Rendere interessante e appassionante a ragazzi della scuola media lo studio della storia è sempre impresa difficile. Spesso questa disciplina appare loro come una materia “libresca”, da assimilare in modo prevalentemente mnemonico, che tratta argomenti astratti e lontani dalla loro esperienza e dai loro problemi. E’ una materia tra quelle più neglette e non serve certo, per renderla interessante, trasformarla in una sorta di “laboratorio” in cui gli allievi devono lavorare sui documenti, interpretarli, interrogarli, manipolarli per ricavarne delle conclusioni, quasi fossero piccoli storici in erba. Questa è una modalità astratta, che non tiene conto del livello dei ragazzi e del fatto che alla base di ogni conoscenza ci deve essere innanzitutto un interesse, una voglia, una motivazione di tipo esistenziale, non certo una semplice tecnica. Nel caso della storia, in particolare, non c’è interesse se manca quel fattore alquanto fecondo che si chiama immedesimazione nel passato, cioè percepire la storia come fatta da uomini come noi, vicini a noi, da sentire vivi per poter dialogare con loro.
Consapevoli di questa difficoltà alcuni insegnanti della Lombardia hanno costituito un gruppo di ricerca all’ interno dell’Associazione culturale Il rischio educativo per riflettere in modo critico sulla propria esperienza di insegnamento. Questi docenti, accomunati in buona parte, ma non solo, dall’avere in adozione come manuale il testo Narrare la storia (Edizioni Itaca), hanno iniziato un lavoro per condividere difficoltà e problemi ma anche idee, spunti, strumenti, suggerimenti proprio per individuare una modalità proficua ed un percorso utile nell’approccio a questa disciplina.
Quest’anno in particolare hanno ideato una proposta per le classi terze attorno al tema “Persona, libertà e potere” che ha messo a fuoco la riflessione sui totalitarismi del novecento con un approccio anche “immedesimativo”. Si è voluto non solo far conoscere ai ragazzi le caratteristiche dei sistemi totalitari e le modalità in cui questi sistemi si sono affermati e costituiti nel secolo scorso, ma anche farli incontrare con persone che nella loro vita ed esperienza, consapevoli della drammaticità dell’oppressione subita, hanno cercato di difendere e coltivare la loro libertà interiore ed hanno preso la sofferta decisione di battersi contro il potere che li opprimeva, anche a costo della vita.
Il lavoro ha avuto inizio con una prima significativa testimonianza: davanti a qualche centinaio di ragazzi, Francesco Manicardi, nipote di Odoardo Focherini, uno dei “giusti” che pagando di persona (morì infatti nel lager nazista di Heersbruck) ha dato vita a una rete che ha messo in salvo più di cento ebrei, sottraendoli alla deportazione, ha raccontato l’esperienza umana del nonno che, di fronte al male e alla violenza scatenati dal regime nazista, ha testimoniato come la vita vada spesa per il bene, la verità e la giustizia. Ai ragazzi è stato poi proposto di approfondire figure simili nella storia del novecento, allargando l’orizzonte anche ad altre esperienze di totalitarismo, ricercando e lavorando coi loro insegnanti e realizzando un lavoro finale (lasciato alla loro libera creatività) in cui proporre a tutti il frutto delle loro scoperte. I risultati di queste ricerche (i più svariati, da una mostra a presentazioni in video, a piccoli happening teatrali e letture) sono stati proposti a tutte le altre classi la mattina del 5 maggio a Corbetta (Milano) presso l’istituto San Girolamo Emiliani. Sono state approfondite esperienze quali quelle dei ragazzi tedeschi della Rosa Bianca, del Samizdat in Russia e di Solidarnosc in Polonia, dei partigiani della Repubblica dell’Ossola (di cui si sono portate alla luce interessantissime e ancora poco note testimonianze che meriterebbero più ampia diffusione), e si sono conosciute figure come il campione di ciclismo Gino Bartali (uno dei giusti che ha salvato decine di ebrei) e lo scrittore Aleksandr Solženicyn che ha fatto conoscere in tutto il mondo i Gulag sovietici.
Quali sono stati i risultati di tale lavoro? Sicuramente la bellezza di una mattinata trascorsa insieme, con ragazzi che hanno dato il meglio di sé, interessati e attenti per più di due ore alle varie proposte dei loro coetanei. Ma anche l’evidenza di un interesse e di una immedesimazione che hanno portato i giovani studenti a sentire come vivi uomini di un passato fattosi più “vicino”, fino a lasciarsi commuovere, coinvolgere ed interpellare da loro, nella consapevolezza sempre più netta che è l’uomo, con le sue infinite risorse e la sua libertà, il vero protagonista della storia. Dal punto di vista del lavoro più strettamente storiografico i ragazzi hanno percepito, almeno a un livello iniziale, l’importanza e la complessità della ricerca nel lavoro storico, ricerca che, partendo dalle fonti, arriva a far “rivivere” il passato. Molti di loro, adesso sì, hanno anche colto l’importanza del lavoro critico sulle fonti (è stato il caso ad esempio della ricerca sui partigiani dell’Ossola, dove si è lavorato su testimonianze e materiali inediti).
E’ stata una bella esperienza di scuola, un lavoro certamente migliorabile nei dettagli, ma ricco di indicazioni e spunti per i docenti che intendono continuare questa loro collaborazione, ed amicizia, anche il prossimo anno. Un’esperienza aperta ad altri. Coloro che fossero interessati a parteciparvi possono contattare a tale scopo l’associazione Il Rischio Educativo o la casa editrice Itaca per avere tutte le indicazioni utili.