In questa campagna elettorale le grandi assenti sono, paradossalmente, l’educazione e la scuola. Visioni parziali e/o preconcette suggeriscono soluzioni limitate e per grado di istruzione e per vision complessiva. 

E se nella scuola tutto si tiene e tutto ha implicazioni a più livelli, il primo dato da registrare di fronte a fatti di cronaca che ci parlano del malessere di alunni, docenti, famiglie e di una società intera è la necessità di una presa in carico civile ed istituzionale non più demandabile in modo esclusivo a sindacati, politici e persone di buona volontà. La proposta di una Costituente della Scuola, così come suggerita dal manifesto degli insegnanti e dei presidi di Diesse, mette il dito nella piaga ricordando che la questione educativa rappresenta non una, ma la principale emergenza del nostro Paese. Scopo del manifesto è porre il tema del futuro della scuola come occasione di confronto per tutti. Per riscoprire le ragioni profonde — e non scontate — del vivere insieme non possiamo prescindere dalla scuola che è il luogo privilegiato dove una comunità di adulti, educatori, insegnanti e dirigenti ogni giorno entrando in classe accettano la sfida del rapporto con bambini e ragazzi. Questo lavoro rappresenta la vera speranza del rinnovamento della scuola e della società.



Se ci fosse un’educazione del popolo nel Paese, nelle città, nei quartieri, tutti starebbero meglio e non arriveremmo al voto confusi e spiazzati da una realtà politica sempre più liquida e da un atteggiamento sempre più sfiduciato, diffidente ed aggressivo. 

Alla politica si chiede di rimettere al centro la funzione originale e specifica della scuola perché l’educazione è una risposta decisiva alle domande dell’uomo sulla situazione attuale soprattutto per quanto riguarda le divisioni acute, i rancori radicati, la delegittimazione reciproca e la violenza che in questi giorni si rende evidente. L’educazione può essere descritta come un processo attraverso cui gli adulti di una società si prendono cura della generazione più giovane per aiutarla a stabilire un rapporto positivo e concreto con la realtà. L’emergenza educativa attuale richiede la ricerca dello scopo per cui vale la pena studiare, costruire, vivere relazioni positive e ricucire un tessuto comunitario. Si tratta di rimettere a tema la valorizzazione del capitale umano. La qualità della convivenza tra le persone non dipende soltanto dai capitali finanziari, da adeguate competenze professionali, da un’efficiente organizzazione e da una larga libertà di azione. Essa è strettamente legata a quella formidabile risorsa coesiva rappresentata dall’insieme delle reti educative e sociali, gruppi di persone tra loro in relazione per vincoli ideali, ragioni di lavoro e interessi comuni. Questo insieme di relazioni comunitarie all’insegna della sussidiarietà è la più grande risorsa del Paese.



Il prossimo appuntamento elettorale può rappresentare ancora la possibilità di un confronto super partes che, superando sterili contrapposizioni, dopo anni di riforme e controriforme consenta di avviare una riflessione che coinvolga tutti i soggetti interessati per individuare insieme le criticità da affrontare e per definire alcuni importanti e necessari interventi in una strategia di largo respiro. Un inizio di confronto che porti, a 70 anni dall’entrata in vigore della Costituzione, ad una vera e propria “Costituente per la Scuola” perché la scuola è un bene comune di tutto il popolo, dove si possano porre le basi per un nuovo sviluppo economico, culturale e sociale del Paese.



Nella maggior parte degli stati europei le scuole sono autonome perché in grado di assumere decisioni, anche economiche, nei limiti della legge e nel quadro generale normativo dell’istruzione. L’autonomia pertanto non può ritenersi raggiunta solo sulla base del decentramento delle competenze dal centro alla periferia. L’assetto istituzionale, ordinamentale, culturale e professionale della scuola italiana è ancora segnato dal controllo centralistico del sistema di istruzione. Rilanciare l’autonomia scolastica, sempre esaltata, ma di fatto profondamente limitata da una serie di vincoli e da ricorrenti spinte centralistiche specie dell’amministrazione, rappresenta la condizione necessaria affinché la comunità scolastica possa essere davvero protagonista dell’offerta formativa corrispondente alle esigenze dei ragazzi e delle necessità delle famiglie.

C’è bisogno di una Costituente per la scuola che lavori sull’educazione come bene comune attraverso la sussidiarietà, la partecipazione e la condivisione di tutti. C’è bisogno di una sussidiarietà verticale ed orizzontale oltre lo statalismo centralista. C’è bisogno di un’autonomia e di un’attenzione al territorio anche attraverso le Scuole Aperte nel rilancio di una cooperazione tra diversi attori (pubblici, civili e privati) per favorire patti educativi territoriali in tutto il Paese. In questo modo si potranno condividere obiettivi, valori, rischi e risorse (umane ed economiche) prendendosi cura del bene comune attraverso una rinnovata alleanza educativa. Aprire le scuole oltre l’orario delle lezioni consente di rispondere alle esigenze degli studenti, contrasta la dispersione scolastica e il disorientamento esistenziale, sviluppa comunità solidali e fa riscoprire le ragioni dell’apprendere e del vivere comune. L’idea di scuola come civic center può fungere da motore rispetto al territorio valorizzando istanze personali, sociali, formative e culturali.

Una Costituente per la scuola è necessaria come azione di risveglio per le persone, le comunità, le istituzioni e come servizio inestimabile al bene dell’intera collettività.