Mina sul davanzale (Itaca 2017) selezionato per il Premio Bancarellino 2018, è un romanzo agile e vivace che si sviluppa scavando dentro la vita quotidiana dei nostri adolescenti impegnati nella scuola e alle prese con i primi amori e con le contraddizioni della vita.
Mina è una giovane studentessa che avrebbe voluto frequentare il liceo e si ritrova invece in una turbolenta classe di un istituto tecnico; intorno al suo riuscitissimo personaggio se ne sviluppano numerosi altri che diventano immediatamente compagni di cammino perché sono reali, vivi, pieni di contraddizioni e di desideri incontenibili. C’è una grandezza in loro che Sara Allegrini indaga con profondità e leggerezza.
Fin dalle prime pagine il libro mi ha irretita, perché in ognuno di questi personaggi c’è tutto il desiderio di grandezza e la paura del fallimento che anch’io incontro ogni giorno attraverso il volto spavaldo e fragile dei miei studenti: non c’è dettaglio della storia che risulti astratto, dai cappucci e cappellini perennemente calati sulle teste alla disperazione di genitori che non sanno più come dialogare con i propri figli, perché l’autrice ha messo nero su bianco ciò che chiunque può incontrare tra le mura di una scuola.
Entrare in quelle aule è ogni giorno una sfida e un tesoro, tanto per noi insegnanti quanto per i ragazzi, perché non si può barare con loro: immediatamente si accorgono se siamo appassionati a quel che cerchiamo di trasmettere o se abbiamo solo l’ansia di finire il programma, costi quel che costi. E quando trovano in noi adulti contenti della propria vita e sinceramente affezionati a ciò che abbiamo da trasmettere può succedere l’imponderabile: che qualcuno si innamori sinceramente di un autore, si appassioni a un certo periodo storico, si scopra a leggere situazioni contemporanee attraverso gli scritti di chi lo ha preceduto anche di diversi decenni, se non addirittura di secoli. Sono tra le occasioni più preziose, perché siamo noi insegnanti a riavere dai nostri alunni ogni dettaglio impreziosito.
Insegnare negli istituti tecnici e professionali è un privilegio per chi sente in sé tutta la vocazione a questa chiamata: come Mina e i suoi amici, i ragazzi che affollano le nostre aule hanno un desiderio talmente grande che la vita sveli il suo significato che ci costringono a non dare niente per scontato, a recuperare il valore di ciò che insegniamo, a sorprenderci a volte con commozione e gratitudine per uno slancio inaspettato proprio di quello studente su cui nessuno avrebbe scommesso e che invece all’improvviso rivela un’umanità eccezionale, come accade con Nelson, uno dei personaggi più belli e contraddittori di tutto il libro.
Questo romanzo può, quindi, essere rapidamente divorato o lentamente assaporato anche da noi adulti, che siamo accompagnati a guardare fino in fondo a contesti di cui spesso fatichiamo a cogliere fragilità, divisioni e allo stesso tempo cammini impensabili e carichi di bene.
Tutti i genitori dovrebbero regalare questo libro ai figli adolescenti, perché il vero filo rosso nascosto in esso è una speranza di cui i ragazzi hanno realmente bisogno per non cedere al cinismo, e poi dovrebbero a loro volta leggerlo e confrontarsi con i personaggi in esso descritti, perché in una società nella quale si continua a fare i conti con l’emergenza educativa l’autrice porta una ventata di freschezza, mostrando con semplicità quanto valga la pena accompagnare e scommettere sulla libertà di figli e studenti, anche quando questo ci costa una vertigine che può far mancare il fiato.