Settimana scorsa la ministra Fedeli ha firmato lo stanziamento di 493 milioni di euro di contributo alle scuole paritarie, contributo che è diminuito del 10 per cento rispetto allo scorso anno, per la scomparsa dell’assegnazione provvisoria alle scuole materne. Questi fondi — relativi all’anno scolastico 2017-2018 — verranno dati alle Regioni, che li daranno alle Province che li distribuiranno alle scuole, se tutto va bene verso la fine di maggio, quando l’anno sarà agli sgoccioli. Del resto i fondi Pon, più di tre miliardi di euro destinati al miglioramento delle scuole, sono relativi al periodo 2014-2020, e l’estensione alle scuole paritarie non è ancora stata approvata, per cui restano ancora escluse da due bandi usciti da poco, sull’inclusione e sullo sviluppo delle competenze di base. I fondi sono stati accantonati, ma se e quando verranno attribuiti, il periodo di utilizzo sarà brevissimo.
Nella ricchezza lessicale dell’italiano, che comprende — pare — circa 160mila vocaboli, di cui più o meno 7mila utilizzati con qualche frequenza, mi viene in mente un solo aggettivo: desolante. Desolante che un ragazzo delle paritarie valga circa 500 euro, contro i 6/8mila di quello statale. Desolante che si debba lottare anche per avere questo modestissimo contributo, e in più sentirsi regolarmente rinfacciare che sono soldi sottratti alla scuola “pubblica”. Desolante che lo Stato si prenda i giovani docenti formati nelle scuole paritarie, senza alcun contributo, senza nulla riconoscere al sistema, facendosi ampi baffi della continuità didattica dei ragazzi paritari privati dei loro docenti, che non hanno potuto chiedere nessuna forma di assegnazione provvisoria. Desolante che non si possa programmare con un minimo di serenità economica, con un arrivo tempestivo dei fondi stanziati. Desolante che le capacità di ricerca e sperimentazione delle scuole paritarie non vengano riconosciuta dal Pon. Desolante che un sistema prestigioso, che vede molte sue scuole ai primi posti in classifiche certamente non di parte, come Eduscopio della Fondazione Agnelli, che realizza buone pratiche di punta e si collega in modo fruttuoso con le imprese e con la formazione di terzo livello, sia trattato come un questuante, magari anche molesto.
Purtroppo, dato che questi fondi sono indispensabili per la sopravvivenza, non si vedono vie d’uscita, se perfino la legge 62 resta disattesa nella sua applicazione, e gli enti locali poco possono o vogliono fare.
Le scuole materne in cui sopravvivono le suorine possono tentare la via delle novene, ma i laici?
P.S. Qualcuno potrebbe criticare l’uso di un unico aggettivo, “desolante”, trascurando di attingere ai 160mila vocaboli. Possiamo aprire un concorso, e inizio io con tre aggettivi: sconcertante, scorretto, deplorevole… Ricordarsi che siamo in fascia protetta.