Chi pensa che la lingua di Omero e del popolo romano siano lingue morte si sbaglia grossolanamente, in quanto sono redivive e ritornano sul luogo del delitto. Non si tratta della scuola, dove abbondano gli strafalcioni delle versioni tradotte dai liceali. Il greco antico e il latino saranno forse sepolti sotto la montagna di polemiche di un dibattito sul valore e sull’utilità dell’istruzione classica in un mondo sempre più moderno e globalizzato, eppure non mancano gli spunti per vedere la vitalità delle lingue classiche nel mondo e, soprattutto, in Italia, culla della civiltà romana e del Rinascimento che riscoprì il mondo antico. 



Ai nostri giorni, la “riscoperta” del mondo antico avviene in maniera curiosa: passa cioè da un piano folkloristico a un piano nobile e colto. Da tempo non fa più notizia che papa Francesco “twitta” in latino attraverso un account ufficiale, eppure le cronache riportano che ora lo fanno anche  comuni mortali al di fuori della Santa Sede: Emanuele Ciccarese, 20 anni, studente di filosofia alla Sapienza di Roma, e Guillem Cintas, 41 anni di Barcellona, hanno aperto rispettivamente l’account CL Urbs, e Barcino PS, per parlare delle partite delle squadre di Di Francesco e Valverde e commentare l’attualità intorno a giallorossi e blaugrana. Tutto in latino, o forse latinorum? Il primo ha 1289 follower e il secondo 3258, ma saranno tutti aspiranti latinisti, come recitava, quasi una Cassandra de “noatri”, un vecchio bestseller di Cesare Marchi. 



Lettere di minacce scritte in greco antico sono state recapitate a due amministratori comunali della provincia di Lecce: dopo l’assessore di Acquaviva delle Fonti, Austacio Busto, è stata la volta all’ex vicesindaco di Parabita (Lecce) Alberto Cacciatore. I due esponenti èolitici hanno presentato denuncia ai Carabinieri e la giustizia seguirà naturalmente il suo corso. L’amministrazione comunale di Parabita era venuta al centro della ribalta a causa dello scioglimento del consiglio comunale per presunte infiltrazioni mafiose, poi annullato dal Tar. Il testo suona più o meno così: “La sorte rigida e severa emette sentenze e si inorgoglisce. Un demone maligno si introdusse e cantò inni funebri di tristezza e di morte”. La traduzione non è mia; l’ho trovata in rete. Non mi “abbasso” a tradurre il greco antico di gente che manda lettere intimidatorie. Ma chi sarà l’autore del testo? Google translator? Un classicista mancato? 



Su un piano più nobile, un esercito di combattenti accademici si sono posti alle Termopili italiane a difesa della cultura classica contro la barbarie che ha già invaso il resto del pianeta, di fatto senza alcun equivalente del nostro liceo classico. Negli ultimi due anni sono usciti saggi dai titoli eloquenti: N. Gardini, Viva il latino. Storie e bellezza di una lingua inutile; M. Bettini, A che servono i Greci e i Romani; L. Russo, Perché la cultura classica. La risposta di un non classicista; F. Condello, La scuola giusta. In difesa del liceo classico; I. Dionigi, Il presente non basta. La lezione di latino; M. Napolitano, Il liceo classico: qualche idea per il futuro. Persino la giovane Marcolongo, ex ghostwriter renziana, è autrice di un best-seller: La lingua geniale. 9 ragioni per amare il greco

Allora si deve dire che l’istruzione classica, incarnata nel curricolo scolastico del liceo classico, è veramente un ammalato agonizzante? Sembrerebbe di no. Anche nell’opinione pubblica più ampia. Ormai è arcinota e quasi obsoleta la notizia della traduzione di Andiamo a comandare in latino a opera di un docente di latino di Como: si tratta di una smashing hit del cantante Rovazzi che è stata popolarissima tra i giovanissimi nel 2016; tale versione in latinorum è stata fornita a una classe liceale come esercizio scolastico e, partita da Twitter e quindi diffusa nel web, è divenuta notissima suscitando reazioni generalmente entusiaste. Ci sono state anche critiche non solo sulla qualità del latino adoperato, ma anche sull’ideologia che sta dietro: “avvicinare” la lingua morta ai ragazzi di oggi attraverso qualcosa che è loro vicino e che interessa loro “veramente”. Eppure i ragazzi, che sono il vero futuro della lingua latina, si sono iscritti in massa alla Certificazione di lingua latina su base volontaria: tale boom fa ben sperare sull’affetto (o mancanza di antipatia) verso la lingua dei Romani; tanto è il successo che si parla di Certificazione delle competenze di lingua greca. Le prove — e i relativi attestati — si dividono in tre categorie: dal livello A chiamato “Vestibulum” al livello B2 detto “Ianua”, “porta” che si apre sul “Palatium”, livello B1: il più alto e l’unico in cui è concesso l’uso del vocabolario. Proprio come l’inglese. 

Allora potremo sperare in una canzone in latino al prossimo San Remo? Magari chi avrà ottenuto il C2, ovvero il livello di un parlante nativo…