Al recente annuncio della seconda prova scritta dell’esame di Stato, le reazioni dei maturandi del liceo scientifico sono state prevalentemente di sollievo: fisica spaventa molto di più, non solo perché sarebbe stata la prima volta (se si escludono le maturità degli indirizzi sperimentali dei decenni scorsi), ma per molte ragioni su cui ho già avuto occasione di scrivere su queste colonne.



Quest’anno molti (incluso chi scrive) si aspettavano l’esordio di fisica, e invece così non è stato.

Ma vediamo di ricostruire la storia di questa innovazione, che nonostante gli annunci non si è ancora realizzata.

Nel 2010 l’allora ministro Mariastella Gelmini vara il riordino della scuola secondaria di secondo grado: le Indicazioni nazionali per i licei e le Linee guida per gli istituti tecnici e professionali vanno a sostituire i programmi ministeriali (quelli del liceo scientifico risalivano al 1943!, ma erano ormai integrati da una sedimentata prassi didattica).



Nel corso dell’anno scolastico 2014/2015, il Miur emana una nota in cui definisce le materie caratterizzanti ciascuna scuola secondaria, in vista della prima maturità degli indirizzi di studio riordinati; la novità più significativa riguarda proprio il liceo scientifico, nel quale alla matematica si affianca fisica, alle quali si aggiunge scienze nell’indirizzo di scienze applicate.

Nel giugno 2015 si celebra il primo esame di Stato in cui fisica potrebbe essere inserita nella seconda prova. Ma l’attenzione di tutti è sulle rinnovate prove di matematica in cui vengono introdotti problemi di realtà, in cui i candidati devono saper utilizzare la matematica in un contesto reale: la cella della telefonia mobile e il serbatoio condominiale sono i nuovi scogli con cui si misurano i maturandi del 2015 e del 2016.



A dicembre 2015 viene pubblicato il Quadro di riferimento per la seconda prova di fisica, anticipando la legge 107/2016 che lo prevede per tutte le materie oggetto di prova scritta (a tutt’oggi è ancora l’unico ad essere stato pubblicato).

Nell’autunno 2016 il Miur promuove una serie di conferenze regionali di servizio sulla seconda prova di fisica, in cui vengono discussi con gli insegnanti simulazioni ed esempi.

Nel gennaio 2017 viene pubblicata un’ulteriore simulazione, più adeguata delle precedenti (a giudizio di chi scrive ovviamente). Tutto fa presagire che il 2017 sarà l’anno buono, ma, proprio dodici mesi fa, “esce” ancora matematica; nello stesso tempo viene indicato un membro esterno di fisica nella composizione delle commissioni: nel gergo scolastico “matematica interna, fisica esterna”, mentre in tutte le edizioni precedenti dell’esame di Stato, il commissario era unico per entrambe le materie. Per chi non è avvezzo a queste logiche, la scelta del Miur, per ragioni di equa suddivisione dei quesiti tra commissari interni ed esterni, fa sì che fisica sia introdotta nella terza prova, dalla quale, per le stesse ragioni era quasi sempre stata esclusa. Il senso di questa manovra sembra potersi tradurre così: “attendiamo ancora per fisica nella seconda prova, intanto la introduciamo nella terza”. Insomma, un modo saggio di avvicinare con gradualità studenti e docenti alla novità.

Eccoci a gennaio 2018: ancora matematica. Come mai?

Forse il Miur non ritiene che gli alunni dei licei scientifici siano pronti a sostenere una prova di fisica? O che le Indicazioni del 2010 non siano ancora entrate nella pratica didattica delle nostre scuole?

In ogni caso questo ulteriore rinvio rende meno attendibile il Miur che ha portato avanti con prudenza, ma anche con convinzione questa innovazione.

Forse avrebbe fatto bene a tutti, in un contesto in cui la credibilità è fondamentale, proporre da quest’anno la seconda prova di fisica, lasciando alla struttura tecnica del Miur, che nei passaggi sopra ricordati ha dato prova di prudenza e capacità di ascolto, di dimostrare che fisica non è necessariamente uno spauracchio.