“Vincere e Vinceremo!” è una delle frasi più celebri pronunciata da Benito Mussolini dal balcone di Piazza Venezia in occasione del discorso per la dichiarazione di guerra dell’Italia il 10 giugno 1940. Ancora oggi risulta alle orecchie di chi l’ascolta estremamente accattivante per la sintassi, ma soprattutto per il tono con cui venne pronunciata e che, inevitabilmente, riecheggia nella nostra memoria. Intrinsecamente carismatico, il Duce è stato uno dei protagonisti politici della prima metà del Novecento, periodo storico in cui la comunicazione di massa ha mosso i primi passi e successivamente raggiunto l’apice dell’utilizzo in campo politico. L’espressione “comunicazione di massa” indica ogni processo di produzione e trasmissione di informazioni capace di raggiungere simultaneamente una grande quantità di persone in differenti situazioni spaziali, ma non è solo grazie al mezzo impiegato che la propaganda politica ha avuto un tale successo. Comunicare significa mettere in comune, trasmettere informazioni, rendere noto. Nella prima metà del XX secolo tale azione è divenuta la principale preoccupazione e occupazione di coloro che avevano come obiettivo conquistare il potere ovvero, come l’ha definito il sociologo tedesco Max Weber, avere la possibilità di far valere la propria volontà in una relazione sociale.



I regimi totalitari quali nazismo, fascismo e comunismo hanno saputo sfruttare in modo efficace le possibilità offerte dalla comunicazione mass-mediale modellando il concetto di propaganda politica. La concezione di “massa” è uno dei prodotti della Grande Guerra in cui, per la prima volta, le persone comuni si trovarono in prima linea coinvolte dall’orrore della tragica guerra. Il termine stesso indica una moltitudine di individui, una collettività anonima, informe e facilmente influenzabile. Fondamentale per la concezione della massa sono state le teorie del tedesco Karl Marx formulate nel XIX secolo e alle quali è seguita la nascita dei cosiddetti partiti di massa. Essi erano organizzazioni con una struttura solida, con sedi diffuse sul territorio, giornali e tesserati; operavano con l’obiettivo di rappresentare vaste fasce della società garantendo loro di essere ascoltati. I partiti di massa come il nazionalsocialismo in Germania, il fascismo in Italia e il comunismo in Russia hanno delle peculiarità comuni: un leader abile, carismatico e un’organizzazione sistematica alle spalle. Che si tratti di Mussolini, Hitler o Stalin le modalità di persuasione non cambiano: grandi orazioni davanti a folle oceaniche, cartelloni pubblicitari inneggianti ai valori del regime e organizzazione sistematica e capillare della vita sociale. Il tutto aveva come unico intento manipolare l’opinione pubblica e il sentire comune. Si pensi all’istituto Luce e all’opera nazionale del dopolavoro, ai film documentari nazisti e alle pubblicità con l’immagine della famiglia tedesca per eccellenza, all’arte propagandistica di Stalin; alle organizzazioni para-militari nate con lo scopo di inquadrare e modellare la mentalità ai giovani — la Hitler Jugend e l’Opera nazionale Balilla.



Gli ideali che venivano trasmessi erano quelli dell’uomo nuovo, della supremazia della razza e dell’odio rivolto al diverso, al nemico, il quale, come ha sostenuto il docente universitario Andrea Baravelli nella rivista Storicamente, è una figura importantissima, fondamentale per il buon funzionamento della propaganda che principalmente lo ha come soggetto. Sono tutti pezzi di un puzzle necessari per formare l’immagine complessiva del regime totalitario perfetto, del popolo e della nazione perfetta. La nozione di propaganda è necessariamente collegata all’idea di manipolazione della realtà, tanto che Gustave Le ­Bon, antropologo e sociologo francese, ha definito nella sua opera Psicologia delle folle l’illusione più importante della realtà quando una comunicazione è rivolta ad una moltitudine di persone. Oggi la politica risulta ancora un ambito difficile in cui destreggiarsi e in cui è altrettanto ostico, per coloro che ne sono protagonisti, non cadere nella trappola della mera propaganda politica.



Come evidenzia lo studioso Giulio M. Chiodi, “La massa governata dai regimi totalitari, diversamente da quella odierna, era una massa omogeneizzata dall’ideologia del conflitto” e dunque facilmente malleabile proprio a causa di tale inclinazione. Attualmente è comune pensare che la “massa” sia invece omogeneizzata dalla paura, dal terrore provocato dal crescente tasso di criminalità e condizionata dai recenti e numerosi atti di terrorismo che hanno minacciato l’Europa e infatti non sono rari in Italia, come in altri paesi europei, fenomeni come il razzismo, la discriminazione e il manifestarsi del populismo.  Si deve sottolineare come ai giorni nostri la comunicazione politica possa essere veicolata da diversi media, da quelli tradizionali a quelli più moderni come per esempio i social media, ed è altrettanto fondamentale evidenziare come questo ci sottoponga ad un flusso costante di informazioni e continui stimoli per una riflessione autonoma, ma anche quanto questo condizioni i nostri pensieri, valori e ideali.

 

Serena Tartarini, primo anno di scienze politiche alla Scuola di Scienze politiche “Cesare Alfieri” dell’Università di Firenze