Il vecchio modello di scuola costruito su un’offerta formativa unica ed uguale per tutti è ormai inadeguato e superato rispetto alla pluralità e varietà della domanda formativa ed educativa della società attuale. La scuola ha la necessità di stare al passo coi tempi. Deve sempre più poter avere personale altamente qualificato, soprattutto dal punto di vista educativo e pedagogico. Ma, soprattutto deve essere capace di trasformarsi in una struttura organizzativa complessa, dove possano incrociarsi competenze e professionalità fra di loro differenti e complementari.
Due grandi nervi scoperti. Il reclutamento del personale avviene ancora sulla base di graduatorie ad esaurimento per titoli culturali e di servizio; le scuole non hanno nessun ruolo e competenza nella formazione specifica per l’insegnamento, che risulta delegata all’università, ma soprattutto le scuole non hanno alcuna possibilità di poter scegliere il personale docente. Sono sotto gli occhi di tutti le storture della maxi stabilizzazione dei precari per effetto della legge 107/2015.
Per quanto riguarda, invece, l’assetto organizzativo alle istituzioni scolastiche è riconosciuta l’autonomia nelle sue più ampie dimensioni: didattica, organizzativa, funzionale, di ricerca e sperimentazione, finanziaria e negoziale. Tuttavia, l’autonomia nelle scuole non è decollata e resta ancora da costruire. La riforma costituzionale del 2001 in merito alle diverse competenze di Stato, Regioni ed Enti locali, sul sistema di istruzione non ha avuto alcun seguito sul piano della legislazione ordinaria, ed imperversa ancora il centralismo burocratico/ministeriale. Sembra quasi che l’inciso “fatta salva l’autonomia”, contenuto nella Costituzione, abbia davvero fatto sedimentare nella coscienza amministrativa la “cultura dell’inciso” da cui sono derivate molte negatività che hanno sbarrato il passo all’autonomia: invece di fare leggi di sostegno e di sviluppo dell’autonomia, gli attori istituzionali si sono precipitati a mettere i paletti delle loro competenze e dei loro poteri.
E così l’autonomia scolastica è rimasta una petizione di principio senza alcuna definizione dell’assetto giuridico e organizzativo dell’istituzione-scuola. Ma c’è di più: la scuola, in ragione della sua complessità, è un’amministrazione a vocazione orizzontale, è interessata da qualunque innovazione normativa venga introdotta. Le altre amministrazioni, invece, presidiando settori specifici, sono a vocazione verticale ed hanno a che fare solo con la normativa che interessa quel settore. Ne consegue, in via generale, che tutte le responsabilità della scuola sono condivise con gli altri settori amministrativi, con la differenza sostanziale che mentre i dirigenti degli altri settori ne presidiano solo alcune, la dirigenza scolastica deve fronteggiarle tutte, o quasi. Del resto ogni altra amministrazione costruisce il proprio organico e assume il personale in funzione dei compiti che deve svolgere. Dispone quindi di una tecnostruttura di supporto alla decisione e alla gestione in grado di affrontare quei compiti.
Nella scuola ci sono solo insegnanti, amministrativi, ausiliari e il dirigente. Non ci sono esperti legali, esperti del lavoro, esperti di diritto commerciale, nonostante tutte le responsabilità delle altre amministrazioni, che invece possono contare su quei supporti. Tutte le responsabilità sono in capo al dirigente scolastico che “nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative può avvalersi di docenti da lui individuati, ai quali possono essere delegati specifici compiti, ed è coadiuvato dal responsabile amministrativo, che sovrintende, con autonomia operativa, nell’ambito delle direttive di massima impartite e degli obiettivi assegnati, ai servizi amministrativi e ai servizi generali dell’istituzione scolastica, coordinando il relativo personale” (art. 25, comma 5, D.Lgs 165/2001).
Non esiste per questi docenti collaboratori alcun riconoscimento giuridico e la loro retribuzione (qualche migliaio di euro/anno) è determinata dalla contrattazione decentrata d’istituto. Trattasi quindi di funzioni prive di stato giuridico e caratterizzate dalla precarietà della nomina e dalla volontarietà dei soggetti individuati.
Infine, per la realizzazione del piano dell’offerta formativa possono essere previste ulteriori “funzioni precarie”: le funzioni strumentali che sono identificate con delibera del collegio dei docenti. Anche il compenso delle funzioni strumentali è definito dalla contrattazione d’istituto. Ma, attenzione: il ruolo di collaboratore del dirigente non è cumulabile con quello di funzione strumentale, almeno dal punto di vista economico.
A mio parere l’organizzazione della scuola così com’è non può funzionare. E’ necessario superare le criticità e i bizantinismi che ho sinteticamente rappresentato e avviare la scuola verso forme più adeguate di gestione efficace ed efficiente di tutto il sistema nella sua complessità. Quindi bisogna riconoscere e dare, finalmente valore e significato autentico all’autonomia delle istituzioni scolastiche. Solo se le scuole saranno completamente autonome e potranno disporre di risorse e strumenti adeguati potranno svolgere le loro funzioni, assumendo in pieno la responsabilità dei risultati conseguiti in termini di rendicontazione sociale.
(1 – continua)