Puntuale come sempre, l’Invalsi sta dando avvio alla pubblicazione dei documenti relativi agli esiti delle rilevazioni nazionali degli apprendimenti 2017/18.

Il Rapporto 2018 è quest’anno più accattivante nella grafica e più immediato nella lettura; ma il suo interesse è da mettere in relazione soprattutto all’impatto di tre grandi novità, in parte legate ai cambiamenti introdotti nella valutazione degli studenti, secondo quanto previsto dal D.Lgs 62/2017. 



La prima novità riguarda l’estrapolazione della prova dell’ultimo anno di scuola secondaria di primo grado dall’esame di Stato; la prova non incide più in modo diretto — mediante media matematica — sul voto finale, anche se comunque mantiene una relazione con l’esame: il suo esito è espresso mediante un descrittore qualitativo su scala crescente da 1 a 5, che esprime il livello di competenza raggiunto dall’allievo e viene riportato sulla certificazione delle competenze dello studente.



Seconda novità è l’introduzione della valutazione delle competenze in inglese in quinta primaria ed in terza secondaria di primo grado (per la secondaria di secondo grado bisognerà attendere il 2019). È così offerta a tutti gli studenti la possibilità di misurare il livello delle competenze linguistiche raggiunte, ancorando le prove al Qcer, il Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue.

Terzo significativo cambiamento è lo svolgimento delle prove del grado 8 e del grado 10 (rispettivamente terza secondaria di primo grado e seconda secondaria di secondo grado) in modalità “computer based” (Cbt), interamente on line. Le prove Cbt condividono le stesse caratteristiche di contenuto, di struttura, di lunghezza e di difficoltà delle più tradizionali prove su carta. 



Non sono mancate difficoltà di erogazione per le prove computerizzate, difficoltà che hanno interessato soprattutto lo svolgimento della prova di inglese di ascolto per il grado 8 (riguardando il 7% degli studenti). Notevoli, invece, gli effetti del disegno Cbt sulla partecipazione, che, rispetto agli altri anni, è fortemente aumentata, raggiungendo il livello più alto di sempre. In particolare, l’incremento più significativo si è avuto al grado 10 e soprattutto negli indirizzi tecnico-professionali (si ricorda che le prove al computer non avvengono tutte nello stesso giorno). 

Ancora più degna di nota è la riduzione del cheating che in passato era particolarmente marcato. Come è noto, tale fenomeno rappresenta la tendenza, rilevata dagli algoritmi in sede di analisi dei dati, degli studenti a copiare o degli insegnanti a suggerire le risposte. La riduzione del cheating è importante innanzitutto sul piano statistico, perché garantisce una migliore qualità dei dati e delle informazioni, ma è fondamentale anche sul piano educativo e valoriale, dal momento che si traduce in un’occasione di trasparenza e rispetto delle regole.

Il rapporto è una vera e propria miniera di informazioni e considerazioni, ed è veramente difficile fare in poche righe anche solo una semplice rassegna dei risultati più significativi. 

Un aspetto che viene messo particolarmente in evidenza, anche per la sua gravità cronica, è quello delle preoccupanti differenze regionali negli apprendimenti degli studenti: in maniera ancora più marcata che negli anni precedenti, man mano che si procede nell’itinerario scolastico, dal grado 2 al grado 10, i risultati degli studenti delle prove di italiano e matematica peggiorano in modo sempre più netto passando dal Nord al Sud Italia. Nella scuola primaria, le differenze tra regioni sono minime e non significative statisticamente; al grado 8 i risultati medi delle varie regioni e macro-aree divergono, invece, in modo sempre più forte. E tale tendenza si consolida ulteriormente al grado 10.

Così, ad esempio, in alcune regioni del Sud (in particolare in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna) oltre il 50% della popolazione del grado 8, con punte anche del 60-65% in alcune realtà, non raggiunge le competenze minime previste dai traguardi stabiliti dalle Indicazioni nazionali.

Al grado 10 si riproducono anche differenze di risultati non accettabili tra i diversi indirizzi di studio (licei, tecnici e professionali). Nelle quattro regioni meridionali sopra citate, oltre il 75% degli studenti ottiene risultati in matematica al di sotto della media nazionale, con una percentuale veramente allarmante di studenti in difficoltà. 

Anche alla scuola primaria, però, non è tutto oro quello che luccica e si rilevano criticità destinate poi ad aggravarsi man mano che si procede nel percorso scolastico. Già in seconda, sempre in Calabria, Campania, Sicilia e Sardegna, si osserva una significativa frequenza di allievi con risultati molto bassi. In quinta aumentano anche le differenze dei risultati medi tra le regioni. 

E che cosa si osserva se si fa riferimento agli indici di variabilità? Questi descrivono il grado di maggiore o minore dispersione intorno alla media: se la variabilità totale aumenta, significa che i risultati si discostano fra loro e dalla media. La variabilità complessiva, inoltre, va scomposta nelle sue componenti, quella dovuta alle differenze tra le scuole, tra le classi ed alle differenze tra gli alunni dentro le classi. Un sistema equo si caratterizza per un basso livello di variabilità tra le classi e tra le scuole, perché presume che gli allievi si assegnino alle classi ed alle scuole in modo casuale, indipendentemente dallo status sociale e dal grado di preparazione di ciascuno. In questo modo tutta la variabilità dei risultati sarebbe data dalle differenze tra gli alunni.

Il sistema italiano, invece, denota già in seconda primaria una differenza dei risultati tra le scuole e tra le classi, nel Sud molto più accentuata che al Centro-Nord. La situazione si aggrava ancora di più alla fine della primaria per poi esplodere man mano che si procede ai vari gradi scolastici. Questo significa che in tali aree la scuola fatica a garantire uguali opportunità a tutti: non solo è meno efficace, ma anche meno equa.

Su questo piano il Nord-Est rappresenta l’area dove il sistema appare più equo dal momento che registra le più basse percentuali di variabilità dei risultati dovuta a differenza tra le scuole e tra le classi. Questo significa, dunque, che un sistema scolastico efficiente ed equo è possibile. Sarebbe dunque importante conoscere a fondo la ricetta delle scuole migliori per comprendere quali possano essere le condizioni per esportare un modello vincente: è infatti urgente trarre dalle evidenze di forte diseguaglianza educativa nelle regioni del Mezzogiorno indicazioni operative in grado di attivare la capacità della scuola di attenuare le differenze sociali, economiche e culturali sia tra le scuole che tra le classi.