La Mongolfiera. Nella fauna e nel parcheggio di tutte le madri possibili, questa mancava. Abbiamo conosciuto le chiocce, le tigri, le elicottero, le spazzaneve… Ora è arrivata anche la mamma mongolfiera. Chissà, che con quel suo sguardo dall’alto, non finisca su, sul podio dei modelli genitoriali più suggestivi.  



Nel suo terzo libro (Mamma mongolfiera. Perché i figli crescono nonostante i genitori, UomoVivo, 2018), Marcella Manghi racconta con ironia 24 ore di una “mamma mongolfiera” alle prese con i suoi tre figli — Sonoio, Faccioio, Cisonoancheio — fra mille discussioni, cartelle e colazioni. Obiettivo? Cercare la giusta distanza per farli crescere e sbocciare.



E’ la giornata di una stay-at-home mum della porta accanto, in questo caso però sotto una forma anomala… quella della “mamma mongolfiera”. E’ il genitore che a un certo punto sale su, prende le distanze dai figli, si allontana. Non per disinteresse, ma per dargli coraggio e autonomia. Non sta sempre lì con il fiato sul collo come un reporter di guerra, ma è l’opposto speculare del genitore “elicottero”, che invece ronza di continuo attorno ai figli, vigile, allerta, pronto a intervenire se qualcosa sembra mettersi storto. 

Mamma mongolfiera non è indifferente; è diversamente presente. Si affida al principio di Archimede che la spinge su fino a un’altezza più lunga del cordone ombelicale. Perché lei ne è convinta: i figli crescono anche senza l’Apache che da vicino gli copre le spalle. Crescono, appunto, nonostante i genitori.



Seppur divertendo, il libro prova a rispondere alla sfida seria e attualissima: si può ancora essere madri presenti senza crescere figli sdraiati, decisi a detenere il record negativo di trentenni-ancora-nel-nido? Chi tra le pagine cerca ricette perfette non le troverà; però scorgerà spunti, provocazioni, suggerimenti da esplorare. 

Sì, perché — da madri — ci si muove sempre per tentativi e nella consapevolezza della propria imperfezione. Non esiste il genitore perfetto. Da un certo punto di vista, è marginale essere una madre chioccia, agnello, elicottero, mongolfiera, tigre. Purché la tensione sia rivolta al medesimo punto. E cioè trasmettere al figlio una certezza: che esiste un bene, che si può essere amati e che vale la pena venire al mondo. Qualunque “razza” di madre può farlo. Sono solo strade diverse e non ve n’è una perfetta.

Ma c’è una buona notizia: grazie a Dio, i figli non vogliono il genitore perfetto; non esigono il migliore dei genitori possibili, ma solo il migliore dei rapporti possibili con quel genitore imperfetto che gli è toccato in sorte.

E, per imperfetti che siano… “I genitori vengono prima dei figli. In termini di tempi e priorità. Come la matita viene prima del mascara, il prezzo pieno prima del saldo e la gallina prima dell’uovo. E non è filosofia, ma buon senso” (cit.).