Lo smantellamento della cosiddetta Buona Scuola, una delle riforme-cardine su cui si era incentrata l’azione di Governo da parte dell’esecutivo guidato da Matteo Renzi, sta tenendo banco nelle ultime ore dopo che ieri il neo Ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, ha anticipato alcune delle novità che saranno contenute nell’ipotesi di testo frutto dell’accordo siglato tra il MIUR e i sindacati di categoria: accordo che smonterà un primo “pezzo” della riforma di cui Simona Malpezzi (molto critica nelle ultime ore) era una delle principali ispiratrici, ovvero la legge 107/2015 e che prevedeva che fosse il Dirigente Scolastico a “chiamare” i docenti. E il ritorno al vecchio piace al sindacato USB che, con un lungo comunicato, ha mostrato di apprezzare la scelta di Bussetti, a patto che ora il nuovo Governo si impegni anche ad assumere tutti quei precari che nel mondo della scuola hanno già 36 mesi di servizio. “È di ieri sera la notizia dell’abolizione della chiamata diretta e del ritorno alla titolarità di scuola per chi ha fatto e ottenuto la mobilità e per gli immessi dell’AS 2018/19. Sapevamo che l’opposizione mostrata dai dirigenti scolastici verso la chiamata diretta avrebbe dato i suoi frutti nella prima azione di governo, soprattutto a causa della reale farraginosità e discrezionalità del meccanismo di assunzione, che più volte abbiamo denunciato” si legge nella nota pubblicata nelle ultime ore e che plaude soprattutto la scelta di assegnare le scuole in base al punteggio di mobilità e di servizio, ovvero “criteri oggettivi, trasparenti e controllabili da tutti”. Tuttavia, una delle sigle che maggiormente aveva criticato l’impianto della Buona Scuola si augura comunque ora anche “un provvedimento imminente per l’assunzione in ruolo dopo 36 mesi del personale precario, docenti e ATA” dal momento che l’assunzione immediata dei precari è definita impossibile dal sottosegretario Pittoni; insomma l’USB pretende l’immissione in ruolo di questi docenti, rifiutando a priori qualsiasi altra graduatoria che contribuisca solo “ad alimentare il precariato”. (agg. di R. G. Flore)
MALPEZZI (PD), “PENALIZZA I DOCENTI GIOVANI”
Mentre una buona fetta di insegnanti già lamenta l’abolizione della chiamata diretta messa in atto dal neo Ministro Bussetti (vedendoci un fortissimo rischio di ampliare lo statalismo e ridurre la libertà di azione “sussidiaria” delle scuole e dei dirigenti in ogni ambito). la più larga parte di professori e associazioni del mondo scuola saluta con plauso al Governo l’abolizione di un frammento importante della Buona Scuola renziana. Secondo la senatrice Pd Simona Malpezzi, tra le più coinvolte nella scorsa legislatura nel mondo scuola del Governo Renzi e poi Gentiloni, non ci sta e segnala il grave errore che Bussetti avrebbe già compiuto: «Dispiace che il primo atto del governo sia stato quello di cancellare non già la chiamata diretta che non è mai esistita ma la chiamata per competenze che era uno strumento importante più nelle mani dei docenti che dei dirigenti per scegliere la scuola più adatta alle proprie competenze professionali. Inoltre, la chiamata per competenze era anche un modo per offrire agli studenti docenti motivati e non quelli assegnati attraverso una graduatoria».
