Lasciamo che scorra il tempo del dolore, troppo grande quando a rimanere sull’asfalto sono giovanissimi ancora lontani dalla maggiore età. Lasciamo che il cordoglio dagli amici e persino dei politici cerchi di lenire — almeno un po’, per quanto possibile — il pianto di chi è rimasto, magari a chiedersi dove ha sbagliato. Non è vero, non è sempre vero che il tempo lenisce. Dipende. Poi però sono proprio quelle morti — dei ragazzini schiacciati nella calca della discoteca nell’anconetano e di una mamma — a chiederci perché. Non il motivo all’origine della calca, non la congruità delle misure di sicurezza. Anche, ma non basta. Non può bastare.



Meglio: non deve. A costo di passare per retrogradi, oscurantisti o peggio, dobbiamo porci la domanda che solo una generazione fa quasi tutti si sarebbero posti: che ci facevano 14-16enni, adolescenti appena usciti dalla scuola media, all’una di notte in una discoteca? Immagino che ce li abbiano portati padri e madri trepidanti, immagino le loro raccomandazioni piene di timore e tremore (e se circolasse droga? E se ci fosse in giro qualche maniaco? E se…), immagino le richieste di promesse (“promettimi di non bere, di non andare col primo che capita, di non farti trascinare dalle cattive compagnie…”). Come se non si sapesse che in certi ambienti e a certe ore le “cattive compagnie” rappresentano qualcosa in più dell’eccezione (per non parlare di chi gestisce i locali e vende più dei biglietti consentiti).



Certo, la figura che va per la maggiore è quella del papà e della mamma “amici” dei loro figli. Guai mostrarsi autoritari. Meglio fingere di rimanere autorevoli dispensando pacche sulle spalle, battute pesanti, slang alla moda a fare da sfondo alla peggiore delle “filosofie di vita”: il buonismo. No, tranquilli, nessuna volontà di fare di tutte l’erba un fascio.

Pero, però… la domanda ritorna. La giriamo così: è giusto, è normale, è educativo che un adolescente si chiuda una notte — con il consenso dei genitori — nel frastuono di una discoteca  “solo” perché “così fan tutti” (non è vero, ma la scusa è buona anche per adulti à la page) ad ascoltare l’idolo del momento? Ok, d’accordo, la musica classica è roba per (pochi) adulti. Ad una certa età “bisogna” ascoltare solo rap e dintorni. Ci sta. Però, però… Quelle famiglie tanto “aperte” verso i loro figlioli hanno provato ad ascoltarle, le canzoni di Sfera Ebbasta? Questo il testo di una delle sue ultime creazioni, Popstar: “Sfera Ebbasta mucha salsa, huh/ Euro ballano la samba (i-aah)/ Ordino la tua ragazza, huh/ Su Just-Eat come la pasta (uh, yah, yah, yah)”. Un vero capolavoro letterario. Forse capolavoro è troppo. Proviamo con Uh Ah Hey: “Ho l’ansia se non fumo, non l’ansia da/ prestazione (pneumatici 21, faccio slittare le gomme (skrt, skrt sulla? Tu stai su una Smart, ah/ quando salgo in car niente chiave, schiaccio/ start, ah/ skrt.skrt!”.



Vabbè, i futuristi in confronto erano dilettanti. Ma poeti. Perché questo erano andati ad ascoltare i giovanissimi di Ancona: frasi senza senso. Che possono anche piacere, perché “de gustibus non est disputandum”, ma che rimangono oggettivamente ciò che sono e a cui i nostri giovani sono stati abbandonati: nulla. Con il placet (informato?) dei genitori, in attesa trepidante (“starà andando tutto bene? Speriamo che non beva, non fumi, non si droghi”) di una telefonata per riportarli a casa dopo una serata nel nulla di una discoteca.