L’attuale sistema di accesso alla facoltà di Medicina è problematico, non meritocratico, troppo stringente e colmo di incongruenze. Ma è davvero sensato superare il numero chiuso? 

Nonostante continuino a rimettere al centro del dibattito politico la formazione dei giovani medici, le intenzioni di palazzo Chigi generano esclusivamente maggiore confusione. Non servono facili proclami, oggi serve aprire una seria discussione con le rappresentanze studentesche e le associazioni di giovani medici sulla formazione post-lauream: per cominciare, ad esempio, il Cnsu ha appena richiesto un aumento ingente delle borse di specializzazione, in risposta al fabbisogno crescente del numero di medici. 



È necessaria una programmazione corretta e strutturale, di concerto tra Miur e Miss, che promuova da un lato modifiche legislative e finanziamenti al fine di aumentare i posti disponibili all’ingresso e dall’altro un importante investimento sui contratti per la formazione specialistica in modo da riuscire, finalmente, a coprire il fabbisogno di medici del nostro Sistema sanitario nazionale. 



Tutto ciò che eccede il fabbisogno si risolve in uno spreco di risorse, di intelligenze e talenti. 

Nessuna programmazione, infatti, nemmeno la più dettagliata e articolata, potrà mai superare questo scoglio. Chiedere l’abolizione del numero chiuso altro non è che un ideologico slogan politico-elettorale. Serve realismo: che ne sarà dei medici laureati che non avranno a disposizione la borsa di specializzazione? E se anche le borse aumentassero in misura tanto consistente da coprire tutti i laureati, che ne sarà di tutti quei medici specializzati che non avranno alcuna speranza di seguire la propria vocazione: curare le persone? 



Questa è la strada che il ministero dovrebbe seguire. Solo affrontando questa tematica nella sua interezza e nel legame tra realtà universitarie e dell’offerta lavorativa sanitaria è possibile approfondire i cambiamenti strutturali che sono in evoluzione nell’ambito sanitario. 

Non si tratta di garantire accessi privilegiati o posizioni di rendita all’interno di percorsi selezionati per pochi: la sfida oggi, per noi studenti e per la politica, è cercare soluzioni rispondenti alla realtà attuale al fine di assicurare alta formazione di base e percorsi di specializzazione di qualità per tutti coloro che legittimamente aspirano alle professioni mediche.

Il Governo Conte si definisce “governo del cambiamento”. Ma il cambiamento è giusto solo quando non butta via indiscriminatamente quello che c’è stato prima. Problemi complessi e così rilevanti per la vita di migliaia di giovani non possono essere maltrattati con facili slogan o soluzioni-cerotto. A meno che il cambiamento che si cerca non sia piuttosto un solo, facile, ritorno elettorale. Ma quanto sterile?