Lo sappiamo fin dall’inizio di Ogni attimo è nostro (DeA, 2018), l’ultimo romanzo di Luigi Ballerini: chi racconta lo fa da un luogo misterioso, da chissà che posto e con chissà che voce. Perché chi scrive questo diario, lo sappiamo dalla prima pagina, racconta l’ultimo giorno della sua vita. E magari da quel non luogo e da quel non tempo potrebbe essere in grado di capire meglio le cose, di rispondere alle domande che si attaccano alla radice stessa dell’uomo: chi sono? da dove vengo? perché in fondo vale la pena vivere? che senso ha la realtà?



Giacomo, detto Mino dagli amici per via della sua statura, è arrivato alla maturità e il diario di questa sua epica giornata ha capitoli contraddistinti dalle ore che si susseguono: è un ragazzo normale, mica un eroe; studia, gioca a pallone, sta da qualche mese con Martina e dopo la maturità, con Fabione, raggiungerà degli amici per una vacanza a Gallipoli.



Ma qualcosa comincia ad andare storto: subito dopo l’esame, in cui dimostra di sapere il fatto suo, Giacomo si sente addosso uno strano malessere. Non dice nulla a Martina, non dice nulla alla madre che lo aspetta a casa. Si addormenta e lascia Fabione da solo alla Decathlon per l’acquisto dei materassini per la vacanza. Si sveglia con addosso ancora un certo torpore, ma raggiunge Fabio al campo di calcetto per la partita che avevano programmato. Anche qui qualcosa va storto: Fabio si fa male, devono portarlo al pronto soccorso, lo ingessano. Come si fa con la vacanza?

I due convincono i genitori a lasciarli andare comunque: Giacomo alla guida, Fabio con il suo gambone sollevato sul sedile posteriore. Piove che sembra il diluvio universale, intanto. E sotto il diluvio Giacomo deve cambiare da solo la gomma che, intanto, è scoppiata. Mancano ancora 500 chilometri al Salento e lui continua ad avere uno strano malessere. Tra chiacchiere e soste all’autogrill, rivelazioni e confessioni, arrivano le tre e quarantotto: un dolore tremendo trafigge alla testa Giacomo che riesce a fermare la macchina sulla corsia d’emergenza, non riesce più a dire niente, Fabio chiama il 118. Alle cinque e cinquantacinque Giacomo riesce a parlare con Fabio, poi con Martina, poi con i suoi genitori.



Adesso lo sa che è morto. Lui ripensa a tutta la giornata che ha vissuto, all’ansia per l’esame, all’amore per Martina, al viaggio con Fabio. Ripensa alla scuola, alla famiglia, agli amici. La sua vita gli viene voglia di riguardarla tutta. E’ preziosa, ogni suo attimo è prezioso, tanto quelli belli che quelli complicati. Adesso sa che nella vita si sta bene sempre per il solo fatto che c’è. Che tutto quello che arriva si deve abbracciare. Come ha fatto lui e come solo adesso capisce fino in fondo.

Adesso può andare via: la sua vita è stata ricca di attimi pieni di senso e non sembra essere stato il cammino del pellegrino verso una meta definitiva che consente di dare finalmente, e a ritroso, un senso a ciò che è stato; piuttosto ci si sta dentro come in una materia che appare luminosa e salvifica nell’atto stesso del suo esistere. Come se, alle grandi domande dell’uomo, alla necessità di trovare una risposta a tutti i perché che ci poniamo, occorresse rispondere attraverso gesti umili e allo stesso tempo intensi. Come se alla domanda perché vivo? bisognasse innanzitutto rispondere come vivo e per chi vivo. E nel suo diario Mino dice appunto: vivo così, con ogni cosa illuminata dal suo stesso risplendere. E vivo per queste persone, per loro e grazie a loro.

Ogni attimo è nostro è un libro che sa rendere epico ed eroico il quotidiano: lo snodarsi dei fatti, finanche apparentemente banali, acquista lentamente, ma in modo molto chiaro ed evidente, il valore di ogni cosa unica e irripetibile. C’è, insieme all’ossessione del particolare che contraddistingue la buona scrittura, il pudore, il candore quasi di uno sguardo che attraversa le ore e i fatti in modo partecipe e discreto insieme, non trionfalistico o moralistico nell’affermare il valore della vita sempre, di fronte anche alla tragedia del finire.

Il libro ha una voce vera e verosimile: il linguaggio utilizzato, che poi è la voce dell’esperienza, del modo di essere di Mino, è convincente e molti giovani, anche più piccoli del protagonista-narratore, potranno ritrovarsi nelle pagine del libro, nella figura di un ragazzo normale e unico come ogni ragazzo è. Molti potranno rispecchiarsi dentro l’immagine di un ragazzo che ha saputo vivere, amare, studiare, sbagliare, in una parola crescere, e va via verso chissà dove con la consapevolezza che quello che conta è vivere adesso, amare adesso. Che la vita si vive da subito e che non c’è un momento in cui si impara a vivere e un momento in cui lo si fa davvero. Che non c’è un giorno di sbornie o esaltazioni che salva tutti gli altri inutili e vuoti. Che non si può fingere di essere felici quando ci si dimentica di se stessi, ma che invece lo si diventa quando la realtà è vissuta come un regalo inaspettato e interessante.

Questo libro ci racconta che si vive sempre. Oppure si muore inesorabilmente, vivendo. E dunque non è solo e semplicemente un libro da inscatolare nella categoria editoriale degli young-adult, è, anzi, una provocazione anche per chi adulto lo è già, un invito anche agli adulti a raccontare il valore dei giorni. A viverlo davvero, e fino in fondo, in ogni lungo e brevissimo attimo della vita.