Se l’autonomia didattica è il cuore pulsante dell’autonomia scolastica che ridefinisce la scuola come centro culturale e civico di un intero territorio, questa non può non aprirsi all’umano, alla vita, alla società e al mondo per rispondere alla grande emergenza educativa dei ragazzi. 

Bisognerebbe progettare i curricoli delle singole scuole partendo dalle loro domande. “Piuttosto che reprimere le curiosità naturali, quelle di ogni coscienza che si risveglia, si dovrebbe partire dalle prime domande: cos’è l’essere umano? La vita? La società? Il mondo? La verità?” (E. Morin, La testa ben fatta). Le scuole autonome devono avere la forza di percorrere l’avventura didattica auspicata da Morin: insegnare a vivere a “partire dalla grande interrogazione antropologica: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo?” (E. Morin, Insegnare a vivere). 



Come fare? Quali strumenti consentono un cambio di rotta? Il DPR 275/99 attua l’art. 21 della legge 59/97 e consente un’autonomia organizzativa e didattica che, fatto salvo il quadro monte ore annuale previsto dal ministero per ogni ciclo, permette di progettare e modulare tempi e insegnamenti declinandoli sul curricolo. La flessibilità organizzativa rappresenta perciò per le scuole una dimensione di libertà decisionale e un contesto di esercizio della responsabilità educativa. 



Una scuola che ha a cuore l’autonomia didattica non solo istruisce, insegna ed educa, ma ha cura delle persone partendo dalle loro domande fondamentali. La persona è libertà e creatività: una scuola che ponga al centro la persona non può non promuovere un sapere libero, critico e aperto attraverso una progettazione che tiene conto sì degli standard generali dell’istruzione, ma anche delle realtà socio-economiche e culturali entro cui agisce. Progettare è sempre organizzare in modo sistematico risorse umane, culturali e tecnologiche, disponibili o accessibili. Farlo a livello educativo didattico significa realizzare spazi di flessibilità e di diversificazione per utilizzare al meglio risorse e strutture. Questo significa arrivare fino al possibile superamento di vincoli desueti e rigidi che la normativa e la personalizzazione degli apprendimenti ha già superato. Nel concreto si può ripensare alla formulazione oraria settimanale elasticamente revisionabile e periodicamente modificabile dei singoli insegnamenti. E’ possibile accorpare le discipline, scalzare l’unitarietà del gruppo classe, lavorare a classi aperte, per gruppi omogenei o per gruppi d’interesse, scandire le attività di insegnamento/apprendimento secondo logiche non rigidamente sequenziali, ma secondo connessioni reticolari che ne rendono maggiormente duttile, nei tempi e nei modi, la fruizione. Questo significa articolare di volta in volta la formazione dei gruppi con criteri di mobilità definiti dai bisogni e dalle necessità dei singoli.



Sempre ai fini della flessibilità didattica, l’art. 8 del DPR 275/99 promuove il rapporto delle scuole con il territorio e con il mondo della cultura e del lavoro legando la determinazione del curricolo, oltre che alle esigenze formative degli alunni anche alle esigenze attese espresse dalle famiglie e dal territorio. L’autonomia affida alle scuole, singole o associate in rete, di essere protagonisti nell’elaborazione, nella realizzazione e nella verifica di una progettazione partecipata curriculare di compiti reali e significativi. Questo implica un ripensamento delle modalità tradizionali di insegnamento e di organizzazione didattica. 

Gli spazi di flessibilità previsti si sostanziano nella vita dell’aula, nella costruzione di ambienti di apprendimento innovativi, nella capacità di coinvolgere gli allievi, nel prendersi cura del funzionamento della scuola e dei rapporti con i genitori e con tutte le realtà del territorio. Le scuole con l’autonomia didattica possono raccogliere un repertorio di pratiche delle quali si è fatta sperimentazione attraverso il principio della differenziazione didattica come fondante primario per un agire educativo capace di intercettare stili cognitivi e sensibilità diverse all’interno del gruppo classe e di offrire, dunque, pari opportunità a tutti di avere accesso alla conoscenza.

Quando da un curricolo sulla carta, si passerà ai curricoli reali (praticati a scuola) diventeranno fondamentali questioni quali l’organizzazione della classe, lo stile comunicativo degli insegnanti, una didattica di taglio laboratoriale, un maggior ricorso alle nuove tecnologie, lo sviluppo di approcci cooperativi tra gli allievi, una maggiore flessibilità delle scelte, un ripensamento degli ambienti didattici. Ricercare l’essenziale è curvare il curricolo verso alcune discipline fondamentali e curare con più precisione l’acquisizione di strumentalità di base e di competenze fondamentali come quelle di lettura e scrittura, comprensione, descrizione, argomentazione. 

A questo punto nasce la domanda: come deve essere strutturato un percorso che miri alla crescita della persona e non solo alle sue conoscenze e competenze? La scuola reale per vivere all’altezza del desiderio dei ragazzi ha bisogno di autonomia e libertà.