Caro direttore,
due giorni di sciopero della scuola per due motivi a seconda della sigla sindacale: il primo è la riapertura delle graduatorie a esaurimento, l’altro è quello di salvare decine di migliaia di diplomati magistrali.

E’ uno sciopero che torna a far emergere le contraddizioni della Buona Scuola, che al di là delle buone intenzioni risulta fallimentare in molti suoi aspetti, uno dei quali è proprio questo, diventare motivo di sciopero per due istanze apparentemente opposte, ma che in realtà pongono la stessa questione. Che si chieda la riapertura delle graduatorie a esaurimento o che si voglia impedire la perdita del ruolo a chi lo ha conseguito ma che improvvisamente si è trovato senza titoli perché solo diplomato, la questione è la stessa, e cioè che Renzi, il grande innovatore Renzi, in realtà non ha fatto altro che tentare di razionalizzare un gigantesco meccanismo. 



Ma — e lo sciopero di questi giorni lo dimostra — il meccanismo non è razionalizzabile, è di per sé scoordinato e prima o poi le sue pecche vengono a galla. Perché ad un certo punto si deve chiudere l’accesso alle graduatorie? E’ inevitabile che chi rimane fuori pur avendo qualche titolo per farne parte senta questa decisione come una grave ingiustizia. Così mettetevi nei panni di chi raggiunge il ruolo, insegna come docente di ruolo, e poi per una sentenza si sente dire che i suoi titoli — quelli che aveva presentato ed erano stati accettati — ora non valgono più. Anche questa non è forse un’ingiustizia? Lo sciopero chiede che venga fatta giustizia, e come dare torto a chi manifesta, visto che Renzi ha introdotto l’idea che nella scuola c’è posto per tutti, che nessuno rimarrà fuori a sostare in graduatorie permanenti?



Il problema è che l’errore sta a monte: non è in questo modo che si recluta, non è in questo modo che si assume! In Italia si diventa insegnanti in modo burocratico, ciò che conta sono i titoli e non l’esperienza. E di conseguenza ciò che conta sono le graduatorie e non i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze cui si va ad insegnare. Qui sta la questione e questo sciopero si guarda bene dal sollevarla; del resto, sollevarla di fronte a chi? A un ministro che non c’è!

Invece si dovrebbe riflettere su quanto sta succedendo nella scuola italiana per aprire una nuova strada, che abbia nell’esperienza di insegnamento e di educazione la via di accesso alla scuola sia statale sia paritaria. E’ una nuova strada quella da tentare, la strada che è più naturale e ragionevole, quella per cui uno impara ad insegnare attraverso due modalità che si legano, 1) seguendo dei maestri e 2) insegnando. Questa è l’esperienza, non che uno raccolga titoli, ma che uno possa scegliere dei maestri da cui imparare e che possa verificare insegnando le sue capacità. 



L’attuale sistema burocratico andrebbe smontato per portare dentro il mondo della scuola diverse vie di accesso all’insegnamento, ma sempre ancorate all’esperienza.