Caro direttore,
è stato pubblicato, pochi giorni or sono, il XX Rapporto sulla scuola cattolica “Personalizzazione e progetto educativo” (Ed. Scholè) del Centro studi scuola cattolica (Cssc), con la consueta e utilissima appendice statistica: “Venti anni di scuola cattolica in cifre 1997/2018”.



Non mi soffermo sull’interessantissimo tema della personalizzazione, che merita una trattazione approfondita a parte e probabilmente competenze più elevate delle mie. Vorrei invece provare a dire qualcosa su quanto emerge dall’analisi dei numeri. Lo studio, raccogliendo i dati degli ultimi vent’anni, è in grado infatti di offrire una panoramica ampia sull’andamento delle scuole cattoliche e, più in generale, delle paritarie nel nostro paese.



Uno sguardo complessivo ai numeri conferma, purtroppo, quanto già da altre fonti è stato più volte denunciato: la scuola non statale italiana è seriamente in affanno e la linea di tendenza al ribasso, che si sperava fosse solo temporanea e dovuta a fattori contingenti, è ormai diventata cronica.

Ogni anno chiudono alcune centinaia di istituti paritari di ogni ordine e grado, e fra queste anche alcuni con tradizioni secolari. Nel 2013 le scuole paritarie erano 13.625, oggi sono 12.662. Gli alunni, che avevano toccato un apice di quasi un milione e 100mila unità nell’anno scolastico 2009/2010, sono oggi meno di 900mila (879.158 per la precisione).



L’incidenza in percentuale sul totale degli iscritti alle scuole italiane è passata dall’11,2% del 2013 al 10,4% odierno, complice anche il drammatico calo demografico che colpisce il nostro paese e che nelle paritarie — a differenza delle statali — è stato solo in minima parte compensato dal flusso dell’immigrazione.

Una crisi, insomma, dalla quale al momento non si vede via d’uscita. Il temporaneo e parziale sollievo alle diffuse difficoltà economiche, conseguito negli ultimissimi anni grazie alle battaglie sostenute dalle associazioni di settore e dall’impegno di qualche coraggioso parlamentare, non è stato sufficiente a invertire la tendenza. Tanto più che il nuovo ministro non sembra affatto intenzionato a confermare le attuali linee di finanziamento.

La sensazione è che ci si trovi a un punto di svolta. La scuola paritaria — e con essa ancora di più quella cattolica, data la crisi vocazionale di molte congregazioni storicamente dedite all’educazione — pare avviata a diventare sempre di più soluzione di nicchia per pochi che se la possono permettere o che, per solidissime convinzioni ideali, pur con pochi mezzi sono disposti a grandi sacrifici. Permane uno “zoccolo duro” di scuole che si sono attrezzate per resistere ad ogni bufera, grazie ad una gestione lungimirante e in non pochi casi innovativa anche sotto il profilo aziendale. Tuttavia, la fase espansiva che si era verificata nel primo decennio del nuovo millennio, e che faceva sperare in una possibile liberalizzazione dell’intero sistema nazionale di istruzione alla stregua di altri paesi europei, pare ormai da archiviare nel cassetto delle pie illusioni. Un piccolo seme di speranza è rappresentato dalla crescita delle scuole parentali, ma anche su questo occorrerà una trattazione a parte.

Nella classe politica in generale non si ravvisa una diffusa sensibilità e attenzione nei confronti della libertà di educazione. I più non hanno neanche una sufficiente conoscenza dell’argomento e riservano poca attenzione al tema della scuola, considerata un settore che costa molto e non genera ricchezza immediata, nonostante alcune occasionali dichiarazioni sull’importanza di investire sui giovani e sulla cultura. Del resto, come si dice, “contra factum non valet argumentum”: in legge di bilancio, la spesa per istruzione in rapporto al Pil, già inferiore da sempre alla media europea, passa dal 3,6 al 3,5 per cento… Inutile dimostrare che allo Stato conviene mantenere in salute l’istruzione non statale, che costa molto meno ed è in grado di produrre livelli di eccellenza, proprio grazie alla personalizzazione su cui si concentra il XX Rapporto del Cssc; inascoltate nei fatti le richieste di introdurre il costo standard anche per l’istruzione; inutile mostrare quanto si fa in tanti altri paesi, europei e non, che favoriscono una sana competizione fra scuole statali e private. Sembra di essere davanti a un muro di gomma. Magari più dialogante e sorridente di una volta, ma pur sempre di gomma.

Ma la cosa che preoccupa maggiormente è l’impressione che sia mutato il clima sociale e stia venendo meno, forse perché soffocata da altre emergenze apparentemente più gravi, o dal frastuono della bagarre sociale che caratterizza questi ultimi anni, la consapevolezza dell’importanza della libertà di educazione da parte della gente comune. La grande spinta dal basso che ha caratterizzato le battaglie per la libertà di educazione negli ultimi decenni del secolo scorso, pare essersi esaurita. E se il popolo tace, appagato da panem et circenses oppure concentrato su questioni di altra natura, anche l’azione di chi nelle alte sfere si dà da fare perde appoggio e consistenza.

Il rischio più grande, oggi, non sono quindi gli accaniti difensori dell’impianto statalista dell’istruzione, gli oppositori storici che hanno sempre e comunque, a dispetto di ogni evidenza, ostacolato e denigrato la scuola paritaria, ma l’indifferenza diffusa, l’assopimento delle coscienze. Un’indifferenza per i temi forti dell’educazione che va di pari passo con la crisi e lo sfaldamento sempre più grave delle famiglie.

Anche per questo, forse, la libertà di educazione (e di conseguenza la parità) pare ormai essere questione per addetti ai lavori, delegata a specialisti come le associazioni o come le stesse istituzioni scolastiche, insieme a quei pochi politici che ancora l’hanno a cuore. L’uomo della strada – persino il cattolico “della strada” – pare che se ne curi sempre meno. A chi interessa oggi, davvero, la libertà di educazione? Non è ormai una battaglia di retroguardia?

Non c’è da stupirsi, allora, se le famiglie sempre meno portano i figli nelle scuole paritarie: “niente è tanto assurdo quanto la risposta data a una domanda che non si pone”… Molto meglio dormire sonni tranquilli tra le braccia di mamma-Stato. Tanto più che la ninna-nanna è gratis.