Nel suo intervento del 5 giugno scorso sul Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia ha fatto dieci precise richieste “di buon senso” al nuovo ministro dell’Istruzione.
Gli editoriali dello storico romano hanno il pregio di essere chiari e di menzionare spesso le evidenti difficoltà della scuola italiana. Inoltre dimostrano di aver chiaro che uno dei maggiori problemi del nostro sistema educativo è il susseguirsi di riforme poco avvedute e comunque troppo frequenti.
Credo che portare sulla scuola l’attenzione di chi legge il Corriere e proporre soluzioni non mirabolanti sia segno di ragionevolezza e non comprendo la veemenza delle reazioni contrarie. Mi riferisco alle critiche degli “insegnanti democratici” (quelli che citano Italo Calvino ogni due per tre), che hanno irriso la richiesta, in effetti un po’ ingenua, di contribuire a rafforzare l’autorevolezza dei professori riportando in auge la predella sotto alle cattedre e l’obbligo da parte dei ragazzi di alzarsi in piedi quando il docente entra in aula.
In realtà su diverse questioni Galli della Loggia coglie nel segno. In condizioni straordinarie (molto confuse) quali quelle odierne, eliminare il bellicismo dei genitori, far sparire gli smartphone, reprimere con severità le occupazioni (che ormai quasi sempre hanno motivazioni risibili) sono soluzioni drastiche a problemi che si trascinano da anni e che i singoli istituti non sono evidentemente in grado di risolvere da soli.
Ilsussidiario.net ha ospitato il 6 giugno un intervento molto critico di Emanuele Contu, che ci ha ricordato che in Italia abbiamo l’autonomia scolastica e che quindi il ministro, anche volendo, non potrebbe soddisfare le richieste dell’articolo del Corriere. Ma forse Galli della Loggia vorrebbe proprio limitare tale autonomia, quando non necessaria. Nella mia esperienza personale di docente di filosofia e storia posso assicurare che i collegi dei docenti perdono spesso ore a discutere di norme che potrebbero benissimo essere decise centralmente (la regolamentazione degli ingressi in ritardo che non hanno seri motivi, tanto per fare un esempio). Inoltre è sotto gli occhi di tutti che l’autonomia scolastica non è stata pienamente realizzata (e questa è la fonte, a mio avviso, di molti dei problemi attuali). Se davvero esistesse “l’autogoverno delle scuole”, Contu avrebbe probabilmente ragione a lamentarsi dello “statalismo” di Galli della Loggia…
L’articolo di Contu rivolge una seconda critica a Galli della Loggia, cioè quella di non prendere in considerazione la riflessione pedagogica dell’ultimo secolo. In realtà posso testimoniare che spesso, nella pratica dell’insegnamento, meno se ne tiene conto meglio è. Registro poi che Contu mostra a sua volta di non considerare l’interessante libro I diseredati, ovvero l’urgenza di trasmettere di François-Xavier Bellamy, che muove diverse osservazioni critiche rispetto alla presunta obsolescenza della “visione dell’insegnamento come operazione trasmissiva”.
Allargando lo sguardo, non credo neppure che la proposta emersa da più parti (alcuni quotidiani, alcuni sindaci) di far rimanere un’ora in più a scuola i ragazzi a lezione “di vita”, “di cittadinanza”, “di legalità” o “di educazione digitale”, sia migliore delle dieci semplici richieste di Galli della Loggia. Questa è veramente un’idea paternalistica! Se le regole non passano attraverso le varie discipline (e attraverso la famiglia), non ha senso parlarne in astratto…
Concludendo, mi sembra che l’incapacità della società e dell’opinione pubblica di elaborare proposte realistiche e sensate sia parte dell’attuale grave problema educativo. A mio avviso la soluzione sarebbe abbastanza semplice: un docente liberato dalla pressione dei genitori e degli avvocati, dalle scartoffie e dalle riunioni inutili, da compiti che in realtà non sarebbero suoi e da smartphone molesti, potrebbe talvolta perfino realizzare meraviglie (e accettare di essere valutato seriamente).
Attenzione: le persone di buona volontà che “mandano avanti la baracca” sono sempre meno e sempre più in difficoltà.