Ho partecipato dal 25 al 27 ottobre a Perugia al Consiglio Nazionale della Disal, associazione di presidi di cui mi onoro di essere presidente per la sezione pugliese. Il tema e il titolo mi hanno subito colpito e convinto: “Una scuola delle persone”. Mettere ora al centro della riflessione tra presidi non i Pon, non progetti particolari o altri adempimenti e normative ma la persona induce a riflettere e a chiedersi che cosa è accaduto negli ultimi anni nella scuola. Si è forse persa negli ultimi tempi la dimensione semplice e diretta di quanto siano importanti le persone?



Forse sì. Eppure importantissimi sono gli alunni che ci sono affidati, con il loro bagaglio di piccoli e grandi problemi. Importanti sono le famiglie con le loro tensioni, il loro bisogno di confronto e talvolta di aiuto nel difficile mestiere di educare. Importanti sono gli educatori, i docenti, il personale della scuola, tutti sfidati quotidianamente, per tante ore, ciascuno con il proprio limite, nel rapporto con giovani e i giovanissimi, con i loro bisogni, le loro inquietudini e con la loro gioia di esplorare e di vivere.



Insomma, importanti sono le persone con le loro identità, le loro storie, i loro bisogni e fragilità: con le loro capacità e incapacità di affrontare e risolvere problemi in una sfida educativa nel nostro presente, caratterizzato dal venir meno di quelle certezze, soprattutto relazionali, affettive e di sicurezza, di cui in fondo tutti avvertiamo l’esigenza. 

E allora? Spesso scattano le paure: paura di non ricevere ciò che è dovuto, paura di non farcela, paura di non essere “curati”. Paura di essere violati e non rispettati adeguatamente dalle istituzioni che non rispondono, dalla maestra, percepita distratta, che non ha capito il bambino, o dai docenti a volte ritenuti non adeguatamente preparati, che pretendono troppo o troppo poco; paura di non essere capiti dai compagni, che non comprendono e che possono prendere in giro o addirittura far violenza, dagli altri genitori, che difendono a volte ciecamente il proprio figlio, persino in un banale alterco tra piccoli. 



È innegabilmente vero che tali fatti negativi (la lista sarebbe infinita, ma basta sfogliare i giornali o curiosare in tv) possono sempre accadere e che vanno sempre prevenuti e, quando gravi, condannati nelle modalità adeguate. Eppure, in tutta questa condizione sempre più diffusa, assodato che bisogna intervenire con sempre maggiore efficacia, ciò che mi intimorisce maggiormente come educatore, preside e uomo è la paura. Una paura che a volte rischia di sfuggire di mano e divenire irrazionale. 

Una paura come fenomeno sempre più diffuso, quasi contagioso: la paura dell’altro percepito sempre con diffidenza, di un altro di cui non bisogna fidarsi, quasi segua interessi privati e prevaricanti, di un altro avvertito come antagonista, che non è per me e che mi vuol comunque “fregare”, perché distratto, incapace, avviluppato nel guscio dei suoi interessi individualistici e contrastanti con quelli miei e con quelli sociali. 

Questa diffidenza timorosa, questa paura, favorisce il progressivo dissolversi della capacità di dialogo, di ascolto aperto, di solidarietà, di coesione… di amicizia, col conseguente venir meno di quei naturali rapporti di fiducia, che costituiscono l’elemento fondante e il sentimento più importante nel garantire un’armonia tra attori, che sono sempre più individui e sempre meno persone

È evidente che si tratta di un tema che va ben oltre la scuola e riguarda le società contemporanee e, oltretutto, vastissima è la letteratura su questi temi e numerose sono le suggestioni che in tal senso riverberano financo nell’arte e nella filosofia. 

Per questo credo che, in un momento come l’attuale, come gente di educazione e di scuola convenga ritornare sulla persona, convenga orientarsi e investire sulla persona (nell’alto significato e valore etico, morale e sociale del termine) e sui rapporti tra le persone. Questo costituisce la (nostra) sfida straordinariamente più importante. Per costruire e ri-costruire insieme una scuola di tutti, con uno sguardo alle persone reali: muovendo dall’attenzione ai bisogni di ciascuno, alle sue mancanze, e protesi insieme a tradurle con creatività in azioni e relazioni positive, volte alla ricerca e all’affermazione di un bene comune, di tutti e di ciascuno. 

Sì! È questo il volto (umano) atteso, oggi più che mai, dall’emergenza educativa.