Novità dal governo del cambiamento sul fronte scuola? No; anzi, confermata la scelta di procedere a marcia indietro. Alla circolare ministeriale n. 3050 del 4 ottobre sull’esame di Stato si sta dando un grande rilievo, come se chiarisse o introducesse chissà quali novità. In realtà la circolare — a firma del capo dipartimento Carmela Palumbo — richiama semplicemente il combinato delle previsioni di legge già in vigore, ossia cose che nel mondo della scuola dovrebbero (il condizionale è d’obbligo…) essere già note, aggiungendo solo qualche indicazione sulla tempistica delle disposizioni applicative e sulle misure di accompagnamento. 



Le novità sull’esame di Stato sono tutte ascrivibili al D.Lgs 62/2017 (Gentiloni-Fedeli) attuativo della legge 107/2015 (c.d. “Buona Scuola”). I “cambiamenti” introdotti dal nuovo governo stanno invece tutti sul versante del depotenziamento di alcuni aspetti innovativi della 107, ossia nel rinvio al 1° settembre 2019 delle due condizioni di accesso all’esame concernenti la partecipazione degli studenti alle prove Invalsi nell’ultimo anno di corso e lo svolgimento delle attività di alternanza scuola-lavoro.



Su questo due brevi considerazioni. Il D.Lgs 62 attribuisce un peso decisivo al credito scolastico, in cui si traduce quantitativamente il rendimento scolastico. Giusto? Sì, perché assegna un peso non irrilevante anche al percorso svolto dal ragazzo. Ma ciò dovrebbe avvenire almeno ad una condizione: che la valutazione scolastica tradotta nel credito sia ancorata a parametri oggettivi e non lasciata, com’è ora, alle diverse sensibilità (diciamo così) dei docenti. 

Il problema è più che noto: un 7 attribuito da un docente o da un consiglio di classe in un determinato territorio o in un indirizzo della stessa scuola equivale anche a un 5 di un altro docente o consiglio di classe. Perché i pesi (il valore quantitativo) attribuiti ai diversi indicatori o descrittori sono assolutamente variabili e dipendono dai parametri — troppo diversificati — che ognuno, anche in buona fede, ha nella propria testa. Oppure perché si assume quale standard di risultato il livello medio del target di alunni con cui si ha a che fare. 



Così il rischio è da un lato quello di aggravare ancora di più il fenomeno delle disparità del voto finale d’esame tra le scuole e tra le diverse macro-aree del Paese su cui con grave, anzi gravissima responsabilità nessuno è ancora intervenuto; dall’altro di realizzare solo una falsa promozione culturale e sociale, lasciando chi si trovava ad un basso livello di preparazione nel suo stato iniziale e negando a chi se lo merita il giusto riconoscimento. Le prove Invalsi, con tutti i limiti che vogliamo loro attribuire, di fatto introducevano un parametro univoco, su cui misurarsi e misurare. Perché rinviare, allora? Scelta pesante, molto pesante.

Secondo messaggio, negativo, forse lanciato per tranquillizzare un’ampia platea di docenti, soprattutto dei licei: rinvio anche dell’obbligo dello svolgimento dei percorsi in alternanza nel secondo biennio e nell’ultimo anno di corso. Rinvio a fronte del fatto che in molti casi non si è dato seguito alla previsione della norma e quindi per permettere a tutti di allinearsi? Premiando ancora gli inadempienti e i ritardatari, alla faccia di chi invece si è dimostrato corretto e si è misurato con la nuova sfida? Oppure perché si prende tempo in attesa di una modifica della previsione normativa dell’obbligatorietà dell’istituto stesso dell’alternanza, come peraltro già preannunciato?

L’Asl — se realizzata per quel che è, ossia come esperienza reale, non come contenitore dove riciclare tutto ciò che non rientra nel quadro orario tradizionale — costituisce un potente fattore ad un tempo educativo-formativo, orientativo e didattico, perché permette, e costringe, sia gli studenti che i docenti a misurarsi con la realtà, ad un approccio didattico non astratto/trasmissivo, che mette in gioco la loro persona e le loro capacità, facendo emergere aspetti che altrimenti rimarrebbero nascosti. Ma di certo un boccone indigesto per le modalità tradizionali e fuori tempo di fare scuola. E’ forse questo il vero motivo per cui la si rinvia?

Adesso aspettiamo le griglie di correzione delle prove, che nelle intenzioni del ministero dovrebbero garantire l’omogeneità e l’equità in sede valutativa. Anche se non si comprende bene come queste possano costituire un parametro oggettivo in sede di determinazione quantitativa del risultato. Ciò che serve infatti non sono voci omogenee di una griglia valutativa cui ancora ognuno potrà attribuire pesi diversi, ma una misurazione omogenea ed attendibile.