Benché la scelta di Aristotele, negli annali degli esami di Stato del liceo classico, non sia stata la più ricorrente, la sua proposta è però accettabile, se non lodevole, soprattutto per i cultori della classicità, per gli esaminandi forse un po’ meno. Aristotele, infatti, è in linea con le direttive dei nuovi programmi ministeriali, che raccomandano non solo la lettura di un’opera filosofica al quinto anno, ma anche la trattazione accurata dei due massimi filosofi d’età classica in seno alla storia della letteratura. 



Ma la presenza dello Stagirita all’epilogo di un percorso di studi classici è ancor più degna non solo per la vastità poliedrica della sua opera, ma soprattutto per l’importante influenza da questa esercitata nella storia del pensiero occidentale, tanto pagano quanto cristiano, poiché tutti, intellettuali e filosofi, scrittori e poeti, dalla metafisica alla politica, dall’etica all’estetica, dalla logica alle scienze, hanno dovuto fare sempre e prima i conti con lui.



La bontà della scelta, però, va ravvisata nel passo specifico proposto: si tratta infatti dell’incipit del libro ottavo dell’Etica Nicomachea (dedicata dal filosofo al figlio Nicomaco, destinatario nonché editore dei 10 libri che la costituiscono), un’opera capitale per l’elaborazione del concetto di “filantropia” nel mondo greco prima e in quello romano poi dell’ “humanitas” fino a Cicerone, che tanto gli deve. Il brano di versione propone infatti un tema modernissimo e sempreverde per la sua universalità. Un testo significativo, che fa riflettere soprattutto i giovani, come gli esaminandi, che si affacciano sul cantiere della loro vita in costruzione. Una vita senza amici sarebbe impossibile; qualsiasi altro bene, ricchezze comprese, non vale a nulla. Anzi la quantità di ricchezze può essere pericolosa, quella degli amici no. L’amicizia è indispensabile in tutte le fasi della vita: è sostegno nelle avversità, aiuto reciproco tanto fisico quanto morale. Gli amici servono a non sbagliare, a usare i beni di cui disponiamo per loro e non il contrario, a compiere azioni lodevoli, a sentirci a casa anche quando siamo lontani da questa, a praticare i valori della giustizia e della concordia, a riscoprire la sacralità dei legami parentali.



Un testo da leggere ancora a distanza di più di 2300 anni, soprattutto in una società tecnologica come la nostra, fatta di relazioni fittizie e virtuali, dove contano i numeri e le preferenze espresse in “like”, dove gli amici sono spesso il branco o la moda da seguire per non essere esclusi, in cui confondersi per giustificare errori e deviazioni; un testo da leggere in una società dove i genitori uccidono i figli e i figli i genitori, in una società dove la sofferenza e la disgrazia sono ragioni più che plausibili per abbandonare, in una società globalizzata dove la paura dell’altro e del diverso offendono ogni forma di pietà umana, dove chi è costretto a migrare incontra non amici ma belve, in una società dove le amicizie sono alleanze temporanee prive del fondamento della concordia e della giustizia.

Un testo da leggere per non dimenticare che l’uomo è fatto per vivere con gli altri, che l’altro è un bisogno (chreia) e non un optional, che la felicità della vita va ricercata nelle relazioni solidali con gli uomini, che l’amicizia, bene indispensabile, è sentimento naturale (physei t’enyparchein) di amore e benevolenza per i propri simili, gioia nell’incontro, conforto nella presenza, aiuto nella difficoltà.

Il passo, dal punto di vista linguistico, è di media difficoltà. Oltre alla lunghezza, cui gli studenti sono poco avvezzi nella pratica scolastica, la complessità, almeno nel brano in questione, emerge soprattutto a livello di microsintassi e quindi legata alla collocazione anaforica o di iperbato di alcuni termini, alla presenza di aggettivi o participi neutri sostantivati. Ricorrente è l’ottativo potenziale e l’infinitiva soggettiva, mentre una sola ricorrenza è registrata per il genitivo assoluto. Qualche imbarazzo lo avrà sicuramente procurato il gioco linguistico, nella parte centrale, dove si usa la figura tautologica, in forma specularmente parallela sul piano grammaticale e antitetica sul piano logico, dei quattro participi sostantivati tutti del medesimo verbo (pros to gheghennemenon … to ghennesanti … pros to ghennesan to ghennethenti). Sul piano lessicale il testo risulta alquanto familiare, in quanto è intessuto da termini molto frequenziali e che appartengono al lessico di base, senza la scoglio del linguaggio tecnico-filosofico. Il periodare dello Stagirita è abbastanza contenuto nell’estensione, ma a volte insidioso nell’esatta decodifica delle concordanze sintattiche. Insomma una prova impegnativa!

Traduzione de L’amicizia (Etica Nicomachea, VIII, 1155a)

“Dopo questi argomenti rimarrebbe da parlare dell’amicizia; l’amicizia infatti è una virtù o qualcosa che si associa alla virtù, ma al di là di questo l’amicizia è la cosa più indispensabile per la vita. Nessuno, quand’anche avesse tutti gli altri beni, sceglierebbe di vivere senza amici; e pare che il bisogno di amici lo abbiano soprattutto i ricchi e quanti detengono posti di comando e poteri; quale vantaggio infatti avrebbe la ricchezza se a questa togliessimo il beneficio, che è assai lodevole soprattutto quando è rivolto agli amici? Oppure in che modo si potrebbe custodire e tenere in serbo la ricchezza senza gli amici? Infatti quanto più la ricchezza è grande, tanto più essa è incerta. Gli uomini pensano che nella povertà e in tutte le altre sventure gli amici costituiscano l’unica via di scampo. Per i giovani gli amici sono di aiuto per condurre una vita esente da errori, per gli anziani sono di aiuto per avere assistenza e per compensare la mancanza d’azione a causa della loro debolezza fisica, per quanti sono nel pieno delle forze gli amici servono per compiere nobili azioni; due che camminano insieme‘ infatti sono più capaci e di pensare e di agire. Sembra che l’amicizia per legge di natura sia insita nel genitore nei confronti del figlio e nel figlio nei confronti del genitore, non solo negli uomini ma anche negli uccelli e nella maggior parte degli animali, e negli esseri della stessa specie gli uni per gli altri, ma soprattutto negli uomini, ragion per cui noi siamo soliti lodare gli uomini benevoli con i loro simili. Anche in una vita fatta di spostamenti si potrebbe vedere come ogni uomo è per l’altro uomo un essere famigliare e amico. Sembra poi che l’amicizia tenga insieme anche le città e che i legislatori si occupino più di questa che della giustizia; la concordia infatti sembra essere simile all’amicizia ed è soprattutto a questa che aspirano, mentre invece bandiscono la discordia in quanto rappresenta l’inimicizia”.