BUSSETTI, “PREFERITA COSÌ LA TRASPARENZA”
Dunque crolla un cardine della riforma Renziana della “Buona Scuola”, niente più chiamata diretta da parte degli istituti per i docenti, e il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Marco Bussetti, spiega la decisione enfatizzando come la trasparenza per i professori e le decisioni che li riguarderanno saranno ora al primo posto. Dovrebbero così dissiparsi molto dubbi che avevano sollevato numerose proteste, relativamente alla precedente riforma: “In attesa dell’intervento legislativo di definitiva abrogazione, che è mia intenzione proporre nel primo provvedimento utile, con l’accordo sindacale di oggi si dà attuazione a una precisa previsione del contratto del governo del cambiamento, sostituendo la chiamata diretta, connotata da eccessiva discrezionalità e da profili di inefficienza, con criteri trasparenti e obiettivi di mobilità ed assegnazione dei docenti dagli uffici territoriali agli istituti scolastici“. (agg. di Fabio Belli)
LA FIRMA MIUR-SINDACATI
Il Governo, come annunciato da Di Maio in campagna elettorale, mira a “minare” i punti più importanti della Buona Scuola: per ora è l’abolizione della chiamata diretta per i prof, ma nei prossimi mesi altri spunti potranno essere discussi all’interno della maggioranza. «Oggi pomeriggio è stato sottoscritto presso il Miur un Ccni transitorio che, anche in considerazione del ritardo sui tempi della mobilità disapplica la chiamata diretta dei docenti trasferiti sugli ambiti territoriali. Si procederà, infatti, ad assegnare le sedi ai docenti mediante graduatoria utilizzando i punteggi delle domande di trasferimento», si legge in una nota della Gilda Insegnanti, partecipe al tavolo con il Miur. Secondo Rino Di Meglio, il presidente e coordinatore nazionale del sindacato – da sempre molto critico sulla Buona Scuola renziana – «Abbiamo siglato questo CCNI che salutiamo con viva soddisfazione come un primo passaggio per l´abolizione della chiamata diretta, introdotta dalla legge 107/2015, e il ritorno alla titolarità su scuola degli insegnanti», sottolineando come invece i provvedimenti del precedente governo erano tutt’altro che in linea con le idee e le posizioni della Gilda.
ABOLITA LA CHIAMATA DIRETTA DEI DOCENTI
Nel pomeriggio è stato firmato tra il Miur e i sindacati nazionali il nuovo accordo sulla scuola che di fatto supera un cardine importante della riforma di Renzi: è stata infatti abolita la “chiamata diretta” dei docenti prevista dalla Buona Scuola del Governo Pd, con la nuova sigla che porterà il personale docente ad essere assegnato alla scuola dall’Ufficio Scolastico Territoriale tramite i titoli e il punteggio della mobilità. In questo modo, il passaggio dei docenti arriva per modalità “territoriali” e non più con la chiamata diretta voluta e molto contestata nella Buona Scuola renziana. Come spiega Repubblica, l’accordo fortemente voluto dalla UIL scuola, è stato firmato da FLC Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola e dalla Gilda: i dirigenti scolastici non potranno dunque più “chiamare direttamente” di docenti e «finalmente questo rende oggettivo e non discrezionale il passaggio dall’ambito alla scuola. Cade un altro tassello della legge 107/15», spiegano i sindacati in una nota entusiasta al termine del tavolo con il Ministero. Stando ai primi dati emersi dalle sigle nazionali, la firma prevede due fasi sostanziali: nella prima, si pensa alla copertura dei posti disponibili con un personale che ha ottenuto la mobilità su ambito con una delle precedenze previste dall’art. 13 del Contratto nazionale sulla mobilità. Nella seconda parte invece, la copertura dei posti residuati avverrà con i restanti elementi del personale secondo il punteggio di mobilità.
IL PIANO DI BUSSETTI PER RILANCIARE LA SCUOLA
In particolare, per il personale della seconda fase la presentazione della domanda – che verrà a partire dal 27 giugno – dovrà avvenire tramite sezione su Istanze Online, indicando la scuola da cui partire. «Nel caso di mancata indicazione sarà considerata la scuola capofila dell’ambito. Queste operazioni saranno concluse entro il 27 luglio. Successivamente saranno effettuate le operazioni per l’assegnazione della sede per il personale neo immesso in ruolo», riporta la Repubblica. Con una lunga intervista rilasciata al Messaggero proprio oggi, il Ministro Miur Marco Bussetti ha spiegato nel dettaglio il suo primo “piano scuola” da mettere in pratica nei prossimi mesi: in particolare, il neo titolare del Ministero Istruzione vuole evitare che ogni anno si assista ai cambi di docente nelle classi, «servono soluzioni strutturali e non estemporanee. Dobbiamo fare in modo che il concorso rappresenti la via maestra per entrare nella scuola. Serve un patto chiaro con i docenti, utilizzando criteri che consentano a chi vuole insegnare nel proprio territorio di poterlo fare». In aggiunta, per Bussetti il modo giusto per rafforzare la stabilità delle cattedre in vista del nuovo anno scolastico intende lanciare la misura secondo cui «chi vince il concorso non cambi Regione», oltre a riflettere su possibili «premi per merito anche per i docenti che non sono di ruolo».