Com’è noto, alle 14 dello scorso lunedì 26 marzo è scaduto il termine per inviare la propria candidatura al concorso docenti 2018, riservato a docenti della scuola secondaria già abilitati, il primo dei tre tra quelli previsti dalla normativa scaturita dalla ormai quasi “antica” legge 107/2015 e dal relativo decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59.
Possono dunque partecipare solo docenti già in possesso del titolo di abilitazione all’insegnamento in una o più classi di concorso della scuola secondaria di primo o di secondo grado. Il suddetto titolo deve essere stato conseguito entro il 31 maggio 2017. Possono inoltre partecipare con riserva coloro che, avendo conseguito il titolo abilitante all’estero entro il 31 maggio 2017, abbiano comunque presentato la relativa domanda di riconoscimento alla Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione, entro la data del 22 marzo 2018.
Ma si tratterà di un vero e proprio concorso? Oppure, forse, si tratta di un concorso “farsa” che in realtà corrisponde alla costituzione di una graduatoria “parallela” alle graduatorie a esaurimento (Gae) ai fini delle annuali immissioni in ruolo. Ciò in quanto è prevista una unica prova (orale) che non costituisce blocco per il superamento del concorso: si viene iscritti in graduatoria di merito anche riportando un punteggio all’orale pari a zero.
Infatti, il comma 4 dell’art. 17 del D.Lgs. n. 59/2017 stabilisce che la graduatoria di merito regionale della procedura concorsuale riservata agli abilitati “comprende tutti coloro che propongono istanza di partecipazione ed è predisposta sulla base dei titoli posseduti e della valutazione conseguita in un’apposita prova orale di natura didattico-metodologica”; e che a tale prova, “che non prevede un punteggio minimo, è riservato il 40 per cento del punteggio complessivo attribuibile“. Il comma 5 dello stesso articolo precisa poi che “lo scorrimento di ciascuna graduatoria di merito regionale avviene annualmente, nel limite dei posti di cui al comma 2, lettera b) [il 50 per cento dei posti annualmente disponibili per il ruolo, ndr], e comporta l’ammissione diretta ad un percorso costituito da un unico anno disciplinato al pari del terzo anno del percorso Fit”; un anno di supplenza annuale che funge anche da anno di prova per la conferma in ruolo. La graduatoria di merito cui da luogo il concorso riservato si estinguerà solo al suo completo esaurimento: “sino a integrale scorrimento di ciascuna graduatoria di merito regionale” [art. 17, comma 2 – lett. b)]. In sostanza, si tratta di una novella “graduatoria ad esaurimento” cui si accede “on demand”, purché abilitati.
Specifica ancor di più il bando di concorso dove all’art. 8 del D.M. di indizione della “selezione” si legge che “la procedura concorsuale prevede lo svolgimento di una prova orale di natura didatticometodologica. La prova orale consiste in una lezione simulata e nell’esplicitazione delle scelte didattiche e metodologiche in relazione ai contenuti disciplinari e al contesto scolastico indicati dalla commissione”. La Commissione procederà poi alla valutazione di questa prova orale (max 40 punti) e dei titoli (max 60 punti), specificando all’art. 9 che tale prova orale “non prevede un punteggio minimo”, cioè, detto altrimenti, non sarà possibile essere respinti. E allora perché non ricorrere alla solita sanatoria ope legis? Solo per rispettare sulla carta la forma concorsuale? Certo, ammesso che si riuscirà a fare tutto in fretta e bene, non mancano costi e aggravi per tutti: dalla costituzione delle commissioni alle procedure burocratiche, fino, come si vedrà tra poco, alle tasse dei partecipanti… Per comprendere una tale scelta, occorre andare alla genesi del D.Lgs. 59/2017, uno dei primi e più importanti atti varati dall’ormai ex ministro Fedeli (entrato in carica dal dicembre 2016) e che paga un evidente debito nei confronti dei sindacati, con una triplice procedura concorsuale (quella di cui si sta scrivendo, quella voluta dai sindacati per i docenti con “36 mesi” di servizio e quella “normale” che verrà (forse!?) innescata nel nuovo sistema triennale di Fit, Formazione iniziale e tirocinio).
Singolare poi questa ulteriore vicenda che riguarda ancora il primo dei tre concorsi: al comma 7 dell’art. 4 si prevede esplicitamente il pagamento di un “diritto di segreteria” (!?!) di 5,00 euro per ciascuna classe di concorso/posto di sostegno per cui si concorre. Quindi per ogni istanza, come chiarisce la prima Faq pubblicata sul sito del Miur, “…il pagamento deve essere effettuato per ciascuna classe di concorso/posto per cui si concorre. Anche per la partecipazione ad una classe di concorso ricompresa in un ambito disciplinare verticale, il pagamento deve essere effettuato per ciascuna classe di concorso ricompresa nell’ambito”. Le banche ringraziano. E la burocrazia ministeriale può continuare ad avere senso di esistere.
Infine, uno sguardo a questo passaggio tra la fine della passata legislatura e l’avvio della nuova: sul piatto molti procedimenti rimangono in corso (i tre concorsi in primis) e molte vicende restano aperte e incompiute (si pensi alle deleghe della 107): sarebbe bello poter dire con Mao Tse-tung che “grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente”, ma sappiamo tutti che non è così. Vedremo nei prossimi giorni quali saranno le sorti del governo e, di conseguenza, del ministero; di certo s’avanza sempre più forte un timore: che al centro del dibattito ci possano essere questioni di bolli, cfu e burocrazie varie anziché una discussione sul perché, come e dove andare.
Il rischio insomma, per dirla con Kierkegaard richiamato da ben più autorevoli commentatori proprio in questi giorni, è che “la nave sia ormai in mano al cuoco di bordo. E ciò che trasmette il megafono del comandante non è più la rotta, ma il menù del giorno”.