Tienilo acceso di Vera Gheno e Bruno Mastroianni (Longanesi 2018) si presenta come un viatico all’uso intelligente e discreto dei social network. Naturalmente, quello che è da “tenere acceso” non è tanto il pc o lo smartphone, ma il nostro cervello, insieme con il senso della misura e del discernimento: così recita infatti il sottotitolo del volume: Posta, commenta, condividi, senza spegnere il cervello. E allora, immaginiamo di avere davanti un manuale, non necessariamente solo per principianti del web, e proviamo a immaginare una presentazione del volume sul modello di quelle che vengono proposte per i libri di testo che scegliamo di adottare a scuola.
Vera Gheno, esperta in sociolinguistica e docente presso l’Università degli Studi di Firenze, è autrice di vari saggi, membro della redazione di consulenza linguistica dell’Accademia della Crusca e responsabile del profilo twitter dell’Accademia stessa: una professionista versatile, ben lontana dalla rigidità che associamo quasi per statuto a chi lavori per questa prestigiosissima istituzione, che ci viene spontaneo immaginare come un topo di biblioteca sommerso da antichi libri polverosi. Bruno Mastroianni, da parte sua, esperto in comunicazione e già docente presso varie istituzioni universitarie di corsi aventi per oggetto il web e le strategie comunicative, ha tenuto corsi di Comunicazione di crisi e gestione di conflitti online e offline in aziende e organizzazioni non profit.
Se e quando i social network diventeranno materia di studio scolastico, o verrà loro dedicata un’ora settimanale di insegnamento curricolare, Tienilo acceso potrebbe essere il manuale ideale, come dimostrano le numerosissime presentazioni già fatte dagli autori nelle scuole. Gli autori, in queste pagine, ci guidano, passo passo, esattamente come in un manuale scolastico, a decrittare i meccanismi e le dinamiche che si verificano nel popolo dei social: a conclusione di ogni sezione del saggio, poi, troviamo in uno schema che graficamente ci ricorda lo schermo di uno smartphone, la sintesi dei contenuti proposti.
Un manuale per l’uso ragionato e intelligente dei social network, infatti, è necessario: lungi dallo snobismo con cui alcuni grandi intellettuali e professionisti arrivati guardano ancora oggi a questi strumenti, bisogna riflettere sul fatto che essi ormai fanno parte integrante del nostro mondo, e sono anzi mezzi potentissimi, che, tra l’altro, ci consentono di reperire a portata di click tantissimi contenuti da fonti serie e vagliate, in precedenza raggiungibili con maggiore sforzo.
In poco più di vent’anni ci siamo velocemente evoluti a partire da una situazione iniziale in cui la rete era un territorio per pochi, solo per quanti sapevano usare gli strumenti, software e hardware, quelli che potremmo chiamare “cacciatori” del cyberspazio.
Essi sapevano come muoversi e andavano a caccia di contenuti e informazioni, riuscendo a stabilire connessioni e collaborazioni con altri cacciatori, per poi metterle a frutto per i propri scopi: era l’epoca dei primi newsgroup, forum, siti specializzati, utilizzati da una comunità ristretta e consapevole. Oggi, però, la rete è, letteralmente, in tasca a tutti, a portata di smartphone, e la connessione è costante e accessibile: persone distanti e pressoché inavvicinabili tra di loro hanno cominciato a trovarsi vicine e interconnesse, con il risultato di far incontrare punti di vista, prospettive, linguaggi, esperienze politiche ed esistenziali diversissime; da qui il proliferare di confronti e discussioni, che spesso degenerano in scontri e litigi. Hanno quindi iniziato a emergere i “guerrieri” del web: campioni delle visioni tipiche di parti di comunità in contrasto e portatori di una capacità di accapigliamento continua a suon di post, tweet, commenti velenosi. Purtroppo, sottolineano gli autori, i guerrieri sono spesso diventati un punto di riferimento e un modello di comportamento, dato che spesso si ergono a difensori di interessi e ideali calpestati.
Ma in realtà, mentre il terreno si divideva fra battute di caccia e guerre di influenza, fin dall’inizio c’è stato in rete un altro tipo di popolazione: una schiera di utenti discreti e laboriosi, consapevoli e capaci, e per nulla approfittatori; gente che non ha mai visto la rete come un’area di caccia o un terreno di scontro, ma come un campo da coltivare. Questi, che potremmo definire “contadini digitali”, fin dal primo modem collegato, avevano inteso la realtà on line come occasione per curare contenuti e fare crescere relazioni. E così, quando sono arrivati i social con il loro popolo, essi erano già pronti. Ed è grazie a loro, a questi “contadini digitali” che ci sono campi in cui le relazioni on line crescono sane e robuste, e si coltivano contenuti che nutrono discussioni le quali, a loro volta, porteranno frutti durevoli.
E siccome i social servono, soprattutto, per comunicare e parlare con altri, anche se non ci sono delle linee-guida tassative da seguire ricordiamo il breve e sintetico “dodecalogo” che gli autori ci presentano, e che ci ricorda come le idee migliori nascano dal dissenso e dalla discussione; come se comunichiamo con il reale intento di farci capire, le nostre interazioni ne guadagneranno; come le parole vadano pesate accuratamente; come sia necessario, se siamo in disaccordo con qualcosa, dissentire nel merito, e non aggirare le questioni, discutendo senza gonfiare argomentazioni e competenze.
In sostanza, contro la tendenza a usare superficialmente e impulsivamente i social, scrivendo di getto, per poi spesso pentirsi, gli autori ci prospettano una vecchia, aurea regola: scrivere sempre pensando che quanto pubblichiamo possa venire letto da nostra madre.