinarista, nel quale l’integrazione dei saperi potrà/dovrà consentire di meglio valutare il conseguimento degli obiettivi di apprendimento propri del profilo di apprendimento.

Prospettive. Per ragioni di spazio, questo intervento ha volutamente tralasciato alcuni aspetti che meritano un approfondimento specifico; per esempio, i requisiti di accesso (sui quali il recente decreto “Milleproroghe” è intervenuto), l’apporto delle esperienze di alternanza scuola-lavoro, l’accertamento delle conoscenze correlate a “Cittadinanza e Costituzione”, oppure la questione della partecipazione alle prove standardizzate nazionali predisposte dall’Invalsi.

Il percorso della modifica dell’esame non si conclude di certo oggi. Altre disposizioni applicative verranno emanate. Adeguate misure di accompagnamento dovranno essere predisposte.

Vorrei però sottolineare, in conclusione, senza voler sottovalutare l’effetto di “retro-azione” del nuovo esame, che il punto di riferimento fondamentale per la progettazione didattica delle istituzioni scolastiche rimangono comunque le Indicazioni nazionali e le Linee guida del 2010 (le nuove Linee guida degli I.P. saranno progressivamente applicate per arrivare agli esami solo nell’anno scolastico 2022/2023). In altre parole, il “nuovo” esame di Stato si inserisce coerentemente nel quadro ordinamentale vigente e i nuovi Qdr non potranno fare altro che prendere spunto da esso.

Sulla maggiore o minore efficacia del nuovo esame di Stato non è semplice esprimere un giudizio; certamente, le scuole dovranno essere accompagnate in un percorso non solo applicativo, ma anche riflessivo, che dovrà essere verificato nel medio/lungo termine con attento monitoraggio.