LIPSIA — Il dibattito scolastico in Germania si è concentrato per anni sulla parola “inclusione”. Inclusione significava che i deboli dovevano essere accolti ed integrati nel sistema scolastico. Come tutte le idee e le iniziative calate dall’alto, cioè da chi si occupa di scuola per motivi professionali o politici, anche l’inclusione si è scontrata con la realtà. Tanti insegnanti hanno avuto la sensazione che si chiedesse loro ciò che non erano capaci di fare con un livello di professionalità adeguata, sebbene siano stati coinvolti in modo fecondo molti esperti con competenze sociali e psicologiche. Gli scolari eccellenti o potenzialmente eccellenti si sono annoiati a morte ed hanno avuto ancor più difficoltà ad inserirsi nel sistema scolastico. In un certo senso l’inclusione ha dato luogo a due elementi problematici: gli studenti che avevano difficoltà ad inserirsi nel sistema dal basso non sono stato aiutati realmente, e quelli che avevano difficoltà ad inserirsi perché eccellenti o potenzialmente eccellenti, perché non erano oggetto dell’attenzione del sistema scuola. 



Ora il sistema politico scolastico ha deciso di dedicarsi a questi ultimi con un progetto decennale cui avevo accennato in un altro articolo. Il nome del progetto è “Leistung macht Schule” (LemaS). Tradurrei così: la prestazione fa la scuola. Si tratta di una prestazione di eccellenza, cioè di un progetto che vuole accompagnare e sviluppare le scuole nella promozione di studentesse e studenti che sono eccellenti o che lo sono “potenzialmente”. Non solo gli studenti che sono eccellenti in capacità diciamo universitarie, ma anche pratiche; quindi, per esempio, anche i futuri meccanici. Da ormai cinque o sei anni si usa la parola “Mechatroniker” per identificare quel nuovo interesse per le potenzialità di persone che lavoreranno nell’ambito industriale.   



Il progetto è voluto dal governo federale tedesco che lo finanzierà: cosa nuova per la Germania, in cui vi è una responsabilità ultima per la scuola nell’ambito dei Länder. A livello costituzionale tedesco il governo federale può finanziare solo un progetto a carattere nazionale. Questa responsabilità a livello di Länder ha dei pregi, ma ha anche dato luogo a una grande differenza tra livelli di prestazioni: una maturità a Berlino, in cui più del 50 per cento degli studenti prende un voto con l’uno virgola qualcosa (uno è il voto massimo), non è paragonabile alla qualità di una maturità in Baviera in cui il voto massimo con una virgola viene raggiunto da molti meno studenti. 



Il progetto coinvolge trecento scuole da tutti i Länder con il supporto scientifico da parte di alcune università. In primo piano quella di Münster con il professore Friedhelm Käpnick. La coordinazione generale del progetto, da parte universitaria, spetta alla professoressa Gabriele Weigand (Karlsruhe). 

Come dicevo si tratta di un progetto nazionale che vuole coinvolgere tutte le forme scolastiche e non solo i ginnasi, che accentua più la “potenzialità” che l'”inclusione”, ma intende valere anche come progetto di “integrazione”, rivolgendosi in modo particolare a studenti che hanno grande potenzialità e che provengono da famiglie senza un background accademico. Anche ragazze con potenzialità nei cosiddetti “Mintfächer” (Mathematik, Informatik und Naturwissenschaften) — cioè in matematica, informatica e scienze naturali — sono oggetto di una particolare attenzione. 

Alla fine di gennaio vi è stato un primo grande incontro a Berlino in cui si è offerta alle scuole e alle università la possibilità di gettare un primo sguardo alla fase iniziale del progetto. Università e scuole devono fare i primi passi per un reale cammino comune in modo che le università non abbiano solamente un ruolo di chi dà qualche idea che poi le scuole devono realizzare, ma siano, come è loro intenzione, un reale accompagnamento di tutti i passi necessari alla realizzazione. 

Attualmente i punti deboli del progetto riguardano le risorse umane, cioè il personale dedicato. Un dirigente scolastico che ha difficoltà a trovare professori di matematica per la sua scuola non sarà certo entusiasta di mettere personale a disposizione di questo mega-progetto, sebbene per finanziarlo ci siano soldi a sufficienza.

Quest’ultimo coglie davvero uno dei nodi più complessi della scuola: come essere un luogo di reale servizio alle potenzialità dei giovani, mantenendosi aperta ad una reale fecondità di prestazione per tutti i ragazzi, sia quelli che si voleva includere, sia quelli di cui si vogliono promuovere le potenzialità e poi di tutti quelli che stanno nel mezzo e che riempiono le classi del paese? 

La realtà scolastica, nella complessità di tutti i suoi fattori, deve essere un luogo in cui gli “opposti” (studenti deboli ed eccellenti) non diventino “contraddizioni” e dove fare il bene di tutti gli studenti sia sempre possibile.

Questa meta potrà essere raggiunta anche in forza della novità forse più grande del progetto stesso: il collegamento di tante scuole a livello federale, che farà anche tesoro di tutte le esperienze già esistenti.  

(Ringrazio per la consulenza nella stesura di questo articolo la professoressa Konstanze Szelényi-Graziotto, responsabile del progetto LemaS per la nostra scuola).