Più di cinquecentomila maturandi hanno affrontato ieri mattina la prima prova dell’esame di Stato: come sempre le predizioni su testi e argomenti hanno trovato parziali conferme e sorprese.
L’analisi del testo ha avuto per oggetto un frammento del romanzo di Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi-Contini, in cui al narratore viene chiesto, in ottemperanza alle leggi razziali appena introdotte anche in Italia negli anni della Seconda Guerra, di abbandonare il proprio posto nella biblioteca comunale; il tema su cui si invitano a riflettere i canditati è quello (attualissimo — chissà mai che chi ha scritto le tracce abbia profetizzato le vicende dell’Aquarius?) “della discriminazione e dell’emarginazione”.
Nei quattro ambiti della tipologia B — quella del “saggio breve” o dell'”articolo di giornale” — gli studenti si sono cimentati con il problema della solitudine (“I diversi volti della solitudine nell’arte e nella letteratura”; artistico-letterario), della creatività (“La ‘creatività’ è la straordinaria dote — squisitamente umana — di immaginare; risultato di una formula complessa, frutto del talento e del caso”; socio-economico), delle “masse e propaganda” (storico-politico) e della clonazione (“Il dibattito bioetico sulla clonazione”; tecnico-scientifico).
Il tema storico, centrando alcuni pronostici, ha proposto di riflettere, nel quadro della ricerca di “stabilità politica dell’Europa” del periodo della cosiddetta “distensione”, sul ruolo di De Gasperi e Moro come sostenitori dell’ideale di “cooperazione internazionale”.
Infine, il tema di ordine generale chiedeva una analisi e un commento dell’articolo 3 della Costituzione, e quindi di riflettere sul tema dell'”eguaglianza”.
Quali considerazioni fare su tali tracce? Sull’analisi del teso pesa, inevitabilmente, la configurazione stessa della prova: interpretare il brano proposto (peraltro uno stralcio a sua volta frutto di rielaborazione) è davvero difficile senza conoscere il romanzo (o tutt’al più avere visto il film, che però Bassani rifiutò di firmare alla voce sceneggiatura). Così la comprensione del testo pone domande che prescindono dai valori letterari e storici (indiscutibili) dell’opera di Bassani, e si riducono a una prova di comprensione stile Invalsi — prove caratterizzate dall’interscambiabilità dei testi oggetto di analisi, mentre si sa, la letteratura è lo spazio dell’irripetibile. E, come ormai siamo purtroppo abituati, la domanda finale della prova, quella relativa all’interpretazione complessiva, conferma, anzi prescrive, l’assurdo: chiede al candidato una “interpretazione complessiva” di un brano senza presupporre la conoscenza dell’intero, anzi, prevede addirittura la possibilità di una riflessione che prescinda dal brano in questione (leggere per credere)!
Veniamo alla tipologia B. La traccia sulla solitudine è certamente quella in cui una buona penna può scrivere con più scioltezza: la varietà dei documenti proposti (da Petrarca a Hopper), e l’argomento — che si presta più che altri a una “esecuzione” personale — offrono ampie possibilità di scelta per quanto riguarda inventio e dispositio. Di impostazione più filosofica che storica e politica, la traccia su “masse e propaganda” offre l’analisi, chiara e definita, di uno dei meccanismi con cui il potere ottiene consensi, quello della creazione di un “nemico assoluto”. Il candidato può, più che confutare tale tesi, argomentarla con le proprie conoscenze storiche, provando, come pare suggerito da alcuni documenti, un confronto tra la propaganda nei totalitarismi e quella, diversa, dell’oggi. Sembra un po’ datato forse l’argomento scelto per l’ambito tecnico-scientifico, quello relativo alla clonazione. Se l’abbrivio è dato da un fatto relativamente recente (la clonazione cinese di due macachi, gennaio 2018) il tema pare un po’ abusato: i limiti della scienza. Fa piacere, se non altro, che l’ultimo documento porti l’attenzione degli studenti su una parola antica ma riscoperta in questi anni, l’etica, e attribuisca alle “diverse componenti della tradizione occidentale” il “compito comune” di tale riflessione. Lascia invece perplessi la traccia dell’ambito socio-economico: i documenti offrono una interpretazione univoca di creatività in cui il “metodo” è esplicitamente squalificato in favore di una visione tutta legata al caos, al contingente, all’impazienza di “cambiare strada maestra” per “scrutare le vie laterali”. Difficile immaginare che uno studente abbia gli strumenti per un possibile reale contradditorio: la sua riflessione, in mancanza di esso, finirà per amplificare la tesi proposta piuttosto che argomentarla criticamente.
Le ultime due tracce, affascinanti in sé, presentano però entrambe un limite: essere per specialisti. Il tema storico su Moro e De Gasperi metterebbe in difficoltà l’80 per cento degli insegnanti di storia, mentre quello sull’uguaglianza formale e sostanziale nella Costituzione, come evidente già nella formulazione, richiedeva precise competenze legate al diritto, pena un “polpettone” sull’uguaglianza e i diritti in stile social.
Le tracce, nel loro complesso, hanno però la caratteristica più desiderata dallo studente medio: sono “fattibili”. Una medietas che definirei tutt’altro che aurea.