Oltre 900 studenti e docenti da tutta Italia si riuniscono oggi e domani a Roma per la fase finale del concorso nazionale di filosofia per scuole superiori “Romanae disputationes”. In questi mesi le Romanae hanno rappresentato un’occasione privilegiata per lavorare in gruppo con i nostri studenti. Un impegno comune e condiviso nel seguire videolezioni, leggere testi, discutere resoconti, dibattere argomentazioni o inseguire solerti intuizioni. Un sentiero impegnativo, scandito dal lavoro individuale e una decina di incontri in presenza ricchi, animati, tonici per confrontarci su “La natura del bello”, tema della V edizione del concorso. Abbiamo chiesto ad alcuni protagonisti del cammino di condividere brani d’esperienza vissuta.



A quale conclusione vi ha portato il lavoro svolto? Il metodo utilizzato cosa vi ha insegnato?

“Il bello è universale, accomuna tutti, ma nello stesso tempo è differente per ognuno, è nella particolarità, che ciascun uomo sperimenta, che si colgono le infinite sfumature che lo caratterizzano e rendono arduo racchiuderlo in una definizione”. 



Poche parole, mirate, lasciano intendere che progresso conoscitivo c’è stato, ma senza guadagnare definizioni perentorie o formule concettuali risolutive: “non sempre esiste una sola risposta ad una domanda”. 

Per educarsi a filosofare è decisivo avvertire i tratti dialettici, paradossali e affascinanti di questa condizione: ardua e genuina, scomoda e ospitale, mai banale: “posizioni opposte possono contenere elementi di validità e insegnano ad ascoltare gli altri per cogliere le sfaccettature di un tema”.

Com’è possibile questo percorso d’intelligenza nello studio e nel rapporto con gli altri?



Se la filosofia è pratica culturale attiva, dialogo ininterrotto. Se, parafrasando Platone, è opera di uomini che vivono insieme e discutono con benevolenza, che genera “un lavoro critico, uno sguardo più acuto, che mi ha resa più motivata nello studio e nella mia esperienza di vita”; “una palestra per elaborare una mia tesi sulla base di quanto ho appreso nel mio percorso liceale”; “un lavoro di gruppo stimolante e, perfino, divertente, che mi ha spinto a mettermi alla prova”; “un metodo di lavoro incentrato sulla grande fiducia riposta in noi dai docenti, che ci ha permesso di procedere in maniera molto autonoma, pur avendo chiari punti di riferimento”.

Rispetto al lavoro quotidiano a scuola, solo una gaia evasione?

“Questo metodo si dovrebbe utilizzare anche nell’esperienza scolastica, integrando le lezioni con contributi video di pensatori, lettura di testi, contributi attivi degli studenti e tanto, tanto interrogarsi assieme”.

“L’appartenenza degli studenti a diversi indirizzi di studio e la mescolanza degli interessi hanno arricchito l’attività e permesso di conseguire risultati anche superiori alle aspettative. Nella costruzione del sapere gli studenti sono stati protagonisti, attenti a servirsi con naturalezza delle competenze dei docenti, nel ruolo di stimolatori e guide, con funzione di servizio e di fiducioso supporto, perché gli studenti potessero esplicitare percorsi di conoscenza e guadagnare maggiore consapevolezza di intuizioni felici e pensieri belli”. 

Le Romanae Disputationes invitano e promettono: chiamano ad uscire dalla consuetudine di insegnare pensieri, anziché insegnare a pensare. Invitano a praticare la filosofia, esercizio ineguagliato di spirito critico, di conoscenze argomentate, amante del confronto e del dialogo, non per indulgere nella ricerca del consenso delle opinioni, ma per invitare l’intelligenza e gli affetti a non dimettere mai le domande, di senso e di valore, che li rendono degnamente umani.

Il team del Polo Liceale Statale “Saffo” di Roseto degli Abruzzi (Teramo):
Studenti: Maria Letizia Castelli, Federica Di Marzio, Veronica D’Onofrio, Giuliana Ettorre, Chiara Marcelli, Irene Micolucci, Davide Piccioni;
docenti: Claudia Ettorre e Massimo Nardi