La campagna elettorale è stata lunga, l’opportunità c’era, ma la scuola non è riuscita ad avere lo spazio e il valore che meritava: è rimasta, come è stato già sottolineato su queste pagine, una realtà secondaria, una Cenerentola di cui si può disporre a piacimento. La politica, sia di destra sia di sinistra, a dimostrare che Gaber aveva più che ragione, di che cosa ha parlato? Ha citato la “Buona Scuola” e l’alternanza scuola-lavoro, le pensioni e i futuri concorsi, bontà sua qualche candidato ha parlato anche di autonomia e di parità, ma nessuno, nessuno è entrato nel merito delle questioni serie del sistema scolastico italiano.
Viene da pensare che la politica non ha voluto guardare dentro la realtà ed è rimasta alla superficie, fermandosi ad affrontare degli specchietti per le allodole. Tutti sappiamo che la “Buona Scuola” è sull’orlo del fallimento, in caduta libera senza freno; che l’alternanza scuola-lavoro sia deficitaria non è una scoperta, nello stesso modo è evidente che nella scuola ci vuole un passaggio di testimone dagli anziani ai giovani, però le modalità di affronto di queste problematiche non si sono discostate dalla banalità del buon senso comune. Ci voleva un passo in più, bisognava guardare alla scuola in un’ottica diversa.
La questione oggi non è se la Buona Scuola di Renzi si debba cancellare o si debba riformare, né se l’alternanza abbia o non abbia un futuro. La questione è quale sia la sfida per la scuola di oggi e come la politica possa aiutare ad affrontarla. Nessuno ha tentato di considerare questa sfida e così ha ridotto la questione della scuola all’idea che la si possa migliorare organizzandola meglio.
Forse varrebbe la pena che il mondo politico smettesse di insegnare a insegnanti e studenti quello che dovrebbero fare e iniziasse a guardare ciò che nella scuola succede, per imparare dalla positività e dalla creatività che vi è dentro ogni classe. L’aspetto significativo della scuola oggi è infatti un nuovo protagonismo che pian piano sta prendendo piede, il protagonismo di insegnanti e studenti che vogliono uscire dal meccanismo, per cui non sopportano che ad una buona scuola venga sostituita un’altra scuola definita in un altro modo. La scuola oggi è depressa a causa della prevalenza del meccanismo, del dominio delle regole, mentre ciò che è nuovo oggi sono insegnanti e studenti che vogliono prendere in mano le discipline che insegnano o studiano per poterle finalmente conoscere, attuando il passaggio, sempre più necessario e richiesto, dal nozionismo alla conoscenza.
La politica deve saper riconoscere che nella scuola di oggi sta accadendo qualcosa di nuovo, che l’alleggerimento dei programmi non è una riduzione della cultura, anzi è all’opposto la sollecitazione ad un passo di alta qualità educativa. Il fallimento della Buona Scuola o il peso dell’alternanza scuola-lavoro non chiedono nuove formule o diverse modalità organizzative: evidenziano invece l’errore di tante riforme o di tanti provvedimenti, quello di sostituire l’iniziativa di chi vive dentro la scuola e quindi sa bene ciò di cui ha bisogno e ciò che è l’urgenza di tutti. Oggi è evidente che quello che vi è in atto dentro il mondo della scuola è un tentativo significativo e decisivo di rendere il lavoro scolastico oggetto di cultura, di non essere soggetti passivi di una trasmissione di nozioni e anche di concetti, ma di esercitare le capacità critiche e rielaborative. La scuola sta diventando finalmente un laboratorio, dove si cerca, si tenta, si identificano strade nuove da percorrere per raggiungere una maturità reale, quella che scaturisce dall’apertura dello studio agli orizzonti della vita.
Dentro questa società liquida, nella quale l’incertezza sembra dominare, la scuola manda un messaggio nuovo: non sono istituzioni o regole che possono vincere la sfida, ma giovani e adulti che riprendono ciò che don Milani e don Giussani dicevano e vivevano nel 1968, l’impegno con la vita come origine della cultura, l’interesse come punto di forza delle lunghe giornate a scuola. Oggi non abbiamo bisogno di politici che abbiano una idea migliore di scuola, abbiamo bisogno di politici che valorizzino chi dentro le aule scolastiche cerca un rapporto tra studio e realtà e lo fa insieme agli altri. Sono questi laboratori da potenziare, dove vi sono persone che prendono sul serio l’avventura culturale. La svolta nella scuola non la fa la politica, ma chi prende sul serio per sé l’educazione. Io cerco uomini politici che tendano l’orecchio per capire questo fenomeno e siano disposti a servirlo